mercoledì 25 gennaio 2023

Recensione: "Il Secondo Piano" - Ritanna Armeni


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Titolo: Il Secondo Piano

Autrice: Ritanna Armeni

Editore: Ponte alle Grazie



Ci sono scrittori, che hanno la capacità di prendere per mano il lettore e condurlo tra le pagine del libro, facendogli vivere e percepire tutta l'intensità e l'emozione del romanzo. Lo accompagna, pagina dopo pagina, a conoscere storie straordinarie e poco note, per ridare luce a persone ed eventi che la storia ha taciuto, dimenticandoli e negando loro il giusto tributo.

Ritanna Armeni riesce sempre, con i suoi libri, a far riemergere dal passato, ricordi ed eventi che hanno avuto una grande rilevanza, non solo storica, ma anche nella vita di molte persone. Questa volta il suo sguardo si è posato su una storia particolare, avvenuta durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale, e la sua penna ha tratteggiato, e ridato vita, alle protagoniste del libro: sette donne piene di fede.

Andiamo con ordine e prepariamoci ad un salto temporale di circa ottant'anni. Torniamo indietro nel tempo, esattamente a Roma nell'ottobre del 1943. Un mese dopo la firma dell'armistizio, la situazione in Italia non è migliorata, gli alleati, sbarcati in Sicilia, nel luglio di quell'anno, procedono lentamente la loro avanzata per la liberazione del paese. L'esercito tedesco li tiene bloccati lungo la linea Gustav, che difendono strenuamente. Roma dichiarata “città aperta” ad agosto, è sotto il controllo dei tedeschi che reprimono e opprimono la popolazione in ogni modo. Rastrellamenti nei quartieri, sospensione dei trasporti, interruzione di gas e luce, coprifuoco e, riduzione dei generi alimentari. La popolazione è affamata, sfiduciata, ma la Resistenza continua la sua lotta contro la feroce repressione dei nazisti.

Per ora lasciamo da parte la Resistenza e volgiamo lo sguardo verso un punto ben preciso della città: il Convento delle Francescane della Misericordia di Poggio Moiano, nel nuovo quartiere sulla via Salaria. Il convento è abitato da sette suore che vivono in povertà e armonia. Una vita semplice scandita dalle preghiere e dalle mansioni quotidiane, ma la tranquillità sta per essere stravolta da un arrivo improvviso. Il 16 ottobre 1943 bussano alla porta due famiglie in cerca di rifugio. Sono due famiglie ebree sfuggite al rastrellamento del Ghetto, avvenuto qualche ora prima. Hanno percorso tantissima strada per giungere a loro, su consiglio delle Maestre Pie delle Botteghe Oscure. Le nostre protagoniste li fanno entrare e dopo un breve consulto con Madre Ignazia, la responsabile del convento, decidono unanimemente di accoglierli e, possibilmente, salvarli.

Il secondo piano diventa il loro rifugio; ed è proprio da questo incontro che prenderà vita il romanzo, facendo rivivere una storia realmente accaduta. La storia di sette sorelle che hanno aperto le porte, non solo del convento, ma della propria anima per accogliere e aiutare 12 persone innocenti.

...Non posso dire che le vostre tribolazioni siano finite...però noi faremo quel che possiamo...non possiamo molto, ma lo faremo.”

(citazione tratta dal testo)

Con questo libro, Ritanna Armeni non racconta una semplice storia di convivenza, ma offre al lettore la possibilità di osservare più da vicino le loro vite, per comprendere le loro azioni, le scelte intraprese, entrando in empatia con i loro pensieri, in particolare con quelli di Madre Ignazia e della novizia Suor Lina. L'autrice intervalla ai paragrafi del romanzo, i diari delle due suore, e questo ci pone in una posizione privilegiata, perché ci permette di entrare in empatia con loro, percependo le emozioni, le paure e i molteplici dubbi che assillano Madre Ignazia e le altre suore.

Le sorelle non hanno avuto alcuna esitazione nel voler aiutare i profughi ebrei, ma ora devono trovare la forza e il coraggio per lottare contro la paura di essere scoperte. Una paura che si tramuta in terrore quando, nelle sale adiacenti al convento, si insedia un'infermeria tedesca. La tensione si fa più pressante, perché questa ulteriore convivenza costringe le nostre protagoniste a trovare altri stratagemmi per tutelare i profughi. Variano parte della loro routine quotidiana, ma in maniera impercettibile per non destare l'attenzione dei tedeschi, che sono sempre più diffidenti verso i preti e le suore.

Ora dobbiamo prendere tutte le precauzioni perché per nessun motivo i tedeschi salgano al secondo piano. Dobbiamo essere pronte in caso di pericolo e dare l'allarme con il campanello vicino alle scale. Non perdere mai di vista i bambini. Fornire a tutte le donne un abito da suore. Erano pronte – ho chiesto, a raddoppiare le attenzioni, a vivere senza perdere mai il controllo, a sacrificare anche quel po' di vita personale che rimane a chi ha scelto di dedicarsi all'amore di Dio? Le ho guardate. Mi aspettavo volti tristi e rassegnati, invece le ho viste rianimarsi. La sfida aveva preso il posto della paura.”

(citazione tratta dal testo)

Le sette suore non sono state le uniche a ospitare ebrei, disertori, ex militari etc., molti altri hanno aperto le porte di seminari, parrocchie, conventi; alcuni nascondendo, addirittura, una tipografia per stampare documenti e carte d'identità false per aiutarli nelle fughe o per ottenere le tessere alimentari, vitali per dar da mangiare a tutti quegli ospiti. Documenti correttamente timbrati dai sigilli ufficiali del Vaticano, grazie ad aiuti esterni e collaborazioni che hanno permesso di salvare moltissime persone. Anche le nostre protagoniste, ricorrono a questi aiuti perché per loro, che vivono grazie alla carità cristiana e ai raccolti dell'orto, è sempre più difficile riuscire a sfamare tutti in maniera adeguata e dignitosa.

Ricerca del cibo, tutela degli ospiti sono solo alcuni dei problemi con i quali dovranno scontrarsi, perché per loro la preoccupazione più grande riguarda il tenere fede ai voti presi e al Santo Padre. Sono dilaniate dai dubbi, perché questa nuova situazione le porta a mentire ai tedeschi per difendere “il secondo piano” e le famiglie presenti. Inoltre, non sanno se ospitare dei profughi ebrei sia vista di buon occhio dalla Santa Sede, perché non ci sono documenti ufficiali che indicano direttive e condotte da seguire, e grazie ai diari di Madre Ignazia possiamo leggere e comprendere le sue lotte interiori, ma anche la forza della sua fede e la devozione alla Vergine Maria.

Madre Ignazia è il personaggio più complesso e, per me, più bello e intenso. Lei è il fulcro del romanzo e di tutti gli altri personaggi, perché è il punto di riferimento, colei che si interfaccia con i tedeschi, che cerca di gestire al meglio il convento cercando di far convivere tutti in armonia. È una donna tenace e al tempo stessa severa e indulgente, cerca, come può, di comprendere e risolvere le varie situazioni che si presentano, mantenendo il giusto equilibrio e facendo sentire e vivere le consorelle tranquille, cercando di calmarle, rassicurarle e rasserenarle, dirigendole verso il giusto, consigliando e redarguendo. Madre Ignazia aiuta incondizionatamente, ma lei stessa ha bisogno di essere rassicurata, sostenuta e consigliata e per questo si rifugia sempre di più nella preghiera e nella fede.

Ogni suora è differente per carattere e compiti all'interno del convento, difficile non affezionarsi alle loro persone. Suor Emilia gestisce l'amministrazione e si occupa di garantire i pasti a ognuno degli ospiti. Suor Maria Rita si occupa delle pulizie; Suor Elisabetta della cucina e poi abbiamo Suor Grazia, Suor Benedetta e, infine Suor Lina, la novizia che ha bisogno di essere guidata e che imparerà molto durante i nove mesi in cui gli ospiti alloggeranno nel convento.

Nove mesi in cui, anche noi, impareremo molto, non solo della vita nel convento, ma anche tutto ciò che avviene fuori, tra le strade di Roma. Rastrellamenti, insurrezioni da parte della Resistenza con attacchi contro le colonne tedesche e le conseguenti rappresaglie dei nazisti per vendicarsi, uccidendo civili spesso innocenti, come ad esempio l'attentato di Via Rasella contro una compagnia tedesca e il conseguente eccidio alle Fosse Ardeatine.

La maestosità della città eterna era avvolta nell'angoscia, sopraffatta dalla prevaricazione. Roma sembrava rassegnata al sopruso. Silenziosa, impotente. A uno sguardo meno timido si sarebbe rivelata anche diffidente, scostante, indocile.”

(citazione tratta dal testo)

La vita in città è sempre più difficile e pericolosa. Ogni giorno, la popolazione è costretta a fare i conti con i bombardamenti degli alleati, i rastrellamenti, gli arresti e le uccisioni da parte dei tedeschi, la fame e un altro nemico, ancora più subdolo e pericoloso: le spie.

All'epoca erano in molti a fare la spia perché le segnalazioni erano ben pagate, basti pensare che, ad esempio per segnalare un uomo si guadagnava 5000 lire, una cifra alta per chi non aveva più nulla e doveva mangiare. Questo fa seriamente riflettere su quanto la guerra e la fame possano trasformare le persone.

Tutte queste informazioni sono perfettamente inserite nel testo, in più, Ritanna Armeni aggiunge, ai capitoli, alcune righe scritte in corsivo, che spiegano nel dettaglio i fatti storici reali, legandoli e contestualizzandoli al momento in cui si svolge la trama. Piccoli frammenti che ci aiutano a comprendere meglio la realtà di quegli anni, aggiungendo ulteriori tasselli e ampliando la nostra conoscenza storica.

Apprezzo molto questi inserimenti storici, perché mi aiutano ad avere un quadro più ampio e completo, permettendomi di comprendere meglio alcune situazioni, alcuni eventi che non conoscevo o su cui non ho mai riflettuto attentamente, come ad esempio i dubbi di Madre Ignazia riguardante il giusto comportamento e l'approvazione del Santo Padre etc. Con questi spunti di riflessione, l'autrice, scardina il pensiero del lettore ponendogli ulteriori punti di vista, lasciandolo riflettere a fondo su ciò che è giusto o sbagliato, su verità e bugia etc. ma soprattutto, gli dona ulteriori chiavi di lettura del periodo storico e dell'animo umano.

L'autrice, anche questa volta, è riuscita a regalare ai lettori una storia diversa, emozionante e istruttiva sotto ogni punto di vista, storico e umano. Una storia scoperta per caso che Ritanna Armeni ha studiato, approfondito fino ad arrivare al convento di poggio Moiano e alla vera storia delle sette suore e degli ospiti ebrei. Inoltre, grazie al diario di Madre Ignazia l'autrice ha potuto approfondire meglio la figura, i pensieri e i dubbi della suora.

Ho capito che, ancora una volta, una vicenda straordinaria che riguardava le donne non era stata narrata. Che le suore e le monache, a cui in tanti dovevano gratitudine, erano state taciute, dalla storia o solo, di tanto in tanto, menzionate.”

(Ritanna Armeni)

“Il secondo piano” è un libro bello, scorrevole e mai pedante. Sa legare a sé il lettore, portandolo tra le strade di Roma, tra i corridoi del convento, in cucina o sulle scale per raggiungere il secondo piano e conoscere le 12 persone nascoste. Ci conduce, in particolare, nei cuori e nelle anime di sette donne che hanno rischiato la loro vita per proteggere degli innocenti, perseguendo sempre la loro fede cristiana, basata sulla carità, l'obbedienza a Dio e l'attenzione verso il prossimo. Hanno sempre posto l'Altro al centro, e mai loro stesse, ma questa volta Ritanna Armeni ha dato loro il giusto merito, ponendole in primo piano e riportando alla luce la loro storia.

Ve lo consiglio? Assolutamente sì, perché questo libro aggiunge un ulteriore tassello storico che ci permette di aprire ancora di più la mente alla conoscenza e a noi stessi, ricordandoci l'importanza dell'amore per il prossimo e il rispetto dell'Altro.

Buona lettura!


Marianna Di Bella



(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro.

venerdì 20 gennaio 2023

Recensione: "A proposito di lei" - Banana Yoshimoto

 

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Titolo: A proposito di lei

Titolo Originale: Kanojo ni tsuite

Autrice: Banana Yoshimoto

Editore: Feltrinelli




Buongiorno e buon venerdì,

oggi torno qui sul blog per parlarvi di un libro di Banana Yoshimoto. Mi piacciono i suoi libri, i temi trattati, le atmosfere e, soprattutto, la sua scrittura. Ogni volta che leggo qualcosa di suo ho sempre la sensazione di tornare a casa o in un posto tranquillo e sicuro, infatti, quando mi capitano i “momenti no” della vita, mi rifugio nei suoi testi.

Questa volta la mia scelta è andata su “A proposito di lei” perché, leggendo la trama, pensavo di scoprire un storia delicata e riflessiva, invece, mi sono ritrovata a leggere una storia che mi ha sorpresa e destabilizzata. Un romanzo con sfumature tragiche, cupe, surreali e con un mistero da svelare.

La lettura, inizialmente, mi ha disorientata ma ho continuato, nonostante l'atmosfera cupa che si andava respirando pagina dopo pagina. Una volta terminata e aver scoperto il finale, mi sono presa del tempo per metabolizzare le sensazioni vissute e riflettere sulla storia e, sinceramente, questa pausa mi ha aiutata facendomi apprezzare il libro pur con qualche riserva; ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire di cosa parla questo testo.

I protagonisti sono Yumiko e Shōichi, due cugini che non si vedono da tantissimi anni, più o meno dall'infanzia. Da bambini giocavano insieme e andavano molto d'accordo. Le madri erano sorelle e per questo si incontravano spesso, poi, per qualche misterioso motivo le due donne litigano e si allontanano definitivamente, interrompendo, così, anche la frequentazione dei due bambini.

Dopo molti anni, Shōichi riappare nella vita di Yumiko per rispettare le ultime volontà della madre: prendersi cura della cugina e aiutarla a ricordare. Cosa? Beh è questo il mistero che dovrà svelare la ragazza e con esso il lettore, perché Yumiko non ricorda il suo passato, soffre di amnesia e la sua memoria presenta dei grandi buchi neri che non le permettono di ricordare alcuni fatti salienti del suo tragico passato. Sì, avete letto bene, tragico perché la sua esistenza è segnata dalla morte dei genitori e dall'efferato omicidio commesso dalla madre.

È solo in momenti come questi che capisco la portata dello choc che avevo subìto. Per quanto cerchi di chiuderli in una scatola, facendo finta che non esistono, questi buchi della memoria si aprono dentro di me come enormi trappole.”

(citazione tratta dal testo)

Cosa è accaduto? È ciò che dovrà scoprire Yumiko attraverso un difficile percorso di riappropriazione della memoria e di sé. Un viaggio introspettivo che la vedrà, non solo affrontare i fantasmi del passato, ma anche riscoprire se stessa e il rapporto con il cugino, che non la lascerà mai sola in questo percorso di scoperta.

Yumiko è una ragazza particolare, non ha un lavoro fisso, vive grazie all'aiuto degli amici, quando è giù di morale i suoi pensieri sono cupi e non ama i legami, perché non vuole coinvolgere nessuno nel suo oscuro passato.

Non è facile esprimere alle persone la sensazione di essere una specie di agente patogeno. Il mio solo esistere fa sì che ogni luogo si tinga sottilmente di un'ombra di morte, e in questo non vi è niente di buono, se non il fascino di aggiungere al rapporto tra uomo e donna una sfumatura cupa. Vivere così, dopo aver fallito in tante cose e senza alcuna capacità, in realtà è di una tristezza infinita.”

(citazione tratta dal testo)

Inoltre, la ragazza ha una grande capacità nello sconfiggere la tristezza e ritrovare il piacere nelle piccole cose della vita, nella loro bellezza e nella voglia di vivere.

Un personaggio strano e, per certi versi complesso, che saprà conquistare l'attenzione e la curiosità del lettore.

...voglio vivere, mi dico con tenacia. Voglio continuare a vedere cose belle come queste per un po' di tempo...”

(citazione tratta dal testo)

Banana Yoshimoto ha scritto un libro dalla trama particolare e con un finale imprevedibile ma, non aspettatevi un testo dai grandi colpi di scena o azioni particolari, al contrario, è lento. Una lentezza che ci permette di entrare meglio tra le pieghe dell'anima della protagonista e della sua storia.

L'autrice, anche in questo romanzo, ha inserito gli elementi tipici della sua narrazione: il tema della morte, l'analisi dell'animo umano, la natura come elemento di guarigione, gli elementi magici, la dolcezza, il dolore e la speranza. Tutti questi elementi fusi insieme, mescolati con un pizzico di surrealismo, inquietudine e tragicità hanno dato vita a questo romanzo. Un testo che, pur essendo diverso, strano e imprevedibile, offre molti punti su cui riflettere, come ad esempio l'importanza di ricordare e rievocare il passato, anche se si corre il rischio di venire sommersi dal dolore.

Rievocare il passato è doloroso ma è anche prova di coraggio, perché ci costringe a lottare e superare la sofferenza, ed è quello che si ritroverà a fare la protagonista, accompagnata dal cugino che, con pazienza e dolcezza, l'aiuterà a svelare e ritrovare il suo passato e se stessa, scoprendo anche qualcosa che forse non avrebbe voluto sapere, ma non vi dirò altro. Per saperne di più dovete solo continuare la lettura.

Sapere non è mai un male.”

(citazione tratta dal testo)

Buona lettura.




Marianna Di Bella

lunedì 9 gennaio 2023

Review Party: "La bambina di Auschwitz" - Tova Friedman; Malcolm Brabant

 



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Titolo: La bambina di Auschwitz
Titolo Originale: The Daughter of Auschwitz
Autori: Tova Friedman  
                 Malcolm Brabant
Editore: Newton Compton Editori



Buongiorno lettori,

inizio questa nuova settimana con un libro intenso che mi ha fatto provare sensazioni forti e contrastanti. Dolore, rabbia, tenerezza, disgusto, terrore sono solo alcune delle emozioni vissute, perché la storia è profondamente toccante e riesce a far emozionare in alcuni passaggi, mentre in altri il sangue si gela nelle vene per la cattiveria, la freddezza e le atrocità perpetrate contro milioni di innocenti.

Un libro intenso sotto ogni punto di vista. Una voce importante che deve essere ascoltata, letta e vissuta con ogni fibra del nostro essere.

Voce narrante di questo testo è Tova Friedman, una donna di 83 anni che decide di aprire la sua anima per raccontare la sua storia. La donna affida, a noi e alle nuove generazioni, i suoi ricordi più importanti e dolorosi perché vengano tramandati e salvati dall'oblio dell'ignoranza e del negazionismo storico.

Tova Friedman è stata una delle più giovani sopravvissute al campo di sterminio nazista Auschwitz-Birkenau. Quando il lager venne liberato dai russi, nel 1945, lei aveva solamente 6 anni.

Auschwitz è impresso nel mio DNA. Quasi tutto quel che ho fatto nella mia vita dopo la guerra, tutte le decisioni che ho preso sono state plasmate dalle mie esperienze durante l'Olocausto.”

(citazione tratta dal testo)

Tova Friedman nasce nel 1938 a Gdynia, in Polonia. La sua infanzia è segnata dalla violenza e dalle atrocità perpetrate dai nazisti. Cresce ignorando cosa sia il gioco, il divertimento, la libertà.

Nel 1941, a soli tre anni, vive nel ghetto di Tomaszów Mazowiecki insieme ai suoi genitori, condividendo un piccolo appartamento con altre famiglie, sotto la stretta sorveglianza dei nazisti. Non hanno elettricità, vivono praticamente al buio, perché le finestre devono essere oscurate, lo spazio è piccolo e le condizioni igieniche lasciano a desiderare. A soli tre anni vive prigioniera, con la costante paura di vedere sparire, da un giorno all'altro, amici e parenti.

È una bambina impavida con un innato spirito di resistenza. È ubbidiente e impara presto a seguire le regole impartite dai tedeschi e, in particolare dalla madre, che farà di tutto per salvarla, insegnandole a: non guardare mai negli occhi i soldati nazisti per non scatenare la loro rabbia e cattiveria; cercare di passare inosservata e, cosa più importante, di non piangere o mostrare alcuna emozione davanti a loro per evitare ritorsioni.

La mamma sarà un grande punto di riferimento per lei in quella situazione, la proteggerà in ogni modo, nonostante il grande dolore che ha dovuto seppellire in fondo al suo cuore. La donna ha assistito alla morte di familiari e amici, e questo ha logorato in maniera significativa la sua anima.

Ricacciò tutte le sue lacrime e il suo tormento nelle profondità della sua anima per non farli uscire più.”

(citazione tratta dal testo)


Ad ogni nuovo omicidio, una lapide si cementava sulla sua anima.”

(citazione tratta dal testo)

Tova Friedman cresce assistendo, anche lei, all'uccisione di migliaia di innocenti. È costretta, insieme ai suoi genitori, a rimuovere i cadaveri, a eliminare le tracce di massacri, a smistare e inscatolare i vestiti delle persone uccise. È costretta a obbedire per sopravvivere.

La morte e la violenza sono le uniche costanti nella sua infanzia. A questi si aggiungono i continui spostamenti, dal ghetto a una fabbrica di armi e poi, alla destinazione finale: il lager di Auschwitz-Birkenau. Un nome che, ancora oggi, incute terrore e ricorda solo morte.

Tova e la madre cercano di sopravvivere a tutti i costi, perché ogni giorno vissuto in più rappresenta, per loro, un atto di ribellione contro le forze naziste. Fortunatamente ci riescono, e nel 1945 il lager viene liberato dall'esercito russo, ma se pensate che il libro finisca con la liberazione, vi sbagliate di grosso, perché l'autrice, con il suo racconto personale, ci conduce oltre la prigionia. Ci permette di entrare ancora di più nella sua vita, mostrandoci le difficoltà affrontate per reintegrarsi nella vita quotidiana, dopo le esperienze traumatiche vissute nei lager e nei ghetti. Tornare a casa, nella propria città, voleva dire scontrarsi contro un muro di diffidenza, ostilità e odio. Oppure contro la propensione di molti nel non voler ascoltare le loro tragedie, fare finta di nulla per non vedere il loro dolore e, cosa ancora più grave, cercare di dimenticare e far cadere nell'oblio della memoria le atrocità subite da milioni di innocenti.

Il suo spirito di resistenza la salverà di nuovo, infatti, questa autobiografia ne è la testimonianza. La donna ha sempre vissuto con la consapevolezza di dover vivere in maniera significativa, per onorare tutte quelle persone che sono morte durante l'Olocausto; decidendo, ad un certo punto della sua esistenza, di raccontare la sua storia a tutti, perché è fondamentale ricordare le atrocità del passato e dare voce a coloro che non possono più parlare.

Sono una sopravvissuta. E per questo ho l'obbligo del sopravvissuto: rappresentare il milione e mezzo di bambini ebrei assassinati dai nazisti...”

(citazione tratta dal testo)

Tova Friedman ci invita a leggere cercando di captare con tutti i nostri sensi la sua storia, perché solo così si può capire come e cosa ha vissuto, e credetemi, questa è una lettura in grado in far provare contemporaneamente molteplici sensazioni: dolore, rabbia, sconforto, tenerezza etc.

Le sue descrizioni sono un pugno nello stomaco, per la crudezza e la freddezza dei nazisti nel voler consapevolmente e sistematicamente sterminare un intero popolo. Ed è proprio questa sistematicità, questa determinazione e freddezza a voler togliere, in ogni modo, la vita e la dignità di milioni di esseri umani, che colpisce e toglie il fiato al lettore.

Fortunatamente, l'autrice non toglie questa dignità, al contrario, la restituisce non entrando mai nei particolari delle uccisioni o delle violenze fisiche, facendo emergere, invece, la disumanizzazione a cui sono stati sottoposti e che, personalmente, ho trovato più agghiacciante.

Leggere questa autobiografia, ha rappresentato per me un altalenarsi di emozioni, ho sofferto e mi sono arrabbiata per quasi tutto il libro e alcune descrizioni mi hanno toccata in maniera particolare, come ad esempio il racconto del viaggio in treno di Tova e sua madre, per raggiungere il lager di Birkenau. Un viaggio disumano, 36 ore in piedi, incastrate con altre centinaia di donne, senza potersi muovere o sedere, senza acqua e con un caldo soffocante. Erano affamate, disidratate, terrorizzate e umiliate. Questa è stata una delle parti che più ha segnato la mia lettura, perché ho percepito distintamente quell'umiliazione e, al tempo stesso, mi sono sentita completamente inerme davanti a tale atrocità. Non vi racconterò altri episodi perché, farlo vorrebbe dire, anticiparvi troppo togliendovi la possibilità di percepire il libro seguendo le vostre personali sensazioni.

Si nutrivano della nostra debolezza.”

(citazione tratta dal testo)

“La bambina di Auschwitz” è un'autobiografia piena di emozioni, storie, avvenimenti. Tova Friedman si considera una narratrice, non una scrittrice, per questo motivo ha chiesto l'aiuto dell'inviato di guerra, Malcolm Brabant per la stesura del testo. Grazie a un'attenta ricostruzione storica, ai documenti e ai ricordi dell'autrice, il giornalista è riuscito a realizzare un testo scorrevole e leggibile.

Il tatuaggio è la mia dichiarazione di testimonianza. Ero lì. Avevo visto quello che era successo.”

(citazione tratta dal testo)

È doloroso far riaffiorare i ricordi del passato, in particolare, le atrocità, le violenze subite, per questo ringrazio personalmente l'autrice per aver condiviso la sua vita, le sue sofferenze e i suoi ricordi.

«Ricorda», le disse la mamma quando lasciarono Birkenau da donne sopravvissute e libere.

«Ricorda», ripeto a me stessa e a voi.

Buona lettura


Marianna Di Bella



(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro

giovedì 5 gennaio 2023

Recensione: "Lettere da Babbo Natale" - J.R.R. Tolkien

 

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Titolo: Lettere da Babbo Natale

Autore: J.R.R. Tolkien

Editore: Bompiani




Quante letterine abbiamo scritto a Babbo Natale, durante la nostra infanzia, per chiedere quei giocattoli che desideravamo trovare sotto l'albero, la mattina di Natale? Tante. Ognuna era particolare e speciale perché raccontava la nostra infanzia.

Ricordo ancora i momenti dedicati alla scrittura della letterina; erano per me magici e intensi, prendevo un foglio pulito, una bella penna e davo sfogo alla scrittura riversando su quella pagina i miei sogni di bambina. Scrivevo a Babbo Natale come se fosse qualcuno di famiglia, una sorta di nonno gentile, accudente e comprensivo, anche quando non sempre mantenevo il buon proposito di fare la brava, studiare etc. ma ammettiamolo, chi riusciva a mantenere quelle piccole promesse? Nessuno, però, che meravigliosa sorpresa sarebbe stato ricevere una sua lettera, una risposta alle nostre domande e ai nostri pensieri. Probabilmente sarebbe stato il regalo più bello tra tutti quelli ricevuti, perché ci avrebbe dato l'idea di avere un rapporto unico, speciale e magico. Un sogno bellissimo che, personalmente, avrei voluto vivere; ma so che qualcuno è riuscito a realizzare questo sogno, grazie a un padre e scrittore famoso, che ha regalato ai suoi figli la possibilità di colorare, ulteriormente, la loro infanzia, con ricordi unici e meravigliosi.

Sto parlando di J.R.R. Tolkien e dei suoi figli John, Michael, Christopher e Priscilla.

Le prime lettere iniziarono ad arrivare in casa Tolkien nel dicembre del 1920, perché il primogenito dello scrittore aveva posto alcune domande al padre riguardante la figura di Babbo Natale: com'è? Dove vive?

J.R.R, Tolkien pensa bene di lasciare il compito di spiegare, al diretto interessato, facendogli scrivere una lettera di risposta. Babbo Natale risponde a John, il primogenito, parlando di sé, allegando a questo breve messaggio immagini che rappresentano lui e la sua casa, dando, così, la possibilità al bambino di avere una visione vera della sua identità e della sua vita.

Prende così inizio una corrispondenza che durerà negli anni, accompagnando l'infanzia e i natali di tutti i figli fino all'ultimogenita Priscilla.

Le lettere arrivano nei modi più strani e in tempi sempre diversi. A volte le consegna il postino con affrancature del Polo Nord, altre volte compaiono misteriosamente in casa dopo la visita di Babbo Natale.

All'inizio le lettere sono brevi e si limitano a semplici informazioni sulla sua vita quotidiana, sulla casa e il lavoro. Poi piano piano, diventano più lunghe e dettagliate, con racconti di disavventure divertenti, a volte inquietanti, oppure di battaglie epiche contro i goblin che tentano di rubare tutti i regali destinati ai bambini.

Le lettere raccontano dei suoi amici, degli Elfi della Neve, gli Uomini di Neve, gli Gnomi Rossi o dell'Orso Bianco del Polo Nord, suo primo e principale assistente. Un burlone, sbadato e pasticcione che movimenta la sua vita combinando una marea di guai, uno più stravagante dell'altro.

L'Orso Bianco non è un personaggio passivo all'interno del testo, perché partecipa attivamente alla scrittura delle lettere lasciando messaggi ai ragazzi e commentando con frasi e pensieri ironici, creando, in questo modo, dei siparietti divertenti con Babbo Natale.

J.R.R. Tolkien è riuscito a rendere tutto reale e meraviglioso. Ha curato ogni particolare, la consegna, l'affrancatura e, in particolare, la scrittura. Ogni personaggio che interviene, scrivendo o lasciando un commento nelle lettere, ha una calligrafia particolare e riconoscibile. Babbo Natale, ad esempio, scrive in maniera tremolante a causa del freddo e della vecchiaia. Orso Bianco, invece, scrive in maniera sgrammaticata perché non conosce la lingua inglese ma solamente quella artica, e il suo tratto è spesso e marcato, perché con le sue grandi zampe non riesce a tenere bene la penna. L'elfo segretario, infine, ha una scrittura particolare, diversa dagli altri, è più elaborata, elegante.

Tutti questi piccoli e importanti accorgimenti, rendono tutto credibile e magico.

J.R.R. Tolkien è riuscito, anche con questo testo, a far emergere la sua bravura, la bellezza della sua scrittura con avventure che fanno sognare a occhi aperti, desiderando fortemente di essere al fianco di Babbo Natale e di Orso Bianco e vivere le loro avventure/disavventure. Devo però avvertire che, la lettura di questo testo, potrebbe lasciare, in alcuni adulti, un pizzico di malinconia e tristezza, perché il libro oltre a farci sognare, ci riporta indietro alla nostra infanzia ma anche a quell'inevitabile passaggio che conduce all'adolescenza quando tutto smette di essere magico, soprattutto, Babbo Natale. Leggerlo nel libro, durante le varie fasi di crescita dei figli di Tolkien, ci fa avvertire ancora di più quel senso di nostalgia e tristezza per un periodo passato e che forse, ad oggi, vorremmo vivere ancora un po', giusto il tempo per accantonare un attimo alcuni problemi della vita quotidiana, tornare bambini, credere a Babbo Natale e vivere con lui grandi avventure.

Leggere questo libro è un regalo per i ragazzi e per quegli adulti che non hanno smesso di credere alla magia di Babbo Natale.

Buona lettura!


Marianna Di Bella