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lunedì 25 novembre 2019

Recensione: "L'Arminuta" - Donatella Di Pietrantonio

libro, mdb, recensione, libri il nostro angolo di paradiso, identità, solitudine, appartenenza
Titolo: L'Arminuta
Autrice: Donatella Di Pietrantonio
Editore: Einaudi



Perdere i propri punti fermi, da un momento all'altro, senza un'apparente motivazione.
Confusi e storditi ci si guarda intorno cercando di capire cosa è accaduto e, soprattutto, dove stiamo andando. Non sappiamo cosa fare, fermi in un limbo in cui non riconosciamo niente e nessuno, neanche noi stessi. Ci sentiamo soli, sperduti in un mondo più grande di noi. Un mondo che non ci rappresenta. Sentiamo di non appartenere più a nulla e nessuno, senza un'identità, una famiglia, in bilico tra passato e presente, tra chi eravamo e chi siamo...tra identità e oblio.
La nostra protagonista ha solo 13 anni quando, un giorno del 1975, la sua vita viene completamente e inesorabilmente stravolta. Un ragazzina normale, con una vita normale, tranquilla e serena. Una vita scandita dalle lezioni scolastiche, corsi di danza e nuoto, all'interno di un famiglia benestante che l'ama profondamente...fino a quando, nella maniera più brutale e scioccante che le possa capitare, non viene condotta e “riconsegnata” a quella che è la sua vera famiglia, scoprendo in questo modo che coloro che ha sempre considerato i suoi genitori erano in realtà lontani parenti. Per una serie di motivazioni incomprensibili, la ragazzina viene ricondotta come un pacco postale alla sua famiglia biologica. Una famiglia povera composta da numerosi fratelli, dove ogni giorno si lotta per la sopravvivenza e per il cibo. Dove vige la legge del più forte, dove la violenza è quotidianità e ognuno deve darsi attivamente da fare all'interno del nucleo familiare.

“Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati. Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere...”
(citazione tratta dal testo)

In poco meno di un giorno la sua vita viene stravolta, catapultata in una realtà che la stordisce e la mette di fronte al dolore, non solo di non riconoscersi in nessuno membro familiare, ma di sentirsi abbandonata per la seconda volta e, soprattutto, di non sapere più chi è...non avere più un'identità.

“Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l'altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo più da chi provenivo...”
(citazione tratta dal testo)

Come può una ragazzina affrontare quel doppio senso di rifiuto e abbandono da parte di una madre adottiva che non la vuole più, e un'altra che non conosce e l'ha abbandonata quando aveva pochi mesi? Come ritrovare se stessa se tutto ciò che la circonda non la rappresenta? Come sopravvivere all'interno di una famiglia completamente estranea e anche un po' ostile? Cosa si nasconde dietro tutta questa storia, apparentemente incomprensibile? Dov'è la verità? È ciò che la nostra protagonista cerca di scoprire e comprendere con tutta se stessa. Ha bisogno di capire, di fare chiarezza nella sua vita per riuscire superare la situazione, trovando un punto di equilibrio per sopravvivere e andare avanti. Un punto di equilibrio che, inaspettatamente, riceverà proprio all'interno di quella famiglia sconosciuta, grazie al rapporto con la sorella Adriana che l'aiuterà, con il suo carattere, vero, schietto e sfrontato, a salvarsi. Una sorella che sarà un faro, pronta a illuminare il suo nuovo percorso di vita, donandole sostegno, punti fermi e amore.

“(...) Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza.
(….)
Nella complicità ci siamo salvate.”
(citazione tratta dal testo)

Per capire come la nostra protagonista scoprirà la verità e come si evolveranno i rapporti con la nuova e vecchia famiglia vi consiglio di proseguire la lettura di questo splendido romanzo di Donatella Di Pietrantonio.
Una storia triste, intensa, commovente ed emozionante in grado di scuotere ogni lettore nel profondo della propria anima. Un romanzo che affronta tematiche importanti come: la maternità, la miseria umana, l'amore imperfetto, il degrado sociale, il senso di appartenenza e l'identità che, sapientemente mescolati e legati alle parole delicate e vere di Donatella Di Pietrantonio, ci restituiscono un romanzo intenso in grado di colpire come un pugno nello stomaco. Presentandoci un quadro sociale interessante con molte tematiche serie su cui riflettere con attenzione.
La storia è narrata in maniera cruda senza fronzoli per abbellirla, l'autrice ha cercato di renderla il più possibile vera e aderente alla realtà, grazie anche ai dialoghi scritti in dialetto e italiano che rendono la storia più credibile.
La lettura è scorrevole, coinvolgente al punto da avvertire sulla nostra pelle quel senso di disperazione che vive la nostra piccola protagonista, percependo il suo senso di smarrimento, estraneità e solitudine all'interno di una famiglia e una realtà sociale a lei completamente sconosciute e in cui non riesce a riconoscersi.
La scrittura è intensa, cruda, essenziale, attenta e misurata e con un pizzico di delicatezza e sensibilità con cui l'autrice riesce a raccontare episodi forti, donandoci punti di riflessione importanti..
I personaggi sono tutti ben delineati e costruiti, in modo particolare la protagonista e sua sorella Adriana, che per me è il personaggio che ha più personalità e forza scenica grazie al suo carattere vero, semplice e diretto. Un punto fermo per l'Arminuta e per noi lettori, perché sarà lei che, inaspettatamente, le regalerà la forza per andare avanti e lottare per quell'identità che si è andata sgretolando. Mentre, la protagonista rappresenta la tenerezza, la sofferenza ma anche la forza e la determinazione nel sapere la verità. Una protagonista di cui non conosceremo mai il nome, come se si volesse evidenziare in maniera netta e forte questa sua non appartenenza, negandole l'identità narrativa.
Donatella Di Pietrantonio riesce con le sue parole a creare una storia meravigliosa in grado di coinvolgere il lettore in ogni frase o pagina, affrontando con fermezza e sensibilità tematiche forti e interessanti.

“Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.”
(citazione tratta dal testo)

“L'Arminuta” è un romanzo poetico, intenso, delicato e mai banale che vi consiglio di leggere e scoprire, lasciandovi affascinare dalla protagonista e da sua sorella Adriana, che con la loro forza, sincerità, e con un rapporto nato in maniera inconsueta e imprevedibile, sapranno conquistarvi e legarvi a loro.
Un romanzo forte come gli schiaffi della vita, commovente come le lacrime che rigano le guance della protagonista, vero come Adriana, destabilizzante come la nuova vita dell'Arminuta.
Un romanzo da leggere, amare e custodire.
Buona lettura.



(Marianna Di Bella)

lunedì 4 novembre 2019

Recensione: "Le Avventure di Washington Black" - Esi Edugyan

libro, romanzo, mdb, recensione, viaggio, schiavismo, libertà, identità, libri il nostro angolo di paradiso
Titolo: "Le Avventure di Washington Black"
Titolo Originale: "Washington Black"
Autrice: Esi Edugyan
Editore: Neri Pozza





Piantagione di Faith, Barbados. 1830
La tenuta sta attraversando un momento di grande subbuglio e agitazione, il vecchio padrone è morto e gli schiavi sono inquieti e preoccupati. Cosa ne sarà di loro? Quale sarà il loro destino? La piantagione verrà venduta? Domande lecite che troveranno risposta nella figura enigmatica e agghiacciante di Erasmus Wilde. L'uomo è il nipote del defunto padrone e sarà lui a gestire la tenuta. Un uomo dallo sguardo gelido e terrificante come la sua anima.

“Un uomo che è stato di un altro uomo impara molto in fretta a osservare gli occhi di un padrone; ciò che vidi nei suoi mi terrrorizzò. Io gli appartenevo, come gli appartenevano tutte le persone tra cui vivevo, in vita ma anche in morte, e la osa gli dava un piacere immenso.”
(citazione tratta dal testo)

In poco tempo il clima all'interno della piantagione diventa orribile, invivibile, con episodi di estrema brutalità, accompagnati da punizioni, mutilazioni e uccisioni. Un clima agghiacciante.
All'interno della tenuta, tra centinaia di schiavi che lavorano faticosamente e in condizioni indecenti, c'è un ragazzino di circa 10/11 anni che attira subito la nostra attenzione e che seguiremo durante la lettura del romanzo perché è il protagonista e voce narrante della storia. Il bambino è Washington Black, è addetto al taglio della canna da zucchero ed è orfano, purtroppo non ha mai conosciuto i suoi genitori se non attraverso le storie e i racconti degli altri schiavi e di Big Kit, la donna che si prende cura di lui.

“Domandati cosa sai di quando sei nato, e se la tua vita è molto diversa. Tutti noi dobbiamo prendere per buone le storie della nostra nascita, perché sebbene ne siamo i protagonisti, non siamo ancora presenti.”
(citazione tratta dal testo)

Un giorno Wash viene ceduto come valletto al fratello del padrone: Charles Wilde, detto Titch.
Titch è un uomo di scienza e cultura e vede nel bambino una figura importante e vitale per la sua invenzione: il Nemboveliero. Una sorta di mongolifiera inventata dall'uomo per realizzare il sogno di sorvolare i cieli. Perché l'uomo sceglie proprio Wash? Non immaginate chissà quali misteri o scoperte, Titch sceglie il bambino perché ha il peso giusto per fare da...zavorra. Sì, avete letto bene, il ruolo di Washington sul Nemboveliero è di fare da contrappeso sulla nuova invenzione, ma prima di prendere il volo, la macchina ha bisogno di alcuni aggiustamenti, del luogo adatto per decollare e sopratutto delle correnti adatte per librarsi in aria. Nel mentre, Washington si occuperà della lavanderia, della cucina e farà da aiutante durante gli esperimenti e le ricerce di Charles Wilde.
Il rapporto tra i due diventerà sempre più stretto e amichevole. Titch insegnerà al bambino a leggere, scrivere e, soprattutto, gli farà scoprire la magia e la bellezza del disegno. Wash scoprirà così di avere una predisposizione naturale al disegno, grazie a un tocco delicato, preciso e meraviglioso che gli permetteranno di riprodurre fedelmente ogni oggetto, pianta ecc. che vede e osserva.

“(...) Sii fedele a quello che vedrai, Washington, e nn a quello che dovresti vedere.”
(citazione tratta dal testo)

La vicinanza con Titch sarà importante per Wash perché gli permetterà di imparare molte cose, accrescere la sua cultura e vedere le cose in maniera diversa, ma questo lo porterà, impercettibilmente, ad allontanarsi dagli altri schiavi, immergendosi, senza volerlo nel mondo dei bianchi. Si ritroverà in bilico tra il vecchio mondo fatto di radici, origini e identità e il nuovo fatto di conoscenza, possibilità, sogni, un mondo da cui verrà sempre rifiutato per il suo colore della pelle e la condizione di schiavo. Ma è ancora troppo piccolo per capirne le conseguenze, per ora si limita a vivere il periodo assorbendo ogni insegnamento, crescendo e maturando intellettualmente fino a quando due eventi tragici non cambieranno drasticamente il suo destino, mettendo fine agli esperimenti e costringendolo a fuggire per salvare la propria vita. Titch l'aiuterà a scappare dalla tenuta e lo accompagnerà in questa fuga rocambolesca.
Perché sono costretti a fuggire? Cosa è accaduto? Come faranno a scappare?
A voi il piacere di scoprire il resto della storia. Preparatevi, perché il viaggio non sarà tranquillo e rilassante, molti saranno gli imprevisti che i due personaggi dovranno affrontare. Imprevisti che li porteranno a confrontarsi con se stessi e il mondo che li circonda, perché la realtà è ben diversa da quella che si vive all'interno di una piantagione e per Washington non sarà una scoperta piacevole. Violenza, razzismo e soprusi sono sempre presenti, ma si renderà conto che, nonostante la libertà, non può realizzare tutto ciò che desidera, il colore della sua pelle sarà sempre un ostacolo alla sua voglia di imparare, di essere se stesso, al suo desiderio di affermarsi nel campo del disegno o scientifico. Questo lo porterà a chiudersi sempre più in se stesso, diffidando di tutto e tutti. La sua vita diventerà un lungo e interminabile viaggio che lo porterà fisicamente in giro per il mondo, ma la sua anima sarà sempre alla ricerca di se stessa, cercando di placare quella sensazione di precarietà e fuga costante che lo perseguitano e non lo fanno vivere in pace e serenità.

“Diventai un ragazzo senza identità, un'ombra semovente, e ogni mese sprofondavo sempre più nell'eccentricità. Infatti da nessuna parte poteva esserci posto per una creatura come me: un ragazzo nero e sfigurato con una mente scientifica e un talento per il disegno, sempre in fuga dalla più vaga delle ombre.”
(citazione tratta dal testo)

Sempre in fuga e alla ricerca di un posto dove mettere radici, un posto che corrisponda a lui, al suo essere e che possa chiamare casa. Washington ha bisogno di trovare risposte alle molteplici domande che lo assillano, ha bisogo di capire chi è, quali sono le sue radici...ma soprattutto ha bisogno di scoprire se stesso, e noi viaggeremo con lui, accompagnandolo durante gli anni della sua crescita, vedendolo cadere, rialzarsi, crescere e maturare.
Esi Edugyan ci prende per mano e ci conduce all'interno del romanzo con delicatezza e determinazione. La sua scrittura è interessante, coinvolgente e le descrizioni attente e precise ci aiutano a crearci una visione dei posti e degli avvenimenti precisi e dettagliati, dandoci l'illusione di essere lì con i protagonisti. L'autrice riesce con tatto e fermezza a presentarci un periodo storico importante, permettendoci di scoprire il mondo delle piantagioni, le condizioni degli schiavi, il clima razziale che si viveva in quell'epoca, descrivendoci le fughe clandestine ma, soprattutto, pone in risalto la parte psicologica, creando un legame empatico con il lettore, facendogli sentire sulla propria pelle la disperazione, la paura, la sofferenza e il sentirsi soli, senza radici e legami. Una realtà difficile da comprendere per chi non ha mai vissuto sulla propria pelle le limitazioni, la negazione di ogni diritto e la mancanza di libertà.
Il testo è narrato in prima persona e la voce narrante è del nostro piccolo protagonista che, attraverso i suoi ricordi, ci permette di entrare nella sua anima. Un racconto che diventa un diario intimo e personale dove emergono debolezze, paure, sofferenze.
Washington è il personaggio meglio caratterizzato e descritto, soprattuto la parte psicologica che lo rende credibile e aderente alla realtà dell'epoca.
La lettura è fluida e coinvolgente per quasi tutto il romanzo, ma verso gli ultimi capitoli si perde completamente diventando noiosa, irreale e dando la sensazione di non condurre da nessuna parte. Abbandona completamente il consueto ritmo di lettura e lo stile, per cambiare registro e narrare avvenimenti che si fanno sempre più fantasiosi, non completamente aderenti alla reltà e al resto della storia, descrivendo situazioni vaghe e indefinite. Mi spiego meglio, negli ultimi capitoli sono inserite talmente tante coincidenze da non rendere credibile la storia. Si ha come l'impressione che l'autrice non sapesse come portare a termine il romanzo e per sbrogliare le varie situazioni abbia inserito tutta una serie di coincidenze inverosimili, arrivando ad un finale deludente e per certi versi incomprensibile.
Peccato perché la storia, il protagonista, sono coinvolgenti e interessanti, grazie a uno stile narativo e descrittivo intrigante e avvincente.
Un romanzo, a mio parere, rovinato da un'ultima parte noiosa e da un finale deludente, ma che vi consiglio comunque di leggere, perché il romanzo è bello e Wash avrà il potere di conquistarvi sin dalla prima pagina.

“...in quel momento compresi la natura tremenda e illimitata del mondo, quando non appartieni a nessuno e a nessuno luogo.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura e buon viaggio!



(Mariianna Di Bella)

giovedì 18 aprile 2019

Recensione: "Resto qui" - Marco Balzano

 

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Titolo: "Resto qui" 

Autore: Marco Balzano

Editore: Einaudi



Restare per lottare contro i soprusi.
Restare per affermare la propria identità.
Restare per far riemergere la verità sommersa dai silenzi e dall'acqua.
Restare per sopravvivere.
Restare per raccontare...
Raccontare una storia intensa ed emozionante, in grado di toccare i cuori di molti lettori.
Ma procediamo con calma, torniamo indietro nel tempo e volgiamo il nostro sguardo verso un piccolo paesino situato nella Val Venosta: Curon.
Il posto è tranquillo ed è abitato da gente povera ma onesta, legata al proprio lavoro, ai valori e alla propria identità. Qui abita anche la protagonista e voce narrante del romanzo: Trina.
La donna affida alle pagine del libro, la storia della sua vita. Una voce delicata e leggera che prende sempre più corpo e consistenza, mettendo a nudo la sua anima e la storia del suo paese natìo.
La storia prende vita più o meno nel 1923, quando una giovane Trina sta per affrontare gli esami di maturità alla scuola magistrale. Il suo sogno è poter insegnare alle nuove generazioni, ma in quegli anni Mussolini, non solo cambia il sistema scolastico, ma fa italianizzare tutto, dai nomi personali, alle insegne degli esercizi commerciali fino ai nomi incisi sulle tombe. La lingua ufficiale diventa l'italiano e anche gli insegnanti, questo porterà a una spaccatura e a una netta divisione tra italiani e sud tirolesi. L'”altro” diventa il nemico e l'identità culturale, linguistica, etnica e sociale viene lacerata.

Dal primo momento è stato noi contro loro. La lingua di uno contro quella dell'altro. La prepotenza del potere improvviso e chi rivendica radici di secoli.”
(citazione tratta dal testo)

Il sogno di insegnare di Trina, si scontra contro la realtà e si frantuma in mille pezzi. Ma la ragazza è forte e determinata e inizierà a insegnare clandestinamente, comprendendo l'importanza nel mantenere viva la propria identità e questo sarà solo l'inizio della sua storia, delle sofferenze e dei problemi che dovrà affrontare nel futuro. La donna affronterà molte prove, come la perdita della secondogenita Marica, l'avvento del fascismo, la seconda guerra mondiale, la resistenza, la fuga, la morte e la costruzione della diga che segnerà il destino di tutta la comunità.
Tutti questi eventi influenzeranno la vita di Trina e ci aiuteranno a comprendere meglio la sua vita e il contesto storico e sociale in cui è ambientato il romanzo. Avvenimento dopo avvenimento scopriremo una ferita dolorosa del nostro paese e in particolare del Sud Tirolo ma, per conoscere appieno il romanzo e Trina, vi lascerò seguire le sue parole, i suoi pensieri e i suoi racconti, lasciandovi perdere tra i suoi ricordi.

Diventa una vertigine, il dolore. Qualcosa di familiare e nello stesso tempo di clandestino, di cui non si parla mai.”
(citazione tratta dal testo)

Marco Balzano ci regala un romanzo intenso ed emozionate. Con calma e pazienza fa riemergere dai documenti e dai recessi della memoria un passato storico poco conosciuto, e una storia dolorosa e lacerante. Nel romanzo affronta molti temi importanti su cui riflettere, come ad esempio l'esproprio forzato delle terre, la prepotenza e l'abuso di potere di uno stato per un proprio tornaconto economico, la disintegrazione di una comunità e della sua identità culturale, la costruzione di una diga, vietata per anni, su un terreno fragile e non adatto ecc.
La lettura è fluida e scorrevole. La scrittura e lo stile narrativo sono diretti ed essenziali. L'autore non si perde dietro formalismi, pietismi o autocommiserazione, al contrario è diretto nel dire le cose e nel descrivere i sentimenti dei protagonisti, dando rilievo ai fatti e agli eventi. Il testo è ben documentato e non ha pretese saggistiche, per questo la scelta del romanzo permette a tutti i lettori di affrontare e comprendere pienamente un tema delicato e poco conosciuto.
Trina è un personaggio ben costruito ed emerge nel testo in maniera forte e incisiva, mentre alcuni personaggi secondari sono lievemente accennati, non delineati al punto da renderli memorabili, ma solo delle figure evanescenti che si perdono tra le pieghe del racconto. Probabilmente una maggiore descrizione e delineazione dei caratteri, ci avrebbero permesso di avere risposte ai molteplici dubbi che rimangono aperti nel testo, come ad esempio il destino della figlia Marica. Questo però non toglie bellezza al romanzo che riesce ad afferrarci alla bocca dello stomaco, trascinandoci tra le vie del paesino e nell'anima di Trina.

...se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne di appartengono, non devi aver paure di restare.”
(citazione tratta dal testo)

Un testo intenso ed emozionante.
Un testo velato di malinconia.
Un testo che ci ricorda di lottare per i nostri diritti e resistere allo scorrere del tempo.
Un testo...a voi scoprirlo e continuare la frase.
Buona lettura!!




(Marianna Di Bella)

lunedì 11 febbraio 2019

Percorso Fotografico: "Identità" - Annalisa Marino


Ogni giorno migliaia di sguardi si sfiorano, leggeri, impercettibili, spesso vuoti e inconsistenti.
Sguardi superficiali, assenti. Si guarda senza vedere. Se solo ci fermassimo e posassimo i nostri occhi in quelli di chi abbiamo di fronte, ci renderemo conto della battaglia interiore che quella persona sta affrontando. Riconosceremo in quegli occhi, le ferite invisibili dell’anima in continua lotta con se stessa. Una battaglia silenziosa che ogni uomo sta affrontando in solitudine, cercando di ristabilire quell’equilibrio interiore tra la parte femminile e quella maschile, tra razionale ed emozionale, tra forza e sensibilità. Perché accettare la parte più delicata di se stessi vorrebbe dire ammettere di essere fragili e insicuri, mentre la società li vorrebbe forti, insensibili, sordi al proprio dolore e a quello altrui. Così reprimono le loro emozioni per un’identità fittizia, apparentemente più forte ma incline a malesseri, incertezze e paure.
Costruire e affrontare la propria identità è un processo lungo e faticoso che non tutti sono pronti ad accettare e sostenere, perché mostrare la fragilità della propria anima è un passo importante. Un passo che Annalisa Marino ha cercato di raccontare con il suo ultimo progetto fotografico: “Identità”.

Le sue foto sono le voci narranti di un percorso interiore lungo e faticoso, in cui l’uomo cerca di conciliare e unire il suo stato emozionale con quello razionale. I suoi scatti fotografici sono tocchi delicati, carezze impercettibili in grado di toccare l’anima dei soggetti fotografati e dei visitatori che si accostano alle sue foto incuriositi e inconsapevoli dell’effetto dirompente ed emozionante che quelle immagini possono provocare.
La fotografa, cammina in punta di piedi nell’anima dei soggetti fotografati, con delicatezza e sensibilità li prende per mano e li aiuta a leggersi dentro, tirando fuori quelle piccole vocine interiori indifese e inascoltate, nascoste negli angoli più bui dell’anima. Non tutti sono in grado di farlo, solo un’anima altrettanto sensibile, può riuscire a leggere così in profondità e Annalisa Marino è, non solo una fotografa, ma una persona che ha viaggiato a lungo nella sua anima, affrontando la luce e il buio, le contraddizioni del suo Io e ha saputo leggere ogni piccola riga del suo essere donna, mamma, amica ma soprattutto essere umano. Attraverso le sue foto, la sua voce interiore viene fuori in maniera dirompente, affrontando e raccontando temi importanti con forza e delicatezza e in questo nuovo percorso fotografico è riuscita a raccontare una battaglia interiore in cui tutti possono riconoscersi.

recensione, mdb, libri il nostro angolo di paradiso, identità, mostra fotografica,
Avvicinatevi alle sue foto, chiudete gli occhi e lasciate il mondo fuori. Estraniatevi da ogni suono o rumore che possa distrarvi, e concentratevi solo su voi stessi, sul battito del vostro cuore e delle vostre emozioni. Respirate a fondo e quando siete pronti, alzate il viso e posate i vostri occhi sulle foto. Fate scorrere il vostro sguardo su ogni singola immagine, seguite il vostro ritmo interiore e danzate tra una foto e l’altra. Scrutate ogni singolo pixel e leggete, no mi correggo, ascoltate il messaggio di Annalisa Marino, fatevi catturare dalla forza del soggetto e allora capirete, nel profondo di voi stessi, quale sia il reale significato, quello che tutti dovremmo imparare ad affrontare.
Ogni foto è uno schiaffo alla nostra anima, uno di quelli in grado di svegliarci dal torpore emotivo in cui spesso ci ritroviamo a vivere.
Ogni foto è un messaggio, un’emozione, un grido lancinante.
Ogni foto è una lettera intima e delicata, scritta con l’inchiostro della sofferenza, dell’insicurezza e sensibilità.
Ogni foto è un dialogo silenzioso e discreto tra Annalisa Marino, il soggetto fotografato e noi osservatori. Un dialogo composto da mille parole inespresse, il cui significato profondo è assopito dentro di noi. Un dialogo che vi invito a scoprire e affrontare perché credetemi, guardare quelle immagini vuol dire regalare consapevolezza a noi stessi e al mondo che ci circonda.
Buon dialogo e buona visione!!



(Marianna Di Bella)