Autrice: Valeria Tron
Editore: Salani Editore
Ci sono libri che hanno la capacità di sfiorare e far vibrare l'anima di chi li legge. Arrivano silenziosamente, muovendosi lievi come una brezza leggera che avvolge, abbraccia e culla il lettore sussurrandogli all'orecchio storie intense e delicate. Storie in grado di regalare momenti indimenticabili, ma anche di profonda riflessione e insegnamento.
“L'equilibrio delle lucciole” di Valeria Tron ha rappresentato, per me, tutto questo. Leggerlo è stato come ritrovarmi seduta ai piedi di un albero, circondata dalla natura ma, soprattutto, da una serenità interiore dimenticata da tempo. Immergermi tra le sue pagine mi ha isolata da tutto, in particolare dai problemi quotidiani e di salute, dallo stress, dal dolore, che mi hanno allontanata da quella parte di me che cercavo di recuperare da tempo: le mie radici e il giusto equilibrio tra passato e presente.
Ho preso il libro, mi sono seduta, l'ho aperto e l'ho lasciato parlare. Le parole hanno preso vita e, come un soffio di vento, mi hanno raccontato di storie, amori, delusioni, attese, sofferenze. Mi hanno parlato di vita, speranza, fiducia.
Mi hanno parlato ed io ho ascoltato...in silenzio.
Adelaide torna, durante una bufera di neve, nella piccolo borgo in cui è nata, tra le montagne della Val Germanasca. Cerca un rifugio dove curare il suo cuore ferito dalla fine una relazione, ma anche un posto tranquillo dove poter mettere in ordine i propri pensieri e decidere con calma cosa fare della sua vita e del suo futuro. Ad attenderla c'è Nanà, una donna di più di novant'anni, riservata, legata alle montagne, alla natura, alle tradizioni e al dialetto che ancora parla: il patois. La donna parla poco, ma è piena di speranza, attenta alla vita e forte come solo i grandi e saggi alberi sanno essere.
“C'è un richiamo nella lingua madre: scavalca le nebbie e i vuoti, sorvola il dolore e la solitudine dei pensieri e ti riporta a casa, ovunque tu sia stato fino a quel momento.”
(citazione tratta dal libro)
Nanà è l'ultima custode di un piccolo borgo che va piano piano scomparendo, ma che negli anni ha visto nascere amori, amicizie, sofferenze, risate. Un luogo che ha assistito a nascite, matrimoni, partenze, al suo lento spopolamento e a un cambiamento preoccupante della natura. Un posto che sta morendo.
“Una borgata sopravvive di piccoli momenti condivisi e di attenzioni reciproche; altrimenti si sgretola e diventano solo case.”
(citazione tratta dal libro)
Nanà non è solo l'ultima custode di un borgo di poche case disabitate da tempo, lei è la custode dei ricordi e delle vite che hanno animato la sua esistenza e quella del paese. Lei è la chiave, colei che tiene il filo che lega tutte le esistenze delle persone che hanno vissuto lì e che segneranno, con i loro ricordi, la strada che aiuterà Adelaide a ritrovare se stessa e a tornare a casa. Perché:
“Si torna alla propria radice come si può.”
(citazione tratta dal libro)
“Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Meizoun.”
(citazione tratta dal libro)
Il ritorno di Adelaide, protagonista e voce narrante del libro, è doloroso, non solo per la fine della sua relazione, ma perché rimettere piede, dopo tanto tempo, nella vecchia casa familiare, vuol dire venire assalita dai ricordi, quelli dolci e pieni di amore e felicità, ma anche quelli dolorosi, come ad esempio la morte del padre e dell'amata Memè. Sarà Nanà a guidarla tra i ricordi attraverso un piccolo segreto che solo lei e Levì conoscono: uno sgabuzzino. Sì, avete letto bene, un semplice sgabuzzino, situato in una normalissima camera da letto che custodisce al suo interno un tesoro di inestimabile valore. Basterà aprirlo per venire investiti da una folata di vita e speranza, perché al suo interno sono riposti: libri, oggetti, scatole, lettere, piccoli scampoli di vita appartenuti a tutte le persone che Nanà e Adelaide hanno amato e con le quali hanno trascorso parte della loro vita: Memè, Levì, Lena, Irma, bar Tricot etc.
Entrare in quello sgabuzzino vuol dire ritrovare queste persone e sentirle di nuovo vicine attraverso ogni oggetto che parla di loro, dando voce alle loro vite, alle loro sofferenze e speranze, agli amori, ai silenzi e ai rimpianti.
Entrare in quello sgabuzzino, vuol dire per Adelaide, conoscerle veramente, perché spesso ciò che si osserva e si vive da bambini è poco rispetto alla complessità degli adulti. A quell'età non si hanno le giuste capacità e la giusta maturità per comprendere alcune sfumature nei discorsi o nei comportamenti.
“Da bambini, le parole dei vecchi sono uccelli che hanno fretta di migrare e vanno di corsa più delle gambe sbucciate. Non hanno tempo, le parole, quando si è bambini.”
(citazione tratta dal libro)
“Ma è pur vero che quando sei bambino le storie ti passano tra le mani e difficilmente riesci a soppesarle.”
(citazione tratta dal libro)
Difficilmente si riesce a capirne il valore e così si perdono informazioni importanti che da adulti si cercherà di recuperare per ritrovare se stessi e le proprie radici e, come ci insegna Nanà e l'autrice stessa del romanzo, per farlo bisognerà tornare indietro...tornare a casa.
Nanà consegnerà ad Adelaide, e a noi lettori, le chiavi di questo immenso tesoro perché i ricordi possano continuare a vivere e ad essere di insegnamento per tutti.
“«Lo sgabuzino è tutto quello che abbiamo e, se non è molto a prima vista, può bastare per raccontare la nostra casa. Così nessuno si perde e tutti sanno tornare».”
(citazione tratta dal libro)
Se credete che la trama di questo meraviglioso romanzo sia tutta qui, vi sbagliate enormemente perché quello che vi aspetta, all'interno di questo testo, sono le vite di personaggi indimenticabili come Memè, Lena, Irma e tutti gli altri, che pagina dopo pagina, prenderanno corpo e anima, facendovi innamorare di loro e delle loro vicissitudini. Vi prenderanno per mano e non vi lasceranno più, entrandovi nel cuore e nei pensieri per molto tempo. Come non amare la vivacità, il temperamento spensierato e l'impertinenza di Irma; la premurosità e dolcezza di Memè, l'inflessibilità e la rigorosità di Lena o le storie piene di allegria di bar Tricot...è impossibile resistergli.
Tutto questo avviene grazie alla capacità narrativa dell'autrice, Valeria Tron, che saprà ammaliarvi con il suo stile poetico, fluido e delicato, riuscendo a trascinarvi in un viaggio incantevole tra le vite di personaggi indimenticabili. L'autrice riesce a tratteggiare molto bene i differenti caratteri e a dare il giusto spazio a tutti loro in maniera equilibrata e mai invadente. La comparsa di ogni personaggio, nei ricordi di Nanà e Adelaide, avviene sempre in punta di piedi, senza quei salti temporali che spesso, durante la lettura, risultano pesanti, poco fluidi, legandosi male nella narrazione. In questo romanzo, invece, si inseriscono perfettamente nel testo e nel contesto narrativo, rendendo tutto molto fluido e sempre legato al presente delle due protagoniste e alle tematiche che stanno affrontando.
Ho amato molto lo stile dell'autrice, quel lato introspettivo che riesce a fare emergere in ogni ricordo e la sensibilità nell'affrontare alcune tematiche importanti e serie come: la perdita di un figlio, il dolore della guerra, la violenza sulle donne, la morte dei piccoli borghi e il grave problema ambientale. L'amore e il rispetto della natura si percepiscono e si respirano in ogni pagina e frase del libro, alcune descrizioni le ho trovate così vive che spesso ho avuto la sensazione di respirare il profumo del bosco, dei fiori o dei funghi.
Valeria Tron è, per me, un'artigiana delle parole e delle emozioni a cui riesce dare vita, forza e amore. Lo stesso amore che provo per questo libro, perché mi ha riportata alle mie radici, mi ha ricordato ciò che cercavo anch'io da tempo: tornare a casa e a quel legame con le persone che mi hanno accompagnata nella mia vita e di cui, forse, non ho compreso pienamente perché, come dice l'autrice, quando si è piccoli si hanno in mano storie che spesso ci lasciamo sfuggire non comprendendone il valore e, quando siamo pronti per capire, spesso le persone a cui vorremmo chiedere spiegazioni o consigli non ci sono più, allora cerchiamo ricordi, o almeno, io cerco quei ricordi che mi aiutino a comprendere meglio me stessa e le mie radici e sarebbe bellissimo avere qualcuno come Nanà pronto ad aprire il suo sgabuzzino per ritrovare coloro che ho amato e chissà, quella parte di me che ho perso e ritrovare la strada.
Una strada che Adelaide inizierà a percorrere, inconsapevolmente, grazie all'aiuto di Nanà e ai ricordi degli altri personaggi, imparando che non dovrà permettere ai rimpianti di condizionare la sua vita, che occorre uscire dai silenzi e dalle attese infinite, liberarsi dal rancore, vivere diversamente da tutti loro, afferrando ogni occasione per essere felice, amando e rispettando se stessa.
Un balsamo per la mia anima dolorante. Un abbraccio e una carezza inaspettati.
Un libro che custodirò gelosamente e rileggerò per ritrovare quei piccoli particolari, quelle sfumature che spesso non si percepiscono ad una prima lettura e per ritrovare le emozioni vissute, come ad esempio la scena dell'accensione delle candele in tutte le case del borgo, piccole lucciole che brillano e segnano la strada, come se riportassero in vita le anime di chi le ha abitate, una scena emozionante per ricordare...no, non aggiungerò altro perché non voglio togliervi il piacere della scoperta di un romanzo meraviglioso che ho amato intensamente.
“...il tremolio della candela accesa attenua la solitudine nelle case.
Trattengo il respiro, vorrei piangere, riportare indietro le lancette e poter dire a tutti quanti che conosco meglio il peso delle loro vite, e che anche i segreti prima o poi si arrendono. Potergli dimostrare che la bellezza non sa morire come un corpo, perché è nell'anima: perciò ben vengano scatole, etichette, mucchi di fascine, canzoni e lettere, poesie e ramanzine, per ritrovarsi piene le mani di umanità e incanto, ben oltre la morte.”
(citazione tratta dal libro)
Prendete il libro, trovate un posto che vi faccia sentire bene, mettetevi comodi e perdetevi tra le sue pagine, alla fine della storia vi renderete conto di essere diversi.
Buona lettura.
Marianna Di Bella
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