Titolo: Un ragazzo normale
Autore: Lorenzo Marone
Editore: Feltrinelli
Ci sono giorni in cui
avvertiamo l'esigenza di aprire i cassetti della memoria e liberare i
ricordi della nostra infanzia. Lasciarli liberi di volteggiare
nell'aria, planare nel nostro animo e riportare in superficie
emozioni e sensazioni che pensavamo di aver dimenticato. Bastano un
oggetto, un sorriso, il testo di una canzone o una frase perché la
nostra mente si riattivi, facendoci vivere quei momenti di pura gioia
e spensieratezza. Momenti in cui “futuro” era una parola come
tante che componeva il nostro vocabolario. Ciò che contava era il
presente e vivere ogni momento con leggerezza e spensieratezza.
Giocare con gli amici e sentirsi parte di un gruppo erano le nostre
priorità, tutto il resto veniva lasciato indietro per essere
affrontato successivamente.
Ricordare.
Ritornare.
Sì, alcuni sentono la
necessità non solo di ricordare, ma di rivedere quei luoghi,
passeggiare tra strade, case e vicoli che li hanno visti ridere,
correre e sognare spensierati e felici. Ritornare vuol dire essere
consapevoli che la delusione è dietro l'angolo, pronta a colpire chi
si è lasciato cullare dall'illusione che tutto sia rimasto uguale.
Tutto è in movimento.
Tutto cambia.
Noi cambiamo.
“È
che non si dovrebbe tornare a guardare le cose che si sono amate, una
volta cambiato lo sguardo.”
(citazione tratta dal libro)
E se invece tornassimo a
posare lo sguardo su ciò che abbiamo amato?
Se fossimo pronti a
ripercorrere il passato?
Be' non ci resterebbe altro
da fare che compiere un piccolo passo verso quei luoghi e aprire
l'album dei ricordi, lasciandoci investire da risate, voci
dimenticate, sorrisi e abbracci inaspettati.
Un passo per ritrovare noi
stessi.
Anche Domenico, il nostro
protagonista, è pronto a ripercorrere il suo passato, ed eccolo
ritornare a Napoli, la sua città d'origine.
La sua meta è un vecchio
palazzo nel quartiere collinare del Vomero. Un edificio che l'ha
ospitato per anni, custode dei suoi sogni e desideri. Appena mette
piede nel quartiere, sente le voci del passato farsi spazio nella sua
memoria e tornare limpide e decise come quando era bambino. E la sua
mente vola al 1985, un anno che ha segnato profondamente la sua vita,
spartiacque tra la sua infanzia e adolescenza. In quegli anni,
Domenico, detto Mimì, vive nel palazzo insieme alla sua famiglia e
ai nonni in un bilocale al pianterreno. Lo spazio abitativo è
piccolo per una famiglia numerosa e spesso la convivenza non è
facile, così il ragazzino sente sempre di più l'esigenza di
isolarsi e trovare un posto tutto suo, un mondo da abitare.
“Trenta mattonelle
che stanno lì a ricordare l'essenza della mia infanzia: chiuso nel
mio piccolo mondo, in una piccola casa, una piccola portineria,
soffocato e tuttavia, allo stempo tempo, protetto, combattevo ogni
giorno alla ricerca di un po' di spazio vitale.”
(citazione tratta dal libro)
Mimì è diverso dagli altri
ragazzi, ama leggere, usare termini forbiti, ama lo spazio, i fumetti
e i supereroi. I suoi gusti, la sua pacatezza e la voglia di
sperimentare, lo rendono particolare, unico, mentre gli altri lo
vedono semplicemente come un tipo strano, perché non lo capiscono e
non vogliono vedere l'animo sensibile che si nasconde dietro quel
paio di occhiali e alcune parole dal significato difficile.
Mimì sogna di diventare un
supereroe dotato di poteri straordinari che lo aiutino a uscire
dalla sua grigia quotidianità, ma in realtà dietro questo suo sogno
si nasconde il bisogno di essere compreso e accettato dagli altri e
capisce che per farlo ha bisogno di un esempio, una guida, un maestro
che lo aiuti a capire chi è, cosa vuole da se stesso e dalla vita. E
forse l'ha trovato in un giovane uomo di appena venticinque anni che
vive nel suo palazzo. Un giornalista che scrive articoli di cronaca
sulla malavita organizzata. Un giornalista di nome Giancarlo Siani.
“(...) Si chiamava
Giancarlo e, nonostantele mie insistenze, diceva di non essere per
niente un supereroe. E forse, con il senno di poi, aveva ragione,
perché i veri supereroi non muoionomai, nemmeno crivellati di colpi.
O forse no, forse si
sbagliava e avevo ragione io, perché i supereroi alla fine rinascono
sempre.
In ogni nuova storia.”
(citazione tratta dal libro)
Tra un ricordo e l'altro, il
1985 torna a rivivere sotto i nostri occhi e tra le pagine del libro
di Lorenzo Marone che con delicatezza, sensibilità e un pizzico di
ironia dà vita e anima al piccolo Mimì.
La scrittura è semplice e
spesso ironica, e le descrizioni riportano in superficie la vita di
quartiere e i rapporti interpersonali che nascevano tra i suoi
abitanti e i vicini di casa, consuetudine persa negli anni, a causa
del lavoro frenetico, del sentimento di sfiducia verso l'altro e
dell'isolamento. L'autore ci presenta uno spaccato di vita sociale
che tutti, seppur in città diverse, abbiamo vissuto, trascorrendo
pomeriggi in strada con i propri amici, scoprendo il mondo
circostante e se stessi, giocando sotto lo sguardo attento e vigile
dei vicini di casa, vegliati e protetti dai nonni, affrontando i
primi batticuori e litigi. Ma, soprattutto, riprendono vita gli anni
Ottanta che hanno segnato l'infanzia e l'adolescenza di molti
lettori, catapultandoli indietro nel tempo e facendoli rivivere la
spensieratezza di quegli anni, la moda improponibile, il complesso
rapporto con i genitori e quella voglia di trovare il proprio posto
nel mondo.
Questi elementi sociali,
culturali e un'attenta analisi introspettiva del protagonista è ciò
che ho apprezzato del romanzo, ma il resto del libro è ancora un
grande punto interrogativo. Leggendo la sinossi, mi aspettavo una
grande presenza scenica di Giancarlo Siani, infatti, ero curiosa di
scoprire come l'autore fosse riuscito a coniugare la storia di Mimì
con quella del giornalista ma, sinceramente, ne sono rimasta delusa.
La presenza del giornalista, all'interno del romanzo è limitata a
poche pagine rispetto al resto del libro. È una figura eterea che
sorvola nella vita del ragazzino e nel romanzo, donandogli alcuni
insegnamenti che Mimì porterà con sé per il resto della sua vita
ma che a me non ha pienamente convinto.
I l libro è incentrato
sull'anno 1985 e sui ricordi del protagonista, ma sono troppi da
ricordare e alcuni non incidono sull'evolversi della storia e non li
ho trovati strettamente necessari alla trama. Il personaggio di
Domenico è ben caratterizzato, con pregi e difetti tipici dell'età,
ma mi sarei aspettata più attenzione e introspezione psicologica su
altri personaggi e sulla descrizione delle loro vite, come ad esempio
del suo amico del cuore Sasà. Un ragazzo esuberante e
caratterialmente opposto a Mimì, un personaggio che, secondo il mio
punto di vista, aveva ancora molto da raccontare.
La lettura è scorrevole,
leggera e piacevole ma, mi ha lasciato un senso di insoddisfazione,
come se mancasse qualcosa da definire e approfondire. Alla fine del
libro ho avvertito la sensazione di vuoto e sospensione, come se avessi aspettato
inutilmente un fatto o avvenimento che scardinasse la lunga sequela
di ricordi per entrare nel cuore del romanzo. Un avvenimento in
grado di colpire dritto all'anima. Un avvenimento che potesse
giustificare la lunga attesa, dopo l'interminabile sequenza di
ricordi.
Con l'attentato di Giancarlo
Siani, mi sarei aspettata un approfondimento psicologico sulla
reazione del ragazzo, ma il finale si limita a poche pagine
descrittive e a un veloce sunto sul futuro dei diversi personaggi del
romanzo e, purtroppo, la mia insoddisfazione è cresciuta
ulteriormente.
Come sempre vi ricordo che
questo è il mio punto di vista e lascio a voi scoprire il libro,
seguendo le vostre emozioni e sensazioni.
“Nella vita
l'importante è avere un ideale che ci guidi a compiere le azioni
giuste.”
(citazione tratta dal libro)
Buona lettura!
(Marianna Di Bella)
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