Titolo: Le ricette perdute del ristorante Kamogawa
Autore: Kashiwai Hisashi
Editore: Einaudi
Esistono degli oggetti, dei profumi e dei luoghi che hanno la capacità di risvegliare in noi momenti importanti del nostro passato. Facendoci ricordare e rivivere emozioni e sensazioni assopite da tempo, che avevamo nascosto e dimenticato in qualche cassetto della nostra memoria. Per una frazione di secondo tutto sembra tornare alla mente, i bei ricordi e, purtroppo, anche quelli spiacevoli. Riemergono e spesso ci aiutano non solo a ricordare ma, cosa più importante. a comprendere cosa ci era sfuggito e chiudere finalmente, un capitolo della nostra vita che avevamo lasciato aperto e incompiuto.
Se, invece di un luogo o un oggetto, fosse un cibo a risvegliare determinate emozioni? Se volessimo ricordare il sapore di un alimento che si è perso nei cunicoli della nostra memoria e delle nostre papille gustative? Un cibo che spesso abbiamo legato a una persona o a un evento che custodiamo gelosamente nella nostra anima. Un alimento che abbiamo tentato di riprodurre cercando gli ingredienti giusti oppure che abbiamo provato a mangiare in un ristorante, sperando di rivivere quelle sensazioni, ritrovandoci, invece, amareggiati perché il risultato, non solo è stato deludente, ma non ha riacceso in noi nulla se non la tristezza di aver fallito.
“I ricordi sono come le spezie, cambiano i sapori”
(citazione tratta dal libro)
Non avviliamoci perché in Giappone, esiste un ristorante in grado di riprodurre quei cibi e quei sapori perduti nella nostra memoria, aiutandoci a risvegliare i nostri ricordi. Non mi credete? Allora preparatevi a fare un piccolo viaggio letterario. Fermatevi, respirate a fondo e prendete in mano il libro, apritelo e lasciatevi avvolgere dalla sua storia. In poco tempo vi ritroverete tra le stradine di Kyoto in cerca di un locale situato alle spalle del tempio Higashi Hongan. È difficile da individuare perché non ha insegne ed esteticamente è anonimo e impersonale. Ma non scoraggiatevi, entrate e lasciatevi avvolgere dal clima accogliente e familiare perché è ciò che vi serve per questa ricerca nel passato. Il proprietario è Kamogawa Nagare che insieme alla figlia Koishi accolgono i clienti con cordialità e rispetto, offrendo piatti gustosi e un servizio di investigazione gastronomica.
Nagare, ex poliziotto, ha il compito di investigare e riprodurre i piatti, mentre la figlia raccoglie le informazioni che serviranno poi per le ricerche del padre. A lei il compito di porre le domande ai clienti, anche se poi le risposte non sono mai così esaustive, spesso sono ricordi sporadici, frammentari che a noi lettori non dicono nulla e spesso ci chiediamo come possa Nagare riuscire a risolvere l'enigma.
Beh che ci crediate o meno, dopo due settimane il cliente può tornare al ristorante e prepararsi a un viaggio tra i ricordi.
Tra questi troviamo chi vorrebbe riassaporare gli udon preparati dalla moglie defunta, o una ragazza che vorrebbe assaggiare di nuovo gli spaghetti mangiati con il nonno quando era una bambina, oppure una signora che vorrebbe mangiare lo stesso piatto assaggiato al suo primo appuntamento con il suo primo amore. Piatti diversi e storie diverse. Tutti accomunati dalla voglia di ricordare un momento particolare del proprio passato.
“Mai scordare le proprie radici”
(citazione tratta dal libro)
Ciò che i clienti non sanno e non si aspettano è che in realtà quell'esperienza li aiuterà a cambiare, aiutandoli a fare pace con il passato e con se stessi, alleviando la nostalgia, ridonando fiducia e comprensione.
Nagare è bravo nel suo lavoro e ricetta dopo ricetta, ci conduce all'interno delle storie con delicatezza e rispetto, senza dare giudizi.
“Certi piatti cambiano a seconda di chi li mangia”
(citazione tratta dal libro)
“Le ricette perdute del ristorante Kamogawa” è un romanzo particolare, delicato ma che non è riuscito a darmi quelle emozioni che mi aspettavo. Apprezzo la letteratura giapponese e questa tipologia di filo narrativo, ma questo libro mi ha lasciato indifferente. La trama scorre lenta e senza particolari eventi o colpi di scena e il linguaggio è facile e comprensibile, ma il filo narrativo è ripetitivo. C'è sempre lo stesso modus operandi per ogni storia presente nel libro, ad es. arriva il cliente, mangia, risponde alle domande e dopo due settimane arriva la risposta con conseguente assaggio del piatto. Tutto uguale e ripetitivo, anche le domande e le frasi utilizzate da Koishi verso i clienti. Non si va oltre, non si entra nella psicologia dei personaggi, non si conosce nulla di loro, cosa pensano, come si sentono, quali emozioni percepiscono. Tutto rimane in superficie. Sappiamo solo cosa cercano. Tutto è distante e distaccato. I personaggi si susseguono uno dopo l'altro senza lasciare un impronta profonda con la loro storia. Sono delle immagini fugaci che si perdono dopo due secondi vengono lette. È come se ci fosse un muro tra il lettore e la storia.
Mi dispiace perché mi aspettavo molto da questo testo; pensavo di trovare più profondità narrativa ed emotiva invece tutti rimane piatto e superficiale.
Peccato.
Marianna Di Bella