Dopo il ritorno
dalle vacanze estive, sei scrittrici organizzano un viaggio
attraverso le pagine dei loro romanzi: nella valigia del blogtour
tante promozioni e give away!
Più informazioni nelle pagine delle
autrici e nei blog che ospitano il blogtour:
Come un'isola – Monika M
Lucrezia
, la protagonista, allineerà la sua vita a quella di Victor convinta
di poter, come sempre nella sua vita, controllare tutto . Nulla sarà
più diverso da ciò che lei aveva pianificato fino a conoscere la
travolgente ribellione, fiera del suo orgoglio ingaggerà una guerra
con il suo stesso cuore per non concedersi ad un amore non
corrisposto .Si tufferà volontariamente in due occhi crudeli e belli
sapendo che vi troverà la morte per annegamento, consapevole che
quel che dopo l'aspetterà non sarà più vita , ma sopravvivenza
scandita da una inguaribile mancanza, dettata però dalla libertà
della scelta fatta .Siamo spesso schiavi dei nostri limiti , ma
quanto di noi siamo disposti a tradire per oltrepassarli?
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Continua
a viaggiare con noi
Tappa 1 - Presentazione dei romanzi e del blogtour
Partiamo!
L’estate volge al
termine e cosí i nostri viaggi, si ritorna alla solita vita. Il
ritorno dalle vacanze è a volte difficile, ma noi conosciamo un
altro modo per viaggiare, per andare lontano ogni giorno, senza dover
prenotare e senza dover fare la valigia.
V’invitiamo a
viaggiare nei nostri romanzi ad accompagnare i nostri personaggi
nelle loro vite, nelle loro avventure.
Sei scrittrici per
sei romanzi molto diversi che nei prossimi giorni proveranno a
portarvi via con loro.
In questa prima
tappa vi presentiamo i nostri romanzi attraverso un estratto
Devi orzare, Baal
– Virginia Less
«È stato molto
bravo lei a non cadere dall'albero! -intervenne Serena con aria
ammirata - Si vede che ha ottimi riflessi e una forma fisica
perfetta!»
Nessun maschio tra i
quindici e i novant'anni sarebbe riuscito a non assumere
l'espressione compiaciuta e un po' fatua che si stampò sulla faccia
aguzza di Baal nell'udire una tale dichiarazione ammirativa, visto
che a pronunciarla era quel tocco di donna!
Bruna, formosa e
abbronzata la Di Biase avvolgeva lo skipper, bassetto al suo
confronto, con lo sguardo luminoso, trasmettendogli, era palese, la
sensazione di un caldo abbraccio. (p. 49)
Paolo mancava di
esperienza e non si riteneva dotato di particolari attrattive. Fin
dalla prima adolescenza aveva trascorso più tempo in barca che
dietro alle ragazze; le sue poche storie erano state occasionali, non
gli era mai capitato di intraprendere scientemente una conquista, né
era un gran parlatore. Se ne stava dunque rigido sul divano, tentando
con ansia di fare ordine tra sensazioni e pensieri per tirar fuori
qualche frase che non lo facesse apparire un cretino.
Gli tornavano nitide
davanti agli occhi due immagini contrastanti della bella ragazza che
gli sedeva accanto, silenziosa e del tutto a suo agio, almeno
all'apparenza.
Antipatica e boriosa
quella della prima regata, quando il Farr li aveva superati in
partenza, lieta e gradevole quella del pomeriggio al timone. Una
porta aperta su un mondo interiore affascinante perché (o era
un'illusione che nasceva dal bel viso e dal corpo attraente?)
incentrato su quel che Paolo amava più di tutto: la vela.(p.50)
Lettere fra
l’erba – Clara Cerri
In "Lettere fra
l'erba" la narrazione si svolge su due piani temporali: nel
presente la protagonista è Isabella, una ragazza orfana di madre che
torna a vivere con suo padre dopo aver passato l'infanzia e la prima
adolescenza in collegio. L'incontro casuale con gli amici di sua
madre Ilaria la porterà a interrogarsi sul passato e a iniziare una
ricerca che gli adulti aiuteranno e ostacoleranno a fasi alterne,
perché è un passato carico di rimorsi e di rimpianti. Ma Isabella
scoprirà la verità attraverso le lettere inviate da un'amica di sua
madre e soprattutto grazie alla sua capacità di leggere in se
stessa, di riconoscersi simile a sua madre nel suo bisogno di essere
amata e di capire gli altri. La storia di sua madre narra di un amore
che poteva essere felice e non lo è stato, che sembra essere perduto
per sempre ma riemerge, contro ogni previsione, in un finale che fa
intravedere la possibilità di ridere ancora insieme e affrontare la
vita con coraggio.
Fuori dalle tende
era già l'alba, avevano appena il tempo di guardarsi e sorridersi
col respiro mozzato. Bisognava alzarsi da quel tappeto, Ilaria aveva
la schiena arrossata e si muoveva come una bambola rotta, lui la fece
sdraiare sul divano, andò a prendere un plaid per coprirla, poi
spense le luci e si coricò accanto a lei.
«Appoggiati sulla
mia spalla, riposiamo un'oretta, lo vedi, ce l'ho pure io l'incavo
apposito per la testa delle amanti, te l'ho detto che sono come un
monolocale giapponese...»
Quando Ilaria si
svegliò di ore ne erano passate due, se non di più, ed era giorno
fatto. Per un attimo fece fatica a capire dove fosse, nuda tra la
pelle di un uomo e un plaid che pizzicava, e l'uomo russava, per
giunta. Era terribilmente tardi, in tutti i sensi. E doveva tornare a
casa. Tornare a casa era l'ultimo atto della commedia atroce e
grottesca di quella notte, l'ultimo e il meno divertente. Lui la
sentì muoversi e aprì gli occhi, la riconobbe e sorrise.
«Come stai, amore?»
Amore? «Bene, e
tu?»
La baciò e le si
stiracchiò addosso come un gatto.
«Benissimo, ma ho
un sonno... Non vuoi dormire un altro po'?»
Come un’isola -
Monika M
Nel lungo corridoio,
decorato con affreschi dei padri inquisitori, si udiva unicamente lo
stridio delle suole di gomma delle scarpe da ginnastica, Lucrezia
confrontava i volti ritratti con la guida che teneva sotto al naso
per dar loro un'identità mentre a passo lento si avvicinava al cuore
dell'edificio che si affacciava su quell'ambiente. Stanze un tempo
riservate all'inquisitore e che oggi invece ospitavano personalità
illustri in visita al convento, secondo la cartina consegnatale con
il biglietto di ingresso, l'accesso era proprio nel corridoio che ora
percorreva. Sul fondo erano invece indicati gli uffici
dell'inquisizione con annessa prigione sotterranea, al piano
superiore erano collocate i luoghi della Consulta, ovvero dove i
processi avvenivano, e la cappella. Lucrezia fissò il soffitto
chiedendosi quale giustizia quell'allegoria raffigurasse in una
stanza dove innocenti erano stati giudicati e condannati a morte dopo
torture indicibili. Con stupore aveva infatti appreso che i
domenicani del Convento di San Domenico erano stati i più feroci e
crudeli inquisitori d'Europa soprattutto nei confronti delle streghe
che si rivelavano poi essere astronome, erboriste o prostitute. Nei
verbali delle torture erano riportate confessioni delle donne che
giuravano di aver partecipato ai Sabba volando su scope presso i
boschi del Paderno, ma gli storici autori della brochure non
dimenticavano di informare il visitatore che tali confessioni erano
da attribuire non solo alla tortura ma anche e soprattutto alla
canapa. Nel bolognese un tempo era infatti molto diffusa la coltura
della canapa ed i contadini non disdegnavano di mangiarla in varie
ricette, la povertà imponeva di nutrirsi con tutto ciò che si
coltivava.
Nuovamente in strada
estrasse il taccuino su cui aveva appuntato le informazioni che
Walter le aveva sciorinato nel pub.
-Torresotto. . . .
Porta Nova? - chiese quindi ad un passante. Voleva vedere la casa che
aveva ospitato la Enormissima.
- Affaccia su piazza
Malpighi, incrocio tra Via Porta Nuova e Via Finzi. . - le indicò
l'anziano sulla cartina che Lucrezia teneva aperta davanti a sé.
-Ah, la Gentile Budrioli dopo tanti anni ancora non l'abbiamo
dimenticata, quella strega! - disse poi ridendo l'uomo che lento si
allontanò scuotendo il capo teneramente.
Rimase incantata a
guardare quella schiena incurvata che sotto i romantici portici si
rifugiava e quel vecchietto che sembrava pensare ad un amore lontano
e rabbrividì. Lucrezia estrasse nuovamente il cellulare, non aveva
fatto altro da quando aveva aperto gli occhi che guardarlo con un
attesa crescente come l'ansia che l'accompagnava. E se non torna più?
Non faceva che chiederselo angosciata, era come essere ancora legata
a quel letto perché lei era incapace di ricercarlo, fondamentalmente
aveva bisogno lo facesse lui per una conferma, per sapere che davvero
voleva lei. Non aveva alcun valore per lei, altrimenti. Lo amava, lo
amava molto e voleva esser amata con altrettanto vigore. Se lui
avesse abbandonato al primo ostacolo non avrebbe fatto meno male,
sarebbe però stata limitata l'illusione. Sospirò cercando di domare
la paura che conosceva bene, quella dell'abbandono.
Fotografie in Re
Maggiore – Claudia Bresolin
I titoli di coda
scorrevano bianchi sullo schermo nero.
Non avevamo mai
avuto fretta di uscire dalla sala alla fine della proiezione. È
gradevole poter discutere del film, ancora protette dalla luce bassa
della sala, sedute sul comodo velluto, avvolte dalla leggera colonna
sonora. Livia fu piuttosto perentoria nella sua tesi:
– E dopo qualche
anno uno dei due si annoierà a morte dell'altro –
– Ma ci sono molte
persone che vivono storie del genere –
– Non oltre i
limiti di spazio e tempo. Soprattutto per quanto riguarda il tempo –
– Non è una
risposta troppo semplice? Insomma tutti dicono di quest’amore che
poi si affievolisce… ma… –
Livia non mi fece
terminare:
– Lo so, è una
spiegazione troppo semplice, ma è un dato di fatto. L’amore con
gli anni diviene affetto e questo nel migliore dei casi, ma noi
stiamo parlando di amore e non di affetto –
– Io trovo che ci
siano amori così forti che se sono in grado di superare qualsiasi
ostacolo, possono sopportare anche il tempo –
– Con baci freddi
e sguardi stanchi –
L’accogliente sala
del cinema, solitaria. Le poltrone rosse, l’illuminazione soffusa,
le parole sono solo bisbigli. Il pavimento è silenzioso, soffice, e
occasionalmente accompagnato da qualche popcorn, perdonabile. Ce ne
andammo.
La porta di casa si
chiuse di colpo, Livia pensava ancora al film:
– Tu pensi che
Andrea sia il tuo amore, l’amore eterno? –
Aprendo una
bottiglia di vino rosso, esitai a rispondere:
– Non so –
Livia posò il vetro
di due bicchieri sul tavolo, il loro tintinnio intimò una mia
risposta, un’indecisione falsa e ridicola:
– Non so –
Corressi la mia
risposta:
– Sì. Sì, non
può essere nessun altro e nient’altro –Tra me e Andrea un
sottile filo, come quello di una ragnatela, ma più forte, tanto che
non poteva esser distrutto da nessuna persona o circostanza.
Il
vino nei bicchieri illuminava la conversazione. Un sorso destò la
mia bocca:
– Penso che gli amori più intensi siano quelli mai
esistiti, quelli inventati, nella letteratura, da un dipinto, dal
cinema o che so io –
– Quelli che non
esistono. Quelli che finiscono all’inizio, all’apice: non sapremo
mai se Darcy dopo cinque anni abbia provato solo affetto per Lizzie,
quindi per noi rimarrà sempre intenso e senza fine –
– Già, in qualche
modo per noi è perfetto così. O Heathcliff e Cathy, insomma, non
sono mai stati uniti, ma il loro amore è per sempre –
– Con una vita e
un finale così allegro! –
– Ma forse per
certi versi ancora invidiabile –
– In questo caso
preferisco pensare a Lizzie e Darcy, qualcosa di meno tormentato –
– Baby,
when it's love if it's not rough it isn't fun –
Il Professionista
- Flavia Cantini
Nell’umida e
fatiscente camera da letto della vecchia casa, Saverio diede, per
l’ennesima volta, una rapida occhiata al monitor del suo
preistorico notebook e si accinse sconsolato, come sempre, a
eliminare tutti i messaggi di Spam che intasavano la casella di posta
elettronica.
Niente da fare,
nessuna risposta alle tante, troppe, e-mail che aveva inviato, pieno
di speranza, per proporsi ad aziende, studi e uffici vari con
l’intento di iniziare a lavorare, a guadagnare qualcosa o, almeno,
a fare gavetta.
Si era laureato un
anno prima in Architettura con il massimo dei voti ma non pretendeva
“chissà cosa” agli inizi: si accontentava benissimo di poter
accumulare esperienza, arricchire il curriculum ed era disposto ad
accettare anche un semplice rimborso spese.
Eppure nulla,
nessuna risposta, nessuna chiamata, al massimo un paio di
“Attualmente, visto il periodo di crisi che stiamo attraversando,
non possiamo assumere neanche stagisti a titolo gratuito. Siamo
spiacenti. Cordialmente” che rendevano la ricerca ancora più
assurda e frustrante.
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“Prego, si
accomodi. Questo è l’ufficio del Capo. Parleremo in tutta
tranquillità” disse ancora l’uomo, indicando una porta a vetri
sulla destra che si affrettò ad aprire.
Saverio entrò
sforzandosi di mantenere un atteggiamento calmo e sicuro e, subito,
un uomo sulla cinquantina si alzò e gli diede un caloroso benvenuto
con una vigorosa stretta di mano.
“La stavamo
aspettando. E’ sempre un piacere incontrare giovani volenterosi con
cui poter sperare di avviare una proficua collaborazione. Ma si sieda
pure” continuò, indicando una poltroncina (uguale a quelle
dell’ingresso) al ragazzo che stava impacciato al centro della
stanza.
Si sedettero tutti e
tre “nell’angolo relax” ricavato accanto alla finestra in
quell’enorme ufficio che ospitava anche una libreria in noce con
volumi pregiati, un divanetto francese a due posti bianco, una
scrivania in noce e due esemplari ben curati di bamboo medi.
“Caffè, liquore,
cocktail, acqua? Cosa gradisce?” chiese poi il Capo sorridendo.
Saverio, in evidente
soggezione, optò per un bicchiere d’acqua naturale.
“Bene, passiamo
alle presentazioni. Io mi chiamo Francesco e lui è Daniele, il mio
assistente o braccio destro che dir si voglia. Lei è…? Va bene
solo il nome, per ora”.
“Saverio”
rispose il giovane schiarendosi un poco la voce. Non sapeva perché
ma avvertiva una strana sensazione, come se qualcosa lo mettesse in
guardia da quello che non sembrava un convenzionale colloquio e da
quelle persone forse anche troppo gentili.
“Ah, benissimo.
Abbiamo ricevuto la sua mail. Ci racconti un po’ di lei”.
Il ragazzo sorrise e
cercò di superare la timidezza focalizzandosi sui punti chiave del
suo curriculum e delle sue esperienze.
“Ho venticinque
anni, mi sono laureato in Architettura, ho seguito corsi di design
anche al di fuori dell’ambiente accademico, ritengo di avere una
buona capacità di relazionarmi con gli altri…”
I due sembravano
ascoltare distrattamente e lo interruppero a metà discorso.
“Bene, bene” il
Capo si accese una sigaretta e fissò Saverio negli occhi per
domandargli: “Ora, come sa, noi non ci occupiamo di Design ma di
altro. Come si pone di fronte all’eventualità di svolgere un
lavoro diverso da ciò per cui ha studiato?”
Saverio rispose
prontamente: “All’inizio io mi accontento, il periodo è davvero
difficile e non vi nascondo che un lavoro mi farebbe più che comodo”
“Qualsiasi
lavoro?” insistette il signor Daniele.
“Sì… direi di
sì, non credo di avere molta alternativa purtroppo, almeno non per
il momento”
Il Capo annuì
pensieroso e accartocciò la sigaretta in un posacenere d’argento.
“Noi siamo ben
felici di ampliare l’organico, di avere nuovi collaboratori ma il
lavoro che proponiamo non è per tutti. Io posso farle una proposta.
Ma” aggiunse serio passando al tu “parliamo di cose che
potrebbero non farti piacere”
Saverio sentì un
brivido freddo lungo la schiena. Non gli piacque il tono usato dal
Capo ma non se la sentì di replicare per cui alzò le spalle in
segno di noncuranza.
“Non ti occuperà
tutto il giorno questo lavoro. Niente turni ne full time, part time o
roba simile. Sarà a chiamata. Ma dovrai essere sempre reperibile,
passasse anche un mese senza ricevere notizie da parte nostra” il
Capo fissava Saverio con occhi imperscrutabili.
“Massimo riserbo.
Silenzio. Serietà. Non una parola, che sia una, con altri. Anonimato
e dissimulazione. Te la senti? Posso dirti quale sarà la tua
mansione e di cosa ci occupiamo?” chiese poi, con voce tagliente.
Lieve come la
neve - Chiara Trabalza
Prendemmo in
prestito la macchina dei miei genitori e ci dirigemmo verso Notre
Dame. Parcheggiammo e ci avviammo a piedi lungo il ponte sulla Senna.
Era una bella serata di luna piena, di quelle così grandi e rotonde
con il contorno bianco di nuvole come si vedono nei film romantici.
L’aria era fresca ma non pungente e il cielo era ricco di stelle,
una cupola luminosa e luccicante sopra le nostre teste. Ci fermammo
lungo Pont des Arts, appoggiandoci alla ringhiera ricolma di mille
lucchetti, infinite promesse d’amore delle tante coppie di
fidanzati che si giuravano il loro amore eterno in quel modo buffo e
romantico allo stesso tempo. Andrea si avvicinò
a me poggiando le sue mani sui miei fianchi e nascose il viso sul
mio collo annusandomi, con quel suo gesto che mi piaceva così tanto.
E in quel momento, all’improvviso, percepii
qualcosa di inarrestabile che mi salì su fin dallo stomaco e che
arrivò fino alle mie labbra, un moto d’amore che non potevo più
trattenere. «Ti amo amore mio» dissi in un sussurro perdendomi nei
suoi occhi che riflettevano la luce argentata della luna. Le parole
mi uscirono da sole dando voce ai miei pensieri, senza filtri
e senza che riuscissi a trattenerle. Mi resi conto che, da quando
stavamo insieme, io non gli avessi ancora mai detto di amarlo. Troppo
spaventata per aprire il mio cuore avevo sempre tenuto per me,
nascosti in fondo al mio animo, i sentimenti che provavo per Andrea.
Decisi di aprirgli il mio cuore, là, in quel momento. Era giusto che
anche io gli facessi capire quanto davvero lui fosse importante per
me e quanto io lo amassi. Era arrivato il momento di dire basta alle
paure e ai fantasmi del mio passato. Ero una donna nuova, più matura
e più forte, consapevole di me stessa e dei miei sentimenti e amavo
un uomo alla follia, oltre ogni ragionevole dubbio. E quell’uomo
era là davanti a me, si perdeva nei miei occhi, si abbandonava alle
mie labbra, era una dichiarazione d’amore continua. Volevo essere
onesta anche io con lui e giocare le mie carte.
Ora che avete fatto conoscenza con i
romanzi protagonisti del blogtour, potete seguire i loro consigli da
stress da rientro nella prossima tappa: 20 settembre nel blog
Les Fleurs Du Mal
E non dimenticatevi di commentare per
partecipare al give away!