mercoledì 5 giugno 2019

Recensione: "Almarina" - Valeria Parrella

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Titolo: "Almarina"
Autrice: Valeria Parrella
Editore: Einaudi



 
Possono due solitudini incontrarsi e liberarsi da quel senso di oppressione che schiaccia e soffoca le loro anime?
Può la nostra protagonista entrare nel carcere di Nisida e sentirsi finalmente libera?
Può un posto, simbolo della chiusura e della prigionia dell'uomo, rappresentare la libertà e il luogo dove il tempo si ferma e si vive in una sorta di sospensione temporale? Dove la vita reale rimane chiusa fuori e le vite di adolescenti, insegnanti e guardie si intrecciano a volte toccandosi, altre volte passandosi accanto senza entrare in contatto?
Sì.
Ma andiamo con ordine e spieghiamo meglio ciò che sembra apparentemente improbabile e incomprensibile.
Elisabetta Maiorano è la protagonista del romanzo e insegna matematica nel carcere minorile di Nisida. È vedova e la sua esistenza è fatta di solitudine e malinconia. La sua vita è grigia, come la sua anima. Per lei tutto ciò che la circonda è senza spessore, importanza o incisività, e il suo sguardo e la sua anima sono intrisi di malinconia e tristezza.
Si sente sola e la sua vita scorre lenta, giorno dopo giorno, tra il lavoro e la sua casa vuota, senza alcun legame vero o eventi significativi che possano farla sentire viva. Entrare ogni giorno nel carcere, per lei vuol dire tornare a sentirsi libera, spogliandosi del superfluo per vestirsi solo del suo essere.

Mentre avanzo verso i vetri antiproiettile, sento che finalmente mollerò gli ormeggi da quella vita di usura che mi è capitata. È il regolamento, io non c'entro: per le prossime cinque ore non sarà responsabilità mia: come ciascuno che entri a Nisida torno libera, torno bambina.”
(citazione tratta dal testo)

Il suo lavoro è difficile, così come difficile è il rapporto con i detenuti. Sono ragazzi che nella loro breve vita hanno visto e fatto di tutto. Ragazzi che non guardano mai negli occhi di chi hanno davanti, perché farlo vorrebbe dire accettare la presenza dell'altro. Guardare negli occhi è una concessione riservata a pochi e quando questo avviene, quando quello sguardo, finalmente, si posa sull'altra persona, vuol dire conquistare interesse e lasciarsi leggere. Dentro quegli occhi ci sono racconti e vite inimmaginabili, sacrifici da parte delle famiglie di origine, o vite segnate da violenze e sopraffazioni. Vite dove è più importante essere svelti con le mani che con il cervello..

I primi tempi non mi guardavano mai negli occhi. E io me lo ricordo, quel rispondere a testa bassa dei maschi, sorridere a metà tra di loro. Saperti dire senza dire mai che non sei nessuno, che stanno perdendo tempo con te, e tu stai perdendo il tuo...”
(citazione tratta dal testo)

La vita di Elisabetta sembra procedere lenta e monotona fino a quando in classe non arriva Almarina, una ragazza di 16 anni. Una ragazzina picchiata e violentata dal padre, scappata dal suo paese d'origine per mettere in salvo il fratellino e se stessa. Una ragazzina sola contro il mondo, ma piena di speranza che donerà, inconsapevolmente, anche alla nostra protagonista.

Almarina mi consegna la sua speranza e io sbaglio.
Ma non è che si possa rifiutare. Quando entri qui dentro non puoi rifiutare più nulla, i detenuti di Nisida non ti chiedono il permesso di maltrattarti o accoglierti...”
(citazione tratta dal testo)

Almarina riuscirà a smussare i lati del carattere della donna, ammorbidendola e rendendola più accogliente. Elisabetta imparerà ad amare incondizionatamente senza aspettarsi nulla in cambio, anzi, offrendo se stessa e preparandosi a probabili “No”.
La donna imparerà ad accogliere e noi impareremo a conoscere, non solo la sua vita, ma quella che si cela dietro le mura di un carcere minorile in grado di offrire nuove opportunità a ragazzi che hanno smesso di sognare e credere di meritare delle seconde possibilità. Impareremo a vedere in maniera diversa grazie attraverso le parole dure, ruvide e intense di Valeria Parrella che ci regala un romanzo struggente e graffiante. Il suo stile è conciso, intenso, emozionante e vibrante. Uno stile in grado di toccare le corde dell'anima attraverso una narrazione densa e concisa.
L'autrice usa parole incisive che sono dei veri e proprio pugni nello stomaco. Parole che non nascondono quel sottile filo di speranza che salva la nostra protagonista e ci aiuta a riemergere dal dolore e dalla dura realtà del carcere.
Il romanzo non è molto lungo ma è poetico ed emozionante, e la voce della protagonista è un flusso di coscienza che si snoda e scivola lentamente pagina dopo pagina, avvolgendo il lettore e regalandogli pensieri e riflessioni interessanti. Le considerazioni sul carcere, ad esempio, sono notevoli. Così come acute sono le analisi che la protagonista fa su se stessa e sugli altri.
Purtroppo tutto questo non sempre facilita la lettura, infatti, alcuni passaggi risultano strutturalmente difficili, rendendo la trama non sempre godibile e interessante. Ma la bravura di Valeria Parrella è evidente e non leggere questo libro, per la presenza di alcune parti difficili, vorrebbe dire non regalarsi l'opportunità di scoprire un romanzo intenso e struggente.
Un romanzo in grado di regalare momenti di riflessione importanti.
Buona lettura!



(Marianna Di Bella)

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