Titolo: "La lettera perduta di Auschwitz"
Titolo Originale: "The Rabbit Girls"
Autrice: Anna Ellory
Editore: Newton Compton Editori
Germania, 1989.
È una fredda giornata di
dicembre ed è trascorso quasi un mese dalla caduta del muro di
Berlino. L'atmosfera è satura di euforia, molte famiglie si
riuniscono, finalmente, dopo anni di separazione e lontananza
forzata. Vecchie ferite si riaprono e altrettante si rimarginano.
Solo una donna sembra indifferente a tutto questo, per lei non ha
molta importanza ciò che sta accadendo nel suo paese, è impegnata a
pulire, accudire e guardarsi le spalle.
La donna è Miriam Voight e
da poco più di un mese si sta prendendo cura del padre Henryk
Winter, gravemente malato. L'uomo è stato colpito da un grave ictus,
ritenuto dai medici inoperabile, e ora vive imprigionato in un corpo
inerme che non risponde ai più semplici stimoli o reazioni, lottando
tra la vita e la morte. L'uomo resiste, c'è qualcosa che lo tiene in
vita, il ricordo di una persona che ha amato profondamente: Frieda.
Pensare alla donna è fonte
di dolore, perché? Chi è Frieda?
“Ma io sono perduto.
Perduto nel passato.
Perduto con Frieda...”
(citazione tratta dal testo)
La donna è un mistero anche
per la figlia, non sa nulla di lei, per questo si meraviglia quando
il padre la chiama con quel nome. In realtà, ci sono molte cose di
cui non è a conoscenza e che scoprirà casualmente, come i numeri
tatuati sul polso del padre e nascosti sotto l'orologio. Suo padre è
stato in un campo di concentramento? Perché? La loro famiglia non è
di religione ebraica e allora perché quei numeri? Cosa nasconde il
passato del padre? La curiosità ha il sopravvento e Miriam inizia a
cercare in casa informazioni che possano aiutarla a capire, così,
rovistando in un armadio trova una vecchia divisa, a chi appartiene?
Toccando la veste si rende conto che tra le cuciture delle tasche,
del colletto, del corpetto e della cintura sono nascosti dei piccoli
foglietti ripiegati su se stessi. Foglietti che si riveleranno essere
delle lettere, scritte in francese e tedesco. Chi le ha scritte? Sua
madre? Frieda?
“Molti pregano, io non
riesco a trovare un altro modo di continuare a vivere, non posso
conservare la mia identità senza scrivere, quindi premo la mia
matita ferma e forte. Per lassciare un segno sulla carta, per
lasciare un corpo in vita.”
(citazione tratta dal testo)
Un segreto celato nell'anima
del padre e tra le righe di quei fogli che per oltre quarant'anni
hanno custodito risposte e verità dolorose. Ma anche Miriam nasconde
qualcosa di altrettanto doloroso e tragico che la porta a guardarsi
costantemente le spalle e a farsi deliberatamente del male pur di non
sentire la paura che la soffoca e non la fa respirare. Così, tra
passato e presente, e tra una lettera e l'altra, entreremo
all'interno di una storia ricca di segreti, verità mai svelate,
atrocità, sofferenze e sopravvivenza. Scopriremo l'amore di Henryk
per Frieda, conosciuta durante il suo periodo di insegnamento
all'università sotto il regime nazista, la loro storia
extraconiugale, la verità svelata a Emilie, moglie di Henryk ecc.
Dopo il licenziamento e la
cacciata dall'università, l'uomo è costretto a nascondersi per non
essere arrestato dalle SS, ma l'amore per la ragazza lo spinge a
uscire dal suo nascondiglio per vederla e trascorrere qualche ora con
lei, mettendo in pericolo non solo se stesso ma anche la moglie e
Frieda. Infatti, i due amanti verranno arrestati e trasferiti in un
campo di concentramento. Dove? Cosa succederà a Henryk e Frieda?
Attraverso le lettere
ritrovate nella divisa, scopriremo la difficile situazione di Frieda
all'interno del lager di Ravensbrück
dove venivano rinchiuse donne emarginate, zingare, sovversive,
ribelli ecc. Le condizioni di vita erano disumane e volte a spezzare
la loro identità, annientandole, non solo fisicamente ma anche
psicologicamente e umanamente, azzerando la loro persona. Ma ciò che
emergerà da questo posto, saranno le figure delle “donne
coniglio”, donne prese e portate in sala operatoria per essere
sottoposte, senza alcun consenso, a interventi chirurgici per
esperimenti scientifici. Molte di loro sono morte sui tavoli
operatori o per le infezioni; donne la cui vita non valeva nulla se
non in termini di esperimenti disumani.
“Siamo state ridotte alla
fame, aggredite, rasate, picchiate e umiliate. Solo dopo essere stati
trattati peggio del bestiame, ci rendiamo conto che siamo ancora
vive...”
(citazione tratta dal testo)
Le lettere scritte dal lager
custodiscono queste e molte altre verità dolorose e intense. Dei
veri e propri pugni nello stomaco che lasciano senza fiato,
esterrefatti di fronte alla brutalità e disumanità, ma anche con
molti dubbi, perplessità e pensieri su cui riflettere seriamente.
Cosa si è disposti a fare
per la propria libertà e sopravvivenza? Si farebbe di tutto, anche
cose amorali e disumane a scapito di un altro essere umano. Una
condizione difficile da comprendere e che non si può giudicare se
non si è vissuto in quel clima di orrore, infatti, molti
sopravvissuti non ne parlano perché non voglio essere giudicati da
chi non sa capire.
“«Gli
esseri umani hanno davvero trattato così dei loro simili”»
«È
il motivo per cui tante storie si sono perse. Chi le ha vissute non
trova le parole e chi gli è vicino non vuole sentire. Le parole
hanno molto più potere di quanto crediamo.
(…)
Anche
le parole più buie troveranno la luce.»”
(citazione
tratta dal testo)
Le lettere sono la parte più
bella ed emozionante del romanzo, quelle che mi hanno tenuta
letteralmente incollata al testo e non mi hanno permesso di
abbandonare il libro. Ebbene sì, la mia reazione alla lettura dei
primi capitoli è stata di voler accantonare il romanzo e
difficilmente lascio un testo, ma questo l'ho trovato confusionario
e poco appassionante, ad eccezione di alcune parti. L'inizio è lento
e difficile da comprendere perché Miriam, la protagonista, salta tra
un ricordo e l'altro senza un'apparente logica o una specifica
spiegazione creando confusione.
Il libro è strutturato in
capitoli che si alternano tra le due voci narranti: Miriam e Henryk.
Nei capitoli dedicati a Miriam veniamo a conoscenza della sua
infanzia, della scoperta delle lettere, del suo presente e della sua
vita di vittima delle molestie e della violenza del marito, che l'ha
resa succube, espropriandola della propria identità e libertà
facendole subire le peggiori sofferenze e atrocità. Mentre, nei
capitoli dedicati al padre conosciamo parte della storia e
dell'incontro con Frieda. Purtroppo le storie dei due protagonisti
non hanno la stessa forza e intensità narrativa rispetto alle
lettere. Non c'è una narrazione lineare che permette di comprendere
le varie storie e la loro successione temporale. Appare tutto
confusionario, saltando da un ricordo e all'altro in momenti storici
diversi destabilizzando il lettore e complicando la comprensione di
determinati avvenimenti. In questo modo la lettura risulta poco
fluida, difficile e per quanto mi riguarda non sono riuscita a creare
un rapporto empatico forte e intenso con i due protagonisti, fino
alla scoperta delle lettere. Leggerle è stata un'esperienza forte,
intensa, altamente riflessiva e dolorosa. La narrazione e lo stile
cambiano totalmente, perché tutto diventa più definito, vero,
incisivo. È la parte che ho amato di più del romanzo e che porterò
sempre con me, una parte di storia da leggere, scoprire e custodire.
La storia d'amore tra Henryk
e Frieda non mi ha emozionata, l'ho trovata superficiale e ho sempre
avuto la sensazione che molte cose non siano stata affrontate e
spiegate in maniera chiara e definita. Alcuni avvenimenti avevano
bisogno di essere trattati con più calma, spiegando bene alcuni
passaggi e reazioni emotive come ad esempio il motivo dell'arresto e
del licenziamento, oppure la reazione di Emilie quando l'uomo le
svela la relazione con Frieda. Non ho amato in maniera particolare
nessuno dei protagonisti, ad eccezione delle donne coniglio. Miriam
che è la protagonista e che aveva tutti i presupposti per attirare
la mia attenzione, attraverso una storia drammatica e atroce, mi ha
lasciata indifferente. La sua disperazione e sofferenza non sono
riuscite ad emergere e creare un rapporto empatico con la mia parte
emotiva e allo stesso tempo non ho apprezzato la figura del padre che
l'ho trovato passivo, poco incisivo, soprattutto, nella sua scelta
egoista di tenere in piedi sia il matrimonio che la relazione con la
ragazza, mettendo in pericolo le due donne.
Forse narrato in maniera
diversa il romanzo avrebbe reso di più, ed è un peccato perché le
lettere le ho trovate emotivamente intense ed emozionanti. Peccato.
Questo, naturalmente è solo
il mio modesto parere, e come sempre lascio a voi la scelta di
leggere o meno il testo.
Buona lettura!!
(Marianna Di Bella)
(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro.
Nessun commento:
Posta un commento
Non inserire link cliccabili, verranno eliminati immediatamente
Privacy Policy