mercoledì 5 febbraio 2020

Recensione: "Le anatre di Holden sanno dove andare" - Emilia Garuti

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Titolo: "Le anatre di Holden sanno dove andare"
Autrice: Emilia Garuti
Editore: Giunti Editore




Fermi.
Immobili.
Bloccati davanti a quel bivio che la vita ci ha posto. Indecisi su cosa fare, quale decisione prendere e, in particolare, quale strada scegliere per andare avanti. Siamo terrorizzati, perché fare quel passo in avanti vorrebbe dire cambiare in maniera imprevedibile il nostro percorso e la nostra esistenza. Così ci blocchiamo e rimaniamo fermi in una sorta di limbo da cui non vorremmo uscire, lasciandoci coccolare dalla paura che, infida, si insinua nei nostri pensieri e come una cattiva consigliera ci propone solo soluzioni negative. Ci fa credere di essere al sicuro con lei, illudendoci di allontanare incertezze e delusioni, instillando, invece, insicurezze e dubbi. Ci chiudiamo e nascondiamo nella nostra comfort zone e lasciamo che la vita ci scorra davanti, dietro, intorno ma mai dentro di noi, spettatori apatici e inermi. Scegliere è necessario perché, prima o poi, arriva un momento in cui è vitale andare avanti. Spostare quel piede e muoversi vuol dire crescere, prendere coscienza dei propri limiti e affrontarli, cambiando noi stessi. Muoversi e lanciarsi nell'ignoto. Un ignoto che potrebbe sorprenderci e meravigliarci in positivo. Un ignoto che terrorizza Will, la protagonista di questo romanzo.
Will è bloccata davanti a quel bivio, terrorizzata dall'ignoto e dal futuro. Spaventata e confusa. Preferisce rimanere ferma e al sicuro nella sua comfort zone, piuttosto che affrontare i suoi problemi. La ragazza si è appena diplomata e rispetto ai suoi amici e compagni di scuola non sa cosa fare del suo futuro. Non vuole andare all'Università, non vuole prendere decisioni e trascorre le sue giornate rimanendo a casa sotto le coperte guardando film e serie tv o uscendo con le amiche, anche se si sente sempre sola e fuori posto.

“Lo schifo è sentirsi sempre soli, anche se circondati da un mucchio di persone...” 
(citazione tratta dal testo)

Will non è una ragazza semplice, è ironica, cinica, pungente, ha paura dei cambiamenti, è autolesionista, va in paranoia se deve decidere, non ama essere messa sotto pressione e quando accade scappa, odia fare le cose per forza, non sopporta di sbagliare, ha una sovrabbondanza di autostima intellettuale per sopperire una scarsa autostima fisica e non sopporta l'ipocrisia degli adulti. Adulti convinti di conoscere gli adolescenti quando in realtà non sanno comunicare neanche con i propri figli, come i suoi genitori, distanti emotivamente e affettivamente. Il loro rapporto, purtroppo si è deteriorato negli anni, o forse non è mai stato vero e sincero, fatto di tradimenti, silenzi e non amore. Due genitori che preferiscono ignorare i problemi piuttosto che affrontarli, mostrando agli altri l'immagine di una famiglia tranquilla e felice, ignorando e tenendo sotto silenzio le problematiche della figlia, sarebbe deleterio per la loro immagine sociale far sapere agli altri che Will segue un percorso di terapia da una psicologa. Una psicologa che Will non sopporta, e dopo ben 9 sedute ancora non le parlato di se stessa; ha forse paura di ciò che potrebbe dirle la dottoressa, mettendola di fronte ai suoi limiti e a se stessa?
Probabile, ma sarà l'incontro con Matteo che segnerà un cambiamento nella ragazza e che lascerò a voi scoprire, se avrete voglia di continuare la lettura. Io posso solo dirvi che, dopo un inizio entusiasmante, la storia si perde completamente, diventando banale e scontata.

“Non so cosa fare, non so dove andare, so solo che non voglio stare qui. Così faccio quello che mi viene meglio, prendo e me ne vado.”
(citazione tratta dal testo)

La lettura è scorrevole, ma la trama è scontata e piena di stereotipi. Quegli stereotipi che l'autrice si è premunita di criticare tramite la voce di Will, ma che qui troviamo in abbondanza, ad esempio la figura dei genitori, incastonati nei classici cliché del padre che tradisce la moglie con una modella e la moglie descritta come una donna preoccupata solo delle apparenze, anestetizzando il dolore e la sofferenza con l'alcool. Oppure i cliché legati ai giovani, alla mancanza di amicizia, fiducia, unione e coesione tra le ragazze pronte a colpirsi alle spalle alla prima occasione.
Non ho apprezzato la protagonista, che ho trovato troppo saccente, apatica, immatura, cinica e sempre pronta a criticare tutto e tutti, ma guai a farlo con lei.
La prime pagine del romanzo sono interessanti e frizzanti, ma si perde completamente dietro i pensieri di Will ed episodi poco approfonditi, superficiali, privi di senso, trasformando la storia in qualcosa di banale e prevedibile, inoltre, l'epilogo richiama al finale di un altro romanzo.
I personaggi dovevano essere più incisivi e costruiti in maniera più approfondita e alcuni episodi affrontati in maniera più equilibrata e attenti al messaggio da trasmettere, come ad esempio l'incontro tra Matteo e Will, che segna un cambiamento nella vita della ragazza, ma non può passare il messaggio che le problematiche psicologiche si possono risolvere solo grazie all'affetto e all'amore di qualcuno, abbandonando la terapia. Possono aiutare, ma il supporto di specialisti è importante per affrontare questioni psicologiche serie.
Leggendo la sinossi mi aspettavo qualcosa di più da questo testo, invece non ha saputo coinvolgermi ed entusiasmarmi completamente. Per me è stata una delusione, ma non vuol dire che non possa piacere a voi.

“È sempre la solita paura di perdere, credo. È per questa paura che cerco di evitare tutte le cose che potrebbero rendermi tremendamente felice e, una volta perse, tremendamente infelice, così, alla fine, faccio in modo di diventare anch'io una di quelle cose che si perdono.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura.




(Marianna Di Bella)

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