Titolo: "L'aroma nascosto del tè"
Autore: Jamie Ford
Editore: Garzanti Libri
In
una vecchia camera d'albergo, un uomo sta guardando fuori dalla
finestra. Osserva distrattamente il viavai di persone che passano
per strada, camminando l'uno accanto all'altro, sfiorandosi
impercettibilmente. Vite e anime che si incrociano e scontrano per un
tempo infinitamente piccolo. Ma l'uomo è distratto, perso nei suoi
pensieri. Nel suo sguardo c'è un velo di malinconia che lo avvolge
completamente, la sua mente è altrove, persa tra i problemi del
presente e i ricordi del passato. Ricordi che riportano in superficie
sensazioni, emozioni, sofferenze depositate in un angolo e lasciate
lì, per troppo tempo.
“A
volte bisogna provare tristezza, provare dolore, per poterseli
lasciare alle spalle e trovare pace.
Felicità.
Tristezza. Finiscono entrambe come tutto il resto.”
(citazione tratta dal testo)
L'uomo
è Ernest Young, ha 64 anni e da più di quarant'anni, ama la sua
forte, fiera e indipendente Gracie, sua moglie. La donna purtroppo
non ricorda più nulla di sé e della sua vita, una malattia le ha
inesorabilmente intaccato i suoi ricordi, facendola vivere in un
limbo da cui Ernest non sa come farla riemergere. Stare lontano da
lei è insopportabile, ma non essere riconosciuto dalla donna che si
ama è un dolore straziante, a cui non ci si abitua mai. Pensare a
sua moglie, lo porta inevitabilmente a ripensare alla loro vita
insieme, ai ricordi condivisi e quando si riportano alla luce i
ricordi e si lascia aperto uno spiraglio, ecco che il passato arriva
prepotentemente, pretendendo la massima attenzione. Così i suoi
pensieri tornano alla sua infanzia, a un lungo viaggio in nave che lo
porta negli Stati Uniti e al suo vero nome Yung Kun-ai.
La
stanza dei ricordi si è completamente aperta e piano piano
fuoriescono momenti tragici, intensi emozionanti che hanno
influenzato la sua vita. L'arrivo in una terra straniera, un viaggio
in nave insieme ad altri bambini, il suo sentirsi costantemente
emarginato e mai padrone di se stesso, gli anni trascorsi tra college
e riformatori, l'amore per Fahn, la bambina che condividerà con lui
il viaggio sulla nave, il dolore e l'essere diversi.
Tanti
ricordi che come tessere di un mosaico andranno a trovare il loro
posticino per dare forma e sostanza al romanzo. Jamie Ford ha preso
queste tessere e piano piano ha iniziato a scrivere e raccontare una
nuova storia. Anche in questo romanzo si è basato su fatti veri e
spesso poco conosciuti, incastonandoli all'interno di una storia dal
sapore malinconico. Questa volta ha portato alla luce diverse
tematiche, come ad esempio le due esposizioni universali avvenute a
Seattle negli anni 1909 e 1962, la vendita di bambini, donne e
ragazzi, le case di tolleranza, il proibizionismo, l'emarginazione, il sentirsi diversi,
e non essere padroni di decidere per la propria vita. Tutte tematiche
interessanti e coinvolgenti che però inserite all'interno del
romanzo non mi hanno convinta. Mi piace la scrittura di Jamie Ford,
sempre pulita, delicata, e mai sopra le righe nell'affrontare alcune
situazioni. Ho apprezzato i salti temporali, gestiti in maniera
coerente al procedere della trama, con quel piccolo mistero sulla
figura del primo amore che incuriosisce il lettore, ma...eh sì c'è
un grande ma ad attendervi...il libro non mi ha lasciato nulla.
Nessuna emozione, nessuna empatia con i personaggi, che per la
maggior parte del tempo ho trovato insopportabili e noiosi. Un
romanzo che ho fatico a leggere perché il mio coinvolgimento era
inesistente.
Ho
riflettuto molto su questa mancanza di empatia verso il romanzo e i
personaggi, perché di solito, cerco sempre di capire le motivazioni
che spingono una persona a prendere determinate decisioni, a capirne
il carattere, le scelte ma questa volta non ci sono riuscita e
rifiutavo continuamente i personaggi, soprattutto la caparbietà di
Fahn e la piattezza e passività di Ernest, mai un momento di rabbia
o di ribellione considerata la sua infanzia e adolescenza. E poi ho
compreso cosa non mi convinceva del tutto nel romanzo, individuando
quella piccola nota stonata che non riuscivo a capire da dove
provenisse.
Nella
seconda parte del romanzo vengono toccate tematiche forti, come ad esempio le
case di tolleranza, la prostituzione, la condizione delle donne
vendute come pezzi di carne per soddisfare i piaceri e desideri degli
uomini, e a parlarne è Ernest, protagonista del romanzo. Una voce
piatta, ma soprattutto, è il punto di vista maschile che, seppure
dalla parte delle donne, non è incisivo e non regala le emozioni e
le sensazioni che esse vivono. Non può descrivere lui il senso di
umiliazione, dolore e sofferenza che prova una donna, perché o
quelle sensazioni si vivono sulla propria pelle e allora si è in
grado di parlarne con cognizione di causa, altrimenti si rischia di
affrontare il tema in maniera superficiale e stereotipata. E il
personaggio di Ernest, purtroppo, l'ho trovato piatto e superficiale.
Una voce che anche quando racconta degli avvenimenti tragici della
sua vita privata, sembra sempre che stia descrivendo una normale e
tranquilla giornata. Nessuna reazione emotiva sembra scuoterlo. Ed è
proprio questo che mi ha lasciata perplessa e infastidita dalla
lettura del romanzo.
“Non
aveva mai avuto la possibilità di scegliere niente, da come si
vestiva a quello che mangiava: fino a quel momento aveva passato la
vita seguendo l'onda incerta dei desideri e delle aspettative di
altri.”
(citazione tratta dal testo)
Naturalmente
questo è il mio parere personale e, come sempre, lascio a voi
decidere se leggere o meno il testo, perché è importante ricordare
e sottolineare che i gusti sono diversi e fortunatamente la lettura
ci regala la possibilità di scegliere tra milioni di libri.
Buona
lettura!!
(Marianna Di Bella)
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