giovedì 23 maggio 2024

Recensione: "La figlia dei ricordi" - Sarah McCoy

 

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Titolo: La Figlia dei Ricordi

Titolo Originale: The Baker's Daughter

Autrice: Sarah McCoy

Editore: TEA




Buongiorno lettori,

confesso che negli ultimi anni ho accumulato un numero impressionante di libri, molti dei quali aspettano ancora di essere letti. Per questo motivo, ho deciso di leggerne il più possibile cercando di non comprarne altri e smaltire, così, la lunghissima pila di libri in attesa.

Eccomi, quindi, con una nuova recensione di un libro comprato qualche anno fa. Ricordo che lo scelsi perché la trama rimandava al periodo storico della Seconda Guerra Mondiale di cui ho un grande interesse. La storia sembrava interessante e coinvolgente per cui non ho esitato e l'ho preso, convinta di immergermi completamente nel periodo del secondo conflitto mondiale, vivendo una storia emozionante, ricca di pathos. Invece mi ha delusa; ma facciamo ordine e iniziamo a dire qualcosa sulla trama, altrimenti non si capisce nulla.

Reba Adams, vive a El Paso, in Texas, con il compagno Riki, che lavora per la Border Patrol, la polizia di confine. La donna scrive per il Sundance City Magazine e sta tentando da giorni di contattare Elsie Meriwether, la proprietaria del forno della cittadina, per farle un'intervista.

Una donna apparentemente sfuggente o troppo oberata di lavoro? Stanca di aspettare, e con la scadenza per la consegna dell'articolo alle spalle, Reba si presenta direttamente al forno e, quella che dovrebbe essere per lei una normale intervista, per un banalissimo articolo riguardante il Natale, si rivelerà un'esperienza importante e determinante per la sua vita.

Reba è apparentemente serena, ma nasconde molto della sua vita, in particolare il passato. La sua infanzia non è stata particolarmente felice, con un padre depresso e alcolista. Vissuta nella costante sensazione di essere una delusione per la sorella e la madre. Si è sempre sentita sola, triste, insoddisfatta di sé. Tutte sensazioni che ha tentato di celare agli altri e a se stessa iniziando a raccontare bugie, creando un'altra realtà. Un rifugio per allontanarsi dalla sofferenza.

“Il problema era che le bugie non erano rimaste chiuse in una bottiglia. Erano proliferate come muffa e si erano estese a più aspetti della vita, guastando i frutto del suo duro lavoro.

La menzogna sembrava la strada più rapida e diretta per reinventarsi.”

(citazione tratta dal testo)

Ogni bugia l'aiutava a superare le sue difficoltà, perdendo però se stessa. Fino a quando, qualcosa non la pone di fronte alla necessità di riflettere seriamente sulla sua vita, il suo passato e ciò che desidera realmente.

L'incontro con Elsie l'aiuterà, non solo a capire molto di sé, ma anche a riaprire una finestra sul passato della donna. Esattamente nel 1944, quando una giovane Elsie lavora aiutando il padre a preparare e sfornare pagnotte e dolci per il forno di famiglia.

Elsie è una ragazza fiera delle sue idee e non si è mai adeguata alle regole e ai modelli imposti. Per questo motivo, pur di non partecipare alla Bund Deutscher Mädel, la lega delle fanciulle tedesche, la ragazza decide di lavorare, dall'età di 11 anni, al forno con il padre.

Nonostante la guerra, la miseria, la scarsità di materie prime, la vita della ragazza scorre abbastanza tranquillamente, aiutando la famiglia con il forno, fino a quando la vigilia di Natale qualcuno bussa alla porta sul retro. Chi è? Tobias, un bambino ebreo che le chiede aiuto. Cosa succederà? L'aiuterà?

Beh non dirò nient'altro, se non che tra un salto temporale e l'altro, la trama si svela prendendo forma e rivelando la storia di Reba, Elsie e altri personaggi del romanzo.

La figlia dei ricordi” è un libro che non ho apprezzato e non è riuscito a regalarmi le giuste emozioni. Durante la lettura ho sempre percepito un certo distacco; una distanza emotiva tra me e la storia, dandomi la sensazione di una freddezza al limite dell'impersonalità. Non capisco, se sono io a non aver legato emotivamente con la storia o se, invece, lo stile narrativo fosse volutamente freddo, forse tutte e due le cose, non so. però una cosa è certa, non mi è piaciuto.

Nel romanzo sono presenti molte tematiche interessanti che, secondo me, andavano affrontate e spiegate in maniera più approfondita e non superficialmente. Come ad esempio: la questione dell'immigrazione messicana, il progetto Lebensborn, l'accettazione di sé, dell'Altro e del proprio passato, la capacità di perdonare e sapersi perdonare, il sottile confine tra bene e male etc.

“Ormai si era convinta che il passato fosse un mosaico un po' confuso, fatto di tessere giuste e sbagliate. Ognuno doveva anzitutto riconoscere di aver avuto un ruolo sia nella parte del bene sia in quella del male. E poi era necessario ricordare. Se cercavi di dimenticare, di fuggire dalle paure, dai rimpianti e dalle colpe, alla fine loro ti avrebbero scovato, riducendo a brandelli la tua vita....”

(citazione tratta dal testo)

Sono tante tematiche e tutte molto interessanti se, prese singolarmente, con un testo loro dedicato, studiate e approfondite ma, inserite tutte insieme e affrontate in maniera superficiale, secondo me non aiutano il romanzo.

Durante la lettura, ho sempre avuto la sensazione che le storie di Reba, Riki, Elsie etc. non avessero nulla in comune; le ho sempre percepite come storie a se stanti che camminavano su binari diversi, che inavvertitamente si incrociano solo per dare vita a questo testo.

Un romanzo, per me, poco emozionante, distaccato...una delusione.

Probabilmente molti di voi non la penseranno così, ma questo è solamente il mio pensiero personale e come tale deve essere preso, perché ognuno di noi percepisce emozioni e sensazioni diverse durante la lettura. Quindi a voi la scelta se leggerlo o meno.

Buona lettura.



Marianna Di Bella

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