Titolo: Al posto del dolore
Autrice: Ilva Sartini
Editore: Affinità Elettive Edizioni
Pesaro.
Un maestoso complesso si erge
davanti a noi. È l'ex ospedale psichiatrico “San Benedetto”. Si
accede al suo interno da un cancello chiuso a chiave. Davanti a
questo cancello c'è una ragazza, sta aspettando che arrivi il
custode dell'edificio per poter entrare e ispezionare il posto.
Nell'attesa vi presento la ragazza.
Lei è Elisabetta, ha 30 anni è felicemente fidanzata ed è laureata
in architettura da diversi anni. Purtroppo la ricerca del lavoro
risulta più difficile di quello che pensava; ha seguito corsi,
master, ha partecipato a concorsi, ma gli unici lavori che è
riuscita a trovare sono sottopagati e a tempo. Naturalmente in queste
condizioni, non può acquisire quell'indipendenza economica a cui
tutti i giovani aspirano. Non può fare progetti, pianificare il suo
futuro o convivere, finalmente, con il suo fidanzato.
È sfiduciata e negli ultimi tempi
sta pensando di lasciare l'Italia, per cercare lavoro all'estero.
Andare via per lei è una sconfitta, perché crede nel suo paese e ha
sempre cercato di lottare per ridare forza, vitalità e futuro alla
sua cittadina; ma il suo ottimismo, sta soccombendo ai mille ostacoli
che sta incontrando sul suo cammino. Le è rimasta un'ultima
possibilità, partecipare al concorso di idee indetto dal comune per
migliorare e riqualificare il San Benedetto.
Ecco perché è li davanti a
quell'edificio in attesa del custode, deve ispezionare il posto per
riflettere su migliorie e progetti da realizzare. Oltrepassare quel
cancello, ora più che mai, rappresenta per lei varcare il confine
tra i sogni e la realtà, tra il suo futuro in Italia o in un altro
paese, tra chi era e chi sarà nelle prossime settimane.
Ecco il custode, vi va di visitare
questo immenso edificio e accompagnare Elisabetta durante la trama di
questo testo? Anche voi ne uscirete diversi...sicuramente migliori.
L'edificio è immenso e abbandonato
all'incuria e alle ferite inferte dal tempo che scorre. A terra ci
sono segni di calcinaccio, le scale sono polverose, le stanze umide e
i muri scrostati. L'edificio ospita quattro cortili, un immenso e
bellissimo giardino, tantissimi corridoi e innumerevoli stanze.
Stanze che ospitavano gli uffici amministrativi, il refettorio, i
laboratori artigianali, le camere dei pazienti, il salone dedicato ai
momenti collettivi dei ricoverati, il reparto delle “agitate”.
Un luogo di dolore, sofferenza e
disperazione. Tra le mura aleggiano ancora le voci e le sofferenze di
chi ha vissuto anni in questo posto, subendo cure pesanti a volte
anche mortali. Sì perché purtroppo molte persone, lungo quei
corridoi e nelle stanze, hanno incontrato la morte.
In una di queste camere, Elisabetta
trova alcune cartelle cliniche, perse durante vari traslochi,
incuriosita si ferma a guardare e leggere, scoprendo storie di
ricoverati. Da una di queste cartelle, cade una piccola foto che
ritrae una giovanissima ragazza.
Chi è? Perché è stata ricoverata
così giovane? Perché Elisabetta è subito incuriosita dalla sua
immagine?
La ragazzina è Angela, ricoverata
all'ospedale psichiatrico nel 1949 a soli 14 anni. La causa del
ricovero è da imputare a un calcio in testa, infertole da una mucca
mentre aiutava i fratelli durante i lavori nei campi. Il calcio le ha
provocato allucinazioni, incubi, stati di isolamento, a volte anche
apatia.
Una ragazzina dolce, sensibile forse
anche troppo che malauguratamente ha vissuto la sua infanzia durante
la seconda guerra mondiale, assistendo a violenze e uccisioni.
Una bambina che in tempo di guerra
ha visto la sua casa occupata dai tedeschi, ha dovuto convivere con
loro, assistendo a violenze, bombardamenti, sfollamenti e torture. Ha
ascoltato storie di immane violenza ed efferati omicidi, il suo mondo
era popolato da morte e disperazione e non da favole e gioia di
vivere come dovrebbe essere per ogni bambino.
Troppo per una bambina sensibile,
troppo per chiunque abbia vissuto in quegli anni.
Angela inizia ad avere incubi
terrificanti, estraniandosi e perdendo vitalità già prima del
calcio della mucca che non fa altro che riacutizzare quegli effetti.
Cosa è accaduto realmente ad Angela?
Soffre di schizofrenia come dicono i medici? Cosa nasconde e protegge
la sua mente? Cosa lega Angela ed Elisabetta? Solo l'ospedale?
Io vi lascio qui e non aggiungo
altro, ma tranquilli, il vostro viaggio all'interno di questo
bellissimo libro non finisce qui...continua, ma proseguirete da soli,
leggendo il testo con calma e attenzione. Faccio un passo indietro
per permettervi di scoprire da soli questa storia straordinaria; per
trovare la giusta concentrazione che serve per non perdere neanche
una virgola della trama. Molte saranno le cose da leggere e scoprire,
ma soprattutto molti saranno gli stati d'animo che affronterete
durante la lettura: rabbia, dolore, sconcerto, frustrazione,
malinconia, tristezza, speranza.
Un libro che colpisce l'animo del
lettore con episodi storici forti e drammatici.
Un libro che ci apre le porte degli
ospedali psichiatrici, facendoci conoscere storie di uomini e
soprattutto donne ricoverate subito dopo la fine del conflitto
mondiale.
Donne che durante la guerra hanno
subito violenza fisica e psicologica. Donne che invece di essere
aiutate e sostenute in un momento particolare della loro vita, venivano
beffate e umiliate dalla famiglia, ma soprattutto dall'ignoranza e
dalla morale dell'epoca.
Un testo bello, intenso, profondo e
doloroso.
Un libro che cattura il lettore e non
lo lascia andare fino ad arrivare all'ultima pagina. Chiudendo il
libro, vi renderete conto che varcare il cancello dell'ospedale
psichiatrico, ha segnato un cambiamento, non si è più le stesse
persone che hanno iniziato la lettura e la consapevolezza del passato
è più forte.
Non si può cambiare ciò che è
avvenuto, ma possiamo fare in modo che il passato diventi fonte di
insegnamento per noi stessi e per la società in cui viviamo.
Non dimentichiamo il passato, chi ha
sofferto e chi è morto.
Riflettiamo.
Ricordiamo.
Buona lettura!
Marianna Di Bella
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