martedì 8 ottobre 2019

Review Party: "Questo amore sarà un disastro" - Anna Premoli





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Titolo: Questo amore sarà un disastro
Autrice: Anna Premoli
Editore: Newton Compton Editori



Buongiorno lettori!
La settimana è iniziata da pochi giorni, ma lo stress non ci abbandona mai, quindi vi va di venire con me in un posto dove rilassarci e purificarci da negatività, nervosismo e affaticamento?
Bene, vestitevi comodi e partiamo alla volta di Stresa, sul Lago Maggiore. La nostra meta sarà un centro olistico, situato in un posto isolato che raggiungeremo a piedi, perché la strada è accidentata e non facilmente percorribile in auto. Una bella camminata che ci aiuterà a rilassarci e a prepararci a entrare nello spirito del nuovo romanzo di Anna Premoli.
Respirate profondamente e non distraetevi troppo perché...lo vedete quell'uomo vestito elegantemente che cammina davanti a noi? Lui è Edoardo Gustani, il protagonista maschile del libro, e anche lui sta cercando di raggiungere il casolare.
Perché? Bhe un attimo di calma e lo scoprirete.
Edorado vive a Milano e lavora nel ramo della finanza insieme ai due soci, si occupano di ristrutturare, rilanciare e rivendere partecipazioni. Sono bravi nel loro campo, soprattutto Edoardo, che ha dedicato la sua vita al lavoro, lasciando da parte la vita privata. Non crede nell'amore e nei legami sentimentali. È un uomo che si è fatto da solo, emergendo dalla periferia e raggiungendo in poco tempo il successo e la stabilità economica, grazie alla sua determinazione, intelligenza e al carattere forte.

Il mio percorso in salita, lungo ed estremamente faticoso, è quello che mi ha formato e mi ha insegnato a non mollare mai.”
(citazione tratta dal testo)

È un uomo scaltro, menefreghista, egoista, opportunista, sarcastico ma sempre vero, schietto e sincero, anche se inevitabilmente ferisce le persone. Il suo stile di vita è sbagliato, beve, fuma troppo e mangia male, ma a lui non importa perché vuole godersi ogni cosa fino alla fine.
Allora perché sta cercando di raggiungere il casolare “Il buon ritiro”? Ha deciso di cambare stile di vita, riequilibrando il suo stato fisico e mentale?
No. È qui per uno scopo ben preciso e naturalmente riguarda il suo lavoro.
Il suo obiettivo è riuscire a rilevare la maggioranza dell'azienda Health Green, ma per farlo deve convincere Elena Longo, la proprietaria del centro olistico e nipote delle azioniste della società. Senza l'approvazione della ragazza, le quattro donne non accetteranno l'accordo. Edoardo è deciso a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo, le sfide per lui sono ossigeno e pane quotidiano. L'uomo è convinto di poter convincere la ragazza in poco tempo, ma quello che ancora non sa è che Elena gli darà del filo da torcere, perché è una donna altrettanto forte, determinata e combattiva.
Laureata in Farmacia, ha lavorato per anni nell'azienda di famiglia, accanto al padre, pronta a prendere il suo posto e a dirigerla negli anni futuri, ma il padre sceglie il fratello e questo sarà motivo di distacco e allontanamento della donna dalla sua famiglia. Decide, così, di voltare pagina e fondare il centro olistico, un luogo di pace e traquillità dove poter riposare, rilassarsi e ricaricare le energie fisiche e mentali.

...mi piace pensare che certe batoste arrivino per un valido motivo, oltre che per la fortificazione caratteriale.”
(citazione tratta dal testo)

Elena e Edoardo.
Due persone determinate e forti.
Due persone che non sanno che, una volta aperta la porta del centro, le loro vite cambieranno inesorabilmente...perché il destino ha deciso di giocare con loro, mettendoli di fronte a se stessi, alle loro paure ma, soprattutto, di fronte all'amore. E voi, cari lettori, sarete i testimoni di ciò che accadrà tra Elena e Edorado. Preparatevi a uno scontro verbale frizzante e sarcastico, perché i due ragazzi sapranno tenersi testa con intelligenza e arguzia, regalandoci momenti divertenti e pieni di ironia.
Anna Premoli torna con un nuovo romanzo e una nuova storia d'amore in grado di allietare le nostre ore di lettura, donandoci una storia leggera e piacevole, con spunti interessanti su cui riflettere.
La lettura è fluida, ad eccezione delle prime pagine, dove viene spiegato il complesso lavoro di Edoardo e le terminologie economiche e finanziarie riguardanti le acquisizioni e le varie società. Le spiegazioni e le varie terminologie risultano complesse e incomprensibili per chi non è del settore, rendendo difficile la lettura, rischiando in questo modo di annoiare il lettore. Superate, però, le prime pagine, il testo inizia a prendere ritmo e fluidità, trasportandoci in un romanzo divertente con quella punta di ironia che non guasta. I dialoghi e gli scontri tra i due protagosti, ad esempio, sono affilati, pungenti e pieni di brio.
Elena e Edoardo sono non solo i due protagonisti, ma anche le due voci narranti, coloro che ci accompagneranno all'interno della storia, alternandosi tra un capitolo e l'altro, permettendoci in questo modo di entrare nei loro pensieri, per comprendere al meglio le loro emozioni, paure ecc. i capitoli sono narrati in prima persona, e questo ci da l'idea di un racconto intimo e personale, mettendo a nudo se stessi e le proprie emozioni. In questo modo riusciamo a entrare in empatia con i personaggi, anche con Edoardo che risulta sin da subito egoista, antipatico e...sicuri che sia realmente così? O la sua è solo un'armatura per difendersi?
Quello che posso dirvi è che l'autrice è riuscita a descriverli bene, evidenziando non solo i pregi ma anche i difetti, i limiti e le paure rendendoli in questo modo credibili, veri e aderenti alla realtà.
La trama è semplice, leggera e piacevole, ma proprio per questo riesce a regalare momenti di serenità e tematiche su cui riflettere attentamente, come ad esempio la paura di lasciarsi andare ai sentimenti, lo stress psico-fisico, il ruolo delle donne nelle alte sfere dirigenziali ecc. L'autrice riesce ad alleggerire queste tematiche, giocando sottilmente con i luoghi comuni evidenziando il modo sbagliato di pensare delle persone, affrontando in questo modo i pregiudizi e gli stereotipi in maniera lieve e ironica.
Il romanzo è carino e piacevole e ha saputo regalarmi momenti sereni e divertenti.
A voi il piacere di scoprirlo.
Buona lettura.



Marianna Di Bella




(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro

venerdì 4 ottobre 2019

Recensione: "The Chain" - Adrian McKinty

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Titolo: "The Chain"
Autore: Adrian McKinty
Editore: Longanesi





Cosa è disposta a fare una madre pur di salvare il proprio figlio?
Tutto.
Una madre farebbe di tutto, anche andare contro i propri princìpi e valori morali, o almeno è quello che accade a Rachel, la protagonista di questo thriller, quando la sua vita viene stravolta dalla chiamata di un utente sconosciuto che le comunica con voce alterata, gelida e arrogante che la sua unica figlia Kylie è stata rapita. Una telefonata che nessuno genitore vorrebbe ricevere. Un'esperienza che devasta l'anima, un dolore immenso e ingestibile che sale dalle viscere sconvolgendo ogni cellula del poprio corpo. L'istinto materno si attiva, il dolore si tramuta in rabbia e in quella forza che porta a fare qualsiasi cosa pur di riabbriacciare la propria figlia, e Rachel è disposta a tutto, così, ascolta scrupolosamente le regole che le vengono impartite per riavere sua figlia sana e salva a casa. Le regole dovranno essere seguite in maniera precisa e perfetta, ogni minimo sbaglio comporterebbe una punzione esemplare e...mortale.
Chi ha rapito Kylie?
La Catena. Un meccanismo che vive e si alimenta della disperazione delle persone, sfruttando l'amore che provano per i propri familiari portandoli a fare ciò che vogliono in cambio di denaro, tenendoli legati a sé per sempre.
Cosa dovrà fare Rachel per salvare sua figlia?
Rapire a sua volta un altro bambino e tenerlo in ostaggio, fino a quando i genitori non pagheranno il riscatto e così via in un circolo vizioso senza fine, o quasi. Beh ogni meccanismo ha il suo punto debole e scoprirlo vuol dire spezzare la catena ponendo fine a rampimenti insensati, ma non sarò io a svelarlo, a questo ci penserà Rachel o voi lettori se deciderete di continuare la lettura del libro. Lettura che personalmente non mi sento di consigliarvi per una serie di motivi, che piano piano cercherò di spiegarvi in questa recensione.
Le prime venti pagine, ad essere sinceri, sono coinvolgenti, piene di pathos e creano quel senso di ansia che incolla letteralmente alle pagine del libro. Le frasi sono brevi e ad effetto, inserite all'interno di capitoli altrettanto brevi che tengono con il fiato sospeso, ma superate le venti pagine tutto si sgonfia come un palloncino bucato e la storia si perde in situazioni poco credibili.
Un libro indicato come thriller dell'anno si rivela, invece, come un testo infarcito di luoghi comuni, stereotipi, situazioni assurde che non aderiscono alla realtà, atteggiamenti contrastanti dei personaggi, temi accennati e mai affrontati in maniera seria e approfondita, costruzione psicologica dei personaggi inesistente etc., ma andiamo con ordine e analizziamo le cose.
Adrian McKinty ha adottato uno stile narrativo minimalista, forse troppo, utilizzando frasi brevi che però non tengono il ritmo fino alla fine della storia. Lo stile breve e stringato non permette di analizzare nulla, solo di sorvolare superficialmente su avvenimenti e tematiche limitandosi ad elencarli e adattandoli allo stile narrativo serrato, ma non tutto può essere narrato e affrontato in questo modo. Per alcuni argomenti ci vuole più attenzione, e analizzarli in maniera approfondita avrebbe significato dare un'impronta diversa, dinamica e incisiva alla storia, sviluppandola in maniera più accattivante e interessante, dando spunti di riflessione seri e importanti, come ad esempio l'utilizzo e l'influenza dei social media nella vita quotidiana delle persone. Un tema attuale a cui tutti i lettori avrebbero potuto rispecchiarsi, aiutandoli a vedere con occhio diverso la nuova realtà virtuale. Putroppo l'autore non approfondisce nulla, lasciandosi scappare delle buone opportunità per inseguire altre tematiche interessanti e dimenticarsene dopo due secondi, inseguendone altre in una corsa inutile e superficiale.
Il testo è intriso di luoghi comuni e stereotipi che non ho gradito. Non capisco perchè si debba costruire una storia o i personaggi basandosi su stereotipi che non aggiungono nulla, al contrario rendono il libro approssimativo e banale, e in questo testo gli stereotipi si succedono a ogni pagina: il marines che deve essere per forza rappresentato come una persona traumatizzata, altrimenti come soldato non vale nulla; le donne o sono superficiali e dedite alla cura di se stesse oppure fredde, distaccate e un po' anaffettive. I bambini sono senza cervello che non hanno problemi a stare con estranei e il rapimento è vissuto come una vacanza a Disneyland. Le famiglie se sono ricche, automaticamente sono anche superficiali, leggere e poco attente ai figli, mentre se sono ad un livello sociale più basso allora possono avere comportamenti devianti.
Utilizzare stereotipi è sinonimo di chiusura mentale e non si può pensare di costruire un personaggio sulla base di questi presupposti, perché ne limita la costruzione psicologica e non risultano veri e rispondenti alla realtà. In questo thriller, infatti, manca completamente la parte psicologica di tutti i personaggi ed è un grave mancanza che incide sulla storia, perché non aiuta a comprendere i loro pensieri, l'elaborazione del dolore, le azioni e gli stati d'animo che stanno vivendo. È importante per il lettore, e per questo genere di libro, capire i meccanismi mentali che si attivano nei personaggi per avere un quadro completo ed esaustivo della storia, invece, ci ritroviamo persone inattendibili con pensieri contrastanti, come ad esempio la protagonista che risulta fredda, distaccata, antipatica, senza sentimenti e inverosimile nel suo ruolo di madre e donna.
Le situazioni descritte nel testo sono surreali e improbabili, ad esempio come si fa a rapire un bambino su una sedia a rotelle e nessuno vede nulla? Come si fa a non avere reazioni emotive tenendo tra le braccia una bambina che sta per morire? Come si fa a dormire beatamente con il cellulare scarico, sapendo che tua figlia è stata rapita e che l'unico mezzo di comunicazione con i rapitori è proprio il cellulare? Questi sono solo alcuni esempi di situazioni inverosimili e non aderenti alla reltà, che diventano sempre più surreali man mano che si procede nella lettura. Se nella prima parte del libro tutto avviene in maniera veloce, nella seconda parte gli avvenimenti rallentano e si cade nel ridicolo con un evolversi della storia che non ha senso. Il registro narrativo cambia completamente, sembra di leggere due storie completamente diverse. Due storie slegate con grossolani errori di traduzione, che sviano sul reale significato di alcune frasi e parole, compromettendo la lettura.
Peccato perché la storia era originale, ma l'autore non ha saputo sviluppare al meglio la trama, probabilmente avrebbe dovuto lasciare il testo come racconto, perché considerata la brevità  non avrebbe avuto problemi nel costruire una storia più reale e concreta. Scegliendo il  il romanzo, invece, ha dato l'idea di non sapere come muoversi, inserendo elementi e avvenimenti senza alcuna logica narrativa.
Un'occasione sprecata.
Ve lo consiglio? No, ma come sempre a voi la scelta.
Buona lettura!



(Marianna Di Bella)

martedì 1 ottobre 2019

Recensione: "Il caso dei libri scomparsi" - Ian Sansom

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Titolo: "Il caso dei libri scomparsi"
Titolo Originale: "The Case of the Missing Books"
Autore: Ian Sansom
Editore: Tea




Tra le strade della piccola cittadina di Tundrum, Irlanda del Nord, si aggira un vecchio e arruginito furgone. Le sue condizioni sono pietose, andrebbe sistemato e riverniciato ma i soldi sono pochi e il comune non ha tutti i fondi a disposizione.
Cosa c'entra il comune? Beh questo vecchio e macilento furgone è il nuovo Bibliobus della cittadina.
Purtroppo, la biblioteca comunale è stata chiusa e il comune ha pensato di offrire dei nuovi servizi riconvertendo le risorse a disposizione, per essere più competitivi e flessibili sul territorio. Un nuovo “centro culturale mobile” in grado di offrire ai cittadini maggior assistenza anche in campo informatico, fotografia digitale, utilizzo della rete ecc.
Una buona idea, ma c'è prima un “piccolo” problema da risolvere, i 15.000 libri appartenenti alla biblioteca sono spariti.
15.000 volumi di cui nessuno sa nulla.
Chi li ha rubati? Perché?
Il compito di ritrovarli è affidato al nuovo bibliotecario di Tundrum: Israel Armostrong.
L'uomo viene da Londra e quando gli viene offerta l'opportunità di realizzare il suo sogno e mettere a frutto la sua laurea in lettere, lascia il lavoro di commesso presso una libreria discount, e raggiunge il suo nuovo posto di lavoro. Finalmente può smetterla di lamentarsi della sua vita triste, monotona e della mancanza di opportunità per il futuro. Continue lamentele a cui non ha mai reagito creando opportunità, al contrario si è adagiato alla monotonia e apatia, circondato dai suoi amati libri da cui si è sempre sentito protetto e capito. I libri hanno sempre fatto parte della sua vita sin da quando era piccolo, lettore vorace e instancabile, frequentatore assiduo delle biblioteche che considera “il suo luogo di appartenenza”.

Israel era cresciuto dentro e intorno alle biblioteche. Le biblioteche erano il suo luogo di appartenenza. Le biblioteche per Israel erano da sempre una costante. Nelle biblioteche Israel aveva sempre trovato calma e serenità. Nelle biblioteche gli era sempre parso di respirare un po' più facilmente.”
(citazione tratta dal libro)

Il nuovo lavoro rappresenta l'inizio della realizzazione dei suoi sogni e dei suoi studi, solo che arrivato a Tundrum scopre che non solo la biblioteca è stata chiusa definitivamente, ma che il suo nuovo compito consiste nel guidare il bibliobus e girare per il territorio portando libri e nuovi servizi. Per Israel è uno choc, perché considera il suo nuovo ruolo un declassamento, e interagire con le altre persone è sempre stato un problema. È una persona molto intelligente, ma schiva, sensibile, perso in sogni e idee e con una conoscenza minima della realtà...conoscenza che lo porterà a scontrarsi con gli abitanti della cittadina e a vivere svariate disavventure.

“Privato del denaro, dei vestiti e della dignità, incapace di capire per la metà delle volte di cosa parlasse la gente che incontrava, riluttante a mangiare il loro cibo, costretto a fare un lavoro che non voleva fare e minacciato, picchiato e ridotto, in uno stato caratterizzato da una certa qual incertezza, confusione e tensione, stava finalmente godendo l'esperienza del vero immigrante....”
(citazione tratta dal testo)

Non vi racconterò altro, vi lascerò liberi di decidere se salire sul bibliobus e seguire il resto della storia.
Io scendo qui e non proseguirò il viaggio, perché il libro non mi ha particolarmente entusiasmata.
Il libro è leggero, abbastanza gradevole, surreale in alcune parti, ma alla fine lascia ben poco nei ricordi e nelle emozioni.
La prima parte l'ho trovata molto lenta, noiosa e ho faticato ad entrare nell'atmosfera del romanzo. Proseguendo nella lettura, tutto diventa un po' più scorrevole, acquisendo un pochino di brio e ironicità che aiutano ad alleggerire la storia, anche se la trama fa molta fatica a decollare.
Alcuni punti sono narrativamente più deboli, monotoni e ripetitivi di altri, e la trama ne risente parecchio, infatti, spesso si fatica ad andare avanti con la lettura.
I personaggi sono surreali, bizzarri e sopra le righe, anche se onestamente funzionano di più i personaggi secondari che non il protagonista, che risulta essere pedante, fastidioso e antipatico. Un protagonista che non ha un'evoluzione e una crescita personale durante la storia, infatti, rimane fermo e statico con le sue convinzioni, luoghi comuni e comportamenti.
Il finale è frettoloso, superficiale e non ho apprezzato per niente la risoluzione dell'indagine, perché il movente viene fuori in maniera casuale e sbrigativa. Necessitava di un'argomentazione più seria e approfondita proprio perché tutta la trama del romanzo ruotava intorno alla ricerca dei libri scomparsi, invece, l'autore si è limitato a parlarne in maniera approssimativa e banale.
Peccato, perché il libro aveva tutte le caratteristiche per essere coinvolgente, interessante e divertente, invece molte argomentazioni sono state lasciate al caso, forzando alcune situazioni rendendole inverosimili e surreali.
Un libro semplice, leggero ma niente di più.
Il mio viaggio sul bibliobus si ferma qui e non credo che leggerò gli altri testi a lui dedicati.
Saluto Tundrum e voi lettori.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)