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mercoledì 21 maggio 2025

Recensione: "L'Agnese va a morire" - Renata Viganò

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Titolo: L'Agnese va a morire

Autrice: Renata Viganò

Editore: Einaudi



Ci sono dei libri che lasciano un segno indelebile nella nostra anima e nella nostra cultura, affrontando tematiche importanti, riportando alla luce un periodo storico che, purtroppo, molti decidono deliberatamente di ignorare, relegandolo in fondo al cassetto della memoria. Una memoria, in questo caso, storica, che invece non può e non deve essere dimenticata, perché ignorare il passato, vuol dire dimenticare chi siamo, da chi veniamo, cosa abbiamo perso e cosa abbiamo conquistato.

Dimenticare il passato vuol dire dimenticare noi stessi e la nostra Storia.


“L'Agnese va a morire” di Renata Viganò è un testo intenso che tutti dovrebbero leggere per comprendere un periodo storico che è stato di vitale importanza per la liberazione del nostro Paese dal nazi-fascismo. Un libro che ricorda e rende onore a tutti i partigiani e le partigiane che, con il loro coraggio, i loro ideali e le loro vite hanno lottato perché l'Italia fosse libera, perché noi, cittadini del futuro, fossimo liberi di pensare. Liberi di vivere.

Quando ho deciso di leggere libri riguardanti il periodo storico della Resistenza, la mia scelta è caduta proprio sul testo di Renata Viganò, un libro che, ahimè, non avevo ancora letto. Mi è bastato leggere il primo capitolo per ritrovarmi immersa in un romanzo bello e intenso. Un libro che mi ha conquistata, emozionata e mi ha permesso di osservare da vicino il merito dei partigiani e la figura emblematica di Agnese.

Siamo nel settembre del 1943 e l'Italia ha firmato l'armistizio. Questo, però, non ha posto la fine della guerra ma solo l'inizio di un'occupazione pericolosa e mortale.

Agnese vive nel suo paesino, insieme al marito malato. La sua vita è ordinaria e scandita da semplici attività: il lavoro di lavandaia e il prendersi cura del marito. Agnese è una donna semplice, non ha idee politiche, non ha grandi ambizioni e non si è mai posta al centro della sua esistenza.

Un giorno, però, la sua ordinarietà viene stravolta, perché i tedeschi si presentano a casa per prelevare il marito e obbligarlo ai lavori forzati. A loro non interessa che sia malato, hanno bisogno di forza lavoro e non si fermano neanche davanti a persone anziane e malate. Perseguono il loro obiettivo ad ogni costo.

Agnese, rimasta sola, continua a lavorare e sperare che il marito torni a casa. Una sera si presentano alcuni amici del marito e capisce che l'uomo, oltre ad avere delle idee politiche ben definite, probabilmente collaborava con la Resistenza. Agnese si offre di aiutare, dando così il suo contributo alla causa. La sua collaborazione diventa sempre più costante, esegue gli ordini con disciplina e semplicità. Mette il bisogno e l'interesse degli altri sempre al primo posto, relegando se stessa ai limiti della cornice della sua esistenza. Questa sua insicurezza la porta spesso a dubitare di sé, ha timore di non fare abbastanza e di sbagliare mettendo in pericolo gli altri.

Non si rende conto che, invece, più il tempo passa e più diventa sempre più importante per il gruppo. Fa da staffetta, si occupa del recupero delle armi e degli alimenti, cucina e accudisce ogni singolo ragazzo, diventando in poco tempo una figura materna. I mesi passano, il fisico si stanca ma la sua mente si fa sempre più agile ed organizzata, esponendola però, in questo modo, al pericolo e....a una storia che vi invito a leggere e scoprire se ancora non lo avete fatto.

“L'Agnese va a morire” 'è un libro che ho amato in ogni sua sfumatura, donandomi la bellezza di una storia intensa, forte e difficile da dimenticare.

Quando ho iniziato la lettura non sapevo cosa avrei trovato e quali emozioni avrei vissuto, però per tutto il tempo c'è stata una domanda che mi ha bonariamente assillata. Una domanda posta da Sebastiano Vassalli nella sua prefazione al testo

Cos'è l'Agnese? Ebbene, che a questa domanda ognuno cerchi di rispondere come può e come vuole.”

(citazione tratta dal testo)

Devo ammettere che, inizialmente, credevo di non essere in grado di rispondere, ma giunta alla fine del testo ho capito di aver trovato la mia risposta. Giusta o sbagliata, è la mia risposta, anzi la mia modesta e personale opinione.

L'Agnese è lei stessa il romanzo, ma per me è il simbolo di quegli anni. Il simbolo della Resistenza. Lei è l'esempio e la testimonianza di ciò che accadeva tra le montagne, nei boschi e nei paesi occupati dalle forze naziste. È il simbolo di quel gruppo di uomini e donne che non si sono mai arresi di fronte alla presenza dei tedeschi e all'occupazione del proprio paese. Hanno lottato, mettendo a repentaglio la propria vita pur di cacciarli dal proprio territorio, sabotando ogni loro attività, attaccando ogni convoglio e ogni truppa. Hanno vissuto nella solitudine, nascondendosi e vivendo da emarginati. Spesso venivano aiutati dagli abitanti della propria zona di azione ma, venivano anche traditi e questo li costringeva a non fidarsi di nessuno e ad avere continuamente paura. Hanno dato la loro vita per la Libertà. Una libertà sognata, combattuta e vinta. Una libertà a cui le nuove generazioni sono talmente abituate da non comprendere che ciò che loro pensano gli sia dovuto, non è così. La libertà che stiamo vivendo è un diritto che non si acquisisce per nascita, ma è stato conquistato con spirito di sacrificio da uomini e donne che hanno lottato per raggiungerla. Hanno dato la loro vita perché noi potessimo vivere liberi e, dimenticare il passato e il loro contributo è un oltraggio al loro sacrificio e alle loro esistenze. È importante ricordare e onorare i partigiani, perché il loro contributo ha segnato le nostre vite e tutelato i nostri diritti.

Potrete dirlo, quello che avete patito, e allora tutti ci penseranno prima di farne un'altra di guerra.”

(citazione tratta dal testo)

L'Agnese è il simbolo e l'esempio che non occorreva avere per forza una fede politica ben radicata per essere un partigiano, perché spesso bastava la voglia e il coraggio di lottare per cacciare il nemico comune e riconquistare la propria libertà

Renata Viganò ha posto tra le nostre mani un dono di inestimabile valore. Una romanzo e una testimonianza vitali per la nostra memoria storica. Lei stessa è stata una partigiana e ha vissuto tra quegli uomini e quelle donne che hanno contribuito alla liberazione dell'Italia. In questo romanzo ha dato voce e testimonianza di ciò che avveniva nelle bande partigiane, la loro organizzazione, le loro azioni, ma anche il modo di agire, pensare e regolarsi per procedere nelle loro azioni.

L'autrice ha, inoltre, conosciuto la vera Agnese e in questo testo, ne ha riportato parte della sua memoria, in particolare il coraggio che l'ha guidata fino alla fine. Una donna che ha continuato a perseguire i suoi compiti anche quando il peso del dolore per la perdita dei propri compagni, diventa sempre più pesante e sfiancante, gravando sul fisico e sull'animo. Lei, come ogni partigiano, ha continuato a lottare senza indietreggiare mai...neanche di fronte alla morte.

“L'Agnese va a morire” è un libro che deve essere letto per preservare la nostra memoria storica. Ad 80 anni dalla Liberazione dell'Italia è importante leggere i testi sulla Resistenza, non solo per comprendere ma anche ridare voce e vita a ogni singolo partigiano. Onorando uomini e donne che con le loro gesta eroiche hanno conquistato la Libertà.

Io non dimentico.

Non voglio dimenticare, e questo libro mi ha regalato emozioni, sensazioni e molti spunti di riflessione da cui trarrò ancora più forza per andare avanti seguendo i miei valori e ideali. Lottando ogni giorno per preservare i miei diritti e quelli degli altri.



Marianna Di Bella


venerdì 15 novembre 2024

Recensione: "Le ricette perdute del ristorante Kamogawa" - Kashiwai Hisashi

 

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Titolo: Le ricette perdute del ristorante Kamogawa

Autore: Kashiwai Hisashi

Editore: Einaudi



Esistono degli oggetti, dei profumi e dei luoghi che hanno la capacità di risvegliare in noi momenti importanti del nostro passato. Facendoci ricordare e rivivere emozioni e sensazioni assopite da tempo, che avevamo nascosto e dimenticato in qualche cassetto della nostra memoria. Per una frazione di secondo tutto sembra tornare alla mente, i bei ricordi e, purtroppo, anche quelli spiacevoli. Riemergono e spesso ci aiutano non solo a ricordare ma, cosa più importante. a comprendere cosa ci era sfuggito e chiudere finalmente, un capitolo della nostra vita che avevamo lasciato aperto e incompiuto.

Se, invece di un luogo o un oggetto, fosse un cibo a risvegliare determinate emozioni? Se volessimo ricordare il sapore di un alimento che si è perso nei cunicoli della nostra memoria e delle nostre papille gustative? Un cibo che spesso abbiamo legato a una persona o a un evento che custodiamo gelosamente nella nostra anima. Un alimento che abbiamo tentato di riprodurre cercando gli ingredienti giusti oppure che abbiamo provato a mangiare in un ristorante, sperando di rivivere quelle sensazioni, ritrovandoci, invece, amareggiati perché il risultato, non solo è stato deludente, ma non ha riacceso in noi nulla se non la tristezza di aver fallito.

“I ricordi sono come le spezie, cambiano i sapori”

(citazione tratta dal libro)

Non avviliamoci perché in Giappone, esiste un ristorante in grado di riprodurre quei cibi e quei sapori perduti nella nostra memoria, aiutandoci a risvegliare i nostri ricordi. Non mi credete? Allora preparatevi a fare un piccolo viaggio letterario. Fermatevi, respirate a fondo e prendete in mano il libro, apritelo e lasciatevi avvolgere dalla sua storia. In poco tempo vi ritroverete tra le stradine di Kyoto in cerca di un locale situato alle spalle del tempio Higashi Hongan. È difficile da individuare perché non ha insegne ed esteticamente è anonimo e impersonale. Ma non scoraggiatevi, entrate e lasciatevi avvolgere dal clima accogliente e familiare perché è ciò che vi serve per questa ricerca nel passato. Il proprietario è Kamogawa Nagare che insieme alla figlia Koishi accolgono i clienti con cordialità e rispetto, offrendo piatti gustosi e un servizio di investigazione gastronomica.

Nagare, ex poliziotto, ha il compito di investigare e riprodurre i piatti, mentre la figlia raccoglie le informazioni che serviranno poi per le ricerche del padre. A lei il compito di porre le domande ai clienti, anche se poi le risposte non sono mai così esaustive, spesso sono ricordi sporadici, frammentari che a noi lettori non dicono nulla e spesso ci chiediamo come possa Nagare riuscire a risolvere l'enigma.

Beh che ci crediate o meno, dopo due settimane il cliente può tornare al ristorante e prepararsi a un viaggio tra i ricordi.

Tra questi troviamo chi vorrebbe riassaporare gli udon preparati dalla moglie defunta, o una ragazza che vorrebbe assaggiare di nuovo gli spaghetti mangiati con il nonno quando era una bambina, oppure una signora che vorrebbe mangiare lo stesso piatto assaggiato al suo primo appuntamento con il suo primo amore. Piatti diversi e storie diverse. Tutti accomunati dalla voglia di ricordare un momento particolare del proprio passato.

“Mai scordare le proprie radici”

(citazione tratta dal libro)

Ciò che i clienti non sanno e non si aspettano è che in realtà quell'esperienza li aiuterà a cambiare, aiutandoli a fare pace con il passato e con se stessi, alleviando la nostalgia, ridonando fiducia e comprensione.

Nagare è bravo nel suo lavoro e ricetta dopo ricetta, ci conduce all'interno delle storie con delicatezza e rispetto, senza dare giudizi.

“Certi piatti cambiano a seconda di chi li mangia”

(citazione tratta dal libro)

Le ricette perdute del ristorante Kamogawa” è un romanzo particolare, delicato ma che non è riuscito a darmi quelle emozioni che mi aspettavo. Apprezzo la letteratura giapponese e questa tipologia di filo narrativo, ma questo libro mi ha lasciato indifferente. La trama scorre lenta e senza particolari eventi o colpi di scena e il linguaggio è facile e comprensibile, ma il filo narrativo è ripetitivo. C'è sempre lo stesso modus operandi per ogni storia presente nel libro, ad es. arriva il cliente, mangia, risponde alle domande e dopo due settimane arriva la risposta con conseguente assaggio del piatto. Tutto uguale e ripetitivo, anche le domande e le frasi utilizzate da Koishi verso i clienti. Non si va oltre, non si entra nella psicologia dei personaggi, non si conosce nulla di loro, cosa pensano, come si sentono, quali emozioni percepiscono. Tutto rimane in superficie. Sappiamo solo cosa cercano. Tutto è distante e distaccato. I personaggi si susseguono uno dopo l'altro senza lasciare un impronta profonda con la loro storia. Sono delle immagini fugaci che si perdono dopo due secondi vengono lette. È come se ci fosse un muro tra il lettore e la storia.

Mi dispiace perché mi aspettavo molto da questo testo; pensavo di trovare più profondità narrativa ed emotiva invece tutti rimane piatto e superficiale.

Peccato.



Marianna Di Bella


giovedì 29 agosto 2024

Recensione: "Racconti del Giappone" - Antonietta Pastore (a cura di)

 

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Titolo: Racconti del Giappone

Autrice: (a cura di) Antonietta Pastore

Editore: Einaudi




Non è facile riuscire a parlare e comprendere appieno la cultura di un paese, senza rischiare di cadere nei pregiudizi e negli stereotipi. Ci vogliono anni di studio per capire gli usi e i costumi, le tradizioni, la lingua etc. spogliandosi di ogni pregiudizio e osservando le cose con occhio neutrale. Il Giappone è un Paese che affascina e ammalia per la sua cultura, ricca e pregna di tradizione e modernità. Una dicotomia che attira come una calamita l'Occidente. Le grandi metropoli con insegne luminose, la parte tecnologica, le sopraelevate, la grande produzione di servizi e prodotti si amalgamano e si fondono con la parte più tradizionale, delicata ed elegante, i giardini zen, la natura, gli origami, i fiori di ciliegio etc.

Le due città che meglio rappresentano questa dicotomia sono: Tokyo e Kyoto. Tokyo è una megalopoli abitata da quattordici milioni di persone, mentre Kyoto è più piccola e tranquilla con le tipiche case in legno. Ma attenzione, perché in realtà questa dicotomia, questa netta contrapposizione, esiste solo per noi occidentali. Modernità e tradizione coesistono in maniera vera e autentica, e l'una è legata all'altra in maniera imprescindibile

Come fare allora per comprendere appieno questo paese? Come evitare di cadere nella trappola del turista che vede e consuma per diletto e per appagare un piacere effimero? Come riuscire a osservare per comprendere senza preconcetti?

Affidandosi alle parole e agli studi di giornalisti, antropologi, letterati, studiosi etc. che ci descrivono, in maniera neutrale e il più corrispondente alla realtà, parti del Giappone poco conosciuti, dandone voce e informazione.

“Racconti del Giappone” assolve in parte a questa funzione, perché raccoglie al suo interno diversi racconti scritti da altrettanti autori che affrontano tematiche diverse a seconda del loro settore di competenza e studio, delle loro esperienze di vita, del loro lavoro etc.

Antonietta Pastore, curatrice del testo, ha effettuato un accurata selezione di numerosi racconti di scrittori orientali ed europei, scegliendo, infine, quelli presenti nel libro.

Ogni racconto è stato scritto da un autore diverso ed ognuno di loro affronta ed esamina diverse tematiche tutte molto interessanti, come ad esempio gli evaporati, i terremoti, la condizione delle donne etc.

Esaminiamone alcuni, giusto per capire di cosa stiamo parlando e cosa è presente all'interno del libro.

Nel racconto “Attraverso la città in fiamme”, Paul Claudel, poeta e drammaturgo nonché diplomatico francese, ci descrive, con rispetto e senza alcun giudizio, una delle calamità naturali più terrificanti che minaccia costantemente il paese: i terremoti.

Più di ogni altra parte del pianeta, il Giappone è un paese in pericolo e in allarme continuo, esposto a qualche catastrofe: maremoto, ciclone, eruzione, terremoto, incendio, inondazione. Il suo terreno non ha alcuna solidità. È fatto di molti depositi alluvionali lungo un ammasso precario di materiali disgreganti, pietre e sabbia, lava e ceneri, trattenuti tenacemente dalle radici di una vegetazione semitropicale.”

(Paul Claudel)

Paul Claudel presente al terremoto del 1° settembre, assiste a morte, distruzione, incendi che distruggono tutto ciò che incontrano: edifici, industrie, case etc. L'autore osserva, in particolare, la compostezza dei giapponesi nel reagire alle catastrofi, infatti, consapevoli della fragilità della vita, non si attaccano troppo al materiale. se non a ciò che serve per sopravvivere.

E come il giapponese ha adattato alle circostanze la sua casa e il mobilio, nello stesso modo ha adattato il suo animo.”

(Paul Claudel)

Ercole Patti, giornalista, nel racconto “Casa da tè con geishe”, ci conduce all'interno di una tipica casa da tè. Trovandosi in Giappone per lavoro, un giorno accompagna un collega viennese, che aveva insistentemente richiesto la sua compagnia per visitare una casa da te e vedere, in particolare, le geishe. Patti assiste a questa esperienza con discrezione, senza alcun preconcetto o stereotipizzazione e osserva tutto ciò lo circonda, spiegando con estrema attenzione e cura la cultura e il significato della figura femminile della geisha. Evidenziando, dall'altra parte, anche il comportamento del collega, che durante la visita incarna la tipica figura del turista che si crea delle aspettative, distorcendo le cose per il proprio piacere e tornaconto, dando significati allusivi che vanno al di là della cultura giapponese.

Nel leggere questo racconto mi sono spesso vergognata del comportamento del collega, mostrando apertamente l'ignoranza, la maleducazione e la prevaricazione del turista che pretende senza mettersi nella posizione di comprendere e rispettare un'altra cultura.

I racconti si succedono uno dietro l'altro, capitolo dopo capitolo, svelandoci un Giappone spesso a noi sconosciuto, come ad esempio, in quello di Léna Mauger, giornalista francese, in cui esamina il fenomeno sociale degli evaporati. Uomini e donne che, a causa di problemi economici e finanziari, spariscono, dall'oggi al domani, senza lasciare traccia. Questo è un fenomeno che, non solo svela quella parte del Giappone più in ombra, ma anche un episodio attivo a partire dagli anni Novanta, quando a causa dello scoppio della bolla finanziaria, molti impiegati del settore per sfuggire ai creditori, e non avendo più alcuna entrata economica, sono costretti a lasciare tutto e sparire nel nulla. Ma a questi si affiancano anche molte famiglie che, contraendo molti debiti, spesso con la Yakuza, si vedono costretti a fuggire, spesso aiutati da persone esperte. Sono molti gli evaporati in Giappone, ma per chi come noi che non è a conoscenza di questo fenomeno, non sa che molte persone sono scivolate nell'oblio, sparendo dalla società lasciando tutto.

Ho trovato molto belli e toccanti anche i due racconti scritti da Dacia Maraini e da suo padre Fosco Maraini. In quello scritto dal padre, si percepisce in ogni parola e descrizione lo sguardo dell'antropologo che, non solo racconta il suo ritorno nella via dove aveva abitato con la moglie e le figlie, descrivendo i vicini, ma anche la vita quotidiana vissuta negli anni. Ci spiega come per i bambini sia più facile entrare nell'anima di una cultura, in questo caso quella giapponese, attraverso le canzoncine, le filastrocche, la lingua e l'etichetta.

Mentre nel racconto della scrittrice ci ritroviamo a vivere l'esperienza della fame nel campo di prigionia, in cui lei e la sua famiglia vennero rinchiusi per due anni durante il periodo della seconda guerra mondiale. Due anni in cui la fame ha scandito la loro vita, spingendola a mangiare qualsiasi cosa, dalle formiche con la loro tossicità, alle ghiande non commestibili, ai funghi correndo il rischio dell'avvelenamento o della dissenteria. Un senso di fame che ancora oggi segna la sua vita.

Molti sono i racconti che si snodano in questa raccolta. Racconti che ho apprezzato perché ognuno di loro mi ha regalato un pezzetto di Giappone spesso poco noto, evidenziandone contraddizioni, problematiche, fenomeni sociali e naturali preoccupanti etc.

Bei racconti che vi consiglio di leggere uno alla volta, lasciando trascorrere del tempo l'uno dall'altro per assorbire meglio il loro significato, la profondità del tema e le emozioni che ne possono derivare. La bellezza di questa raccolta è che ci permette di immergerci nei racconti e nella cultura giapponese, senza filtri o influenze, comprendendo e apprezzando un popolo e una cultura affascinante e al tempo stesso complessa.

Un libro che vi consiglio di leggere se amate comprendere e conoscere una cultura diversa e se amate le parole e le descrizioni di grandi studiosi, letterati, giornalisti etc.

Buona lettura.



Marianna Di Bella


lunedì 25 novembre 2019

Recensione: "L'Arminuta" - Donatella Di Pietrantonio

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Titolo: L'Arminuta
Autrice: Donatella Di Pietrantonio
Editore: Einaudi



Perdere i propri punti fermi, da un momento all'altro, senza un'apparente motivazione.
Confusi e storditi ci si guarda intorno cercando di capire cosa è accaduto e, soprattutto, dove stiamo andando. Non sappiamo cosa fare, fermi in un limbo in cui non riconosciamo niente e nessuno, neanche noi stessi. Ci sentiamo soli, sperduti in un mondo più grande di noi. Un mondo che non ci rappresenta. Sentiamo di non appartenere più a nulla e nessuno, senza un'identità, una famiglia, in bilico tra passato e presente, tra chi eravamo e chi siamo...tra identità e oblio.
La nostra protagonista ha solo 13 anni quando, un giorno del 1975, la sua vita viene completamente e inesorabilmente stravolta. Un ragazzina normale, con una vita normale, tranquilla e serena. Una vita scandita dalle lezioni scolastiche, corsi di danza e nuoto, all'interno di un famiglia benestante che l'ama profondamente...fino a quando, nella maniera più brutale e scioccante che le possa capitare, non viene condotta e “riconsegnata” a quella che è la sua vera famiglia, scoprendo in questo modo che coloro che ha sempre considerato i suoi genitori erano in realtà lontani parenti. Per una serie di motivazioni incomprensibili, la ragazzina viene ricondotta come un pacco postale alla sua famiglia biologica. Una famiglia povera composta da numerosi fratelli, dove ogni giorno si lotta per la sopravvivenza e per il cibo. Dove vige la legge del più forte, dove la violenza è quotidianità e ognuno deve darsi attivamente da fare all'interno del nucleo familiare.

“Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati. Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere...”
(citazione tratta dal testo)

In poco meno di un giorno la sua vita viene stravolta, catapultata in una realtà che la stordisce e la mette di fronte al dolore, non solo di non riconoscersi in nessuno membro familiare, ma di sentirsi abbandonata per la seconda volta e, soprattutto, di non sapere più chi è...non avere più un'identità.

“Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l'altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo più da chi provenivo...”
(citazione tratta dal testo)

Come può una ragazzina affrontare quel doppio senso di rifiuto e abbandono da parte di una madre adottiva che non la vuole più, e un'altra che non conosce e l'ha abbandonata quando aveva pochi mesi? Come ritrovare se stessa se tutto ciò che la circonda non la rappresenta? Come sopravvivere all'interno di una famiglia completamente estranea e anche un po' ostile? Cosa si nasconde dietro tutta questa storia, apparentemente incomprensibile? Dov'è la verità? È ciò che la nostra protagonista cerca di scoprire e comprendere con tutta se stessa. Ha bisogno di capire, di fare chiarezza nella sua vita per riuscire superare la situazione, trovando un punto di equilibrio per sopravvivere e andare avanti. Un punto di equilibrio che, inaspettatamente, riceverà proprio all'interno di quella famiglia sconosciuta, grazie al rapporto con la sorella Adriana che l'aiuterà, con il suo carattere, vero, schietto e sfrontato, a salvarsi. Una sorella che sarà un faro, pronta a illuminare il suo nuovo percorso di vita, donandole sostegno, punti fermi e amore.

“(...) Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza.
(….)
Nella complicità ci siamo salvate.”
(citazione tratta dal testo)

Per capire come la nostra protagonista scoprirà la verità e come si evolveranno i rapporti con la nuova e vecchia famiglia vi consiglio di proseguire la lettura di questo splendido romanzo di Donatella Di Pietrantonio.
Una storia triste, intensa, commovente ed emozionante in grado di scuotere ogni lettore nel profondo della propria anima. Un romanzo che affronta tematiche importanti come: la maternità, la miseria umana, l'amore imperfetto, il degrado sociale, il senso di appartenenza e l'identità che, sapientemente mescolati e legati alle parole delicate e vere di Donatella Di Pietrantonio, ci restituiscono un romanzo intenso in grado di colpire come un pugno nello stomaco. Presentandoci un quadro sociale interessante con molte tematiche serie su cui riflettere con attenzione.
La storia è narrata in maniera cruda senza fronzoli per abbellirla, l'autrice ha cercato di renderla il più possibile vera e aderente alla realtà, grazie anche ai dialoghi scritti in dialetto e italiano che rendono la storia più credibile.
La lettura è scorrevole, coinvolgente al punto da avvertire sulla nostra pelle quel senso di disperazione che vive la nostra piccola protagonista, percependo il suo senso di smarrimento, estraneità e solitudine all'interno di una famiglia e una realtà sociale a lei completamente sconosciute e in cui non riesce a riconoscersi.
La scrittura è intensa, cruda, essenziale, attenta e misurata e con un pizzico di delicatezza e sensibilità con cui l'autrice riesce a raccontare episodi forti, donandoci punti di riflessione importanti..
I personaggi sono tutti ben delineati e costruiti, in modo particolare la protagonista e sua sorella Adriana, che per me è il personaggio che ha più personalità e forza scenica grazie al suo carattere vero, semplice e diretto. Un punto fermo per l'Arminuta e per noi lettori, perché sarà lei che, inaspettatamente, le regalerà la forza per andare avanti e lottare per quell'identità che si è andata sgretolando. Mentre, la protagonista rappresenta la tenerezza, la sofferenza ma anche la forza e la determinazione nel sapere la verità. Una protagonista di cui non conosceremo mai il nome, come se si volesse evidenziare in maniera netta e forte questa sua non appartenenza, negandole l'identità narrativa.
Donatella Di Pietrantonio riesce con le sue parole a creare una storia meravigliosa in grado di coinvolgere il lettore in ogni frase o pagina, affrontando con fermezza e sensibilità tematiche forti e interessanti.

“Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.”
(citazione tratta dal testo)

“L'Arminuta” è un romanzo poetico, intenso, delicato e mai banale che vi consiglio di leggere e scoprire, lasciandovi affascinare dalla protagonista e da sua sorella Adriana, che con la loro forza, sincerità, e con un rapporto nato in maniera inconsueta e imprevedibile, sapranno conquistarvi e legarvi a loro.
Un romanzo forte come gli schiaffi della vita, commovente come le lacrime che rigano le guance della protagonista, vero come Adriana, destabilizzante come la nuova vita dell'Arminuta.
Un romanzo da leggere, amare e custodire.
Buona lettura.



(Marianna Di Bella)

martedì 22 ottobre 2019

Recensione: "Sei come sei" - Melania G. Mazzucco

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Titolo: "Sei come sei"
Autrice: Melania G. Mazzucco
Editore: Einaudi




È dicembre e la città di Milano si sveglia sotto con un cielo grigio e cupo, ma questo non ferma la vita frenetica e il traffico cittadino. Gente che corre per raggiungere il posto di lavoro e scolaresche che lasciano le aule degli istituti scolastici per partecipare a gite e visite culturali.
Oggi ne seguiremo una in particolare, in questo momento si trova nei sotterranei della metropolitana, in attesa del convoglio che li condurrà alla Biblioteca Ambrosiana per ammirare i disegni di Leonardo da Vinci. Gli alunni sono sulla banchina sorvegliati dai loro insegnanti, ad eccezione di una ragazzina che se ne sta in disparte, cercando di non attirare l'attenzione dei suoi compagni. Il suo tentativo risulta vano, perché un gruppo di ragazzini si avvicina e inizia a darle fastidio. L'insegnante non si accorge di nulla e i compagni continuano a tormentarla con prese in giro pesanti, fino a quando tra la ragazzina e un compagno non si accende una lite che termina con uno spintone e la caduta dalla banchina del ragazzino che viene investito dalla metro. Nessuno si rende conto della situazione e la ragazza fugge spaventata.
Seguiamola in questa fuga rocambolesca, perché lei è Eva, la protagonista e voce narrante del romanzo di Melania G. Mazzucco.
Eva ha quasi dodici anni, è matura, equilibrata, e ha un'intelligenza fuori dal comune, sa cosa vuole e si impegna per raggiungere i suoi obiettivi. Ama scrivere e da grande vorrebbe diventare una scrittrice, parla come un libro stampato, non ha molti amici e i suoi compagni la considerano strana, divenendo oggetto di prese in giro pesanti e violente.

“Eva è sempre in guerra, scudo al fianco e lancia in resta, contro i mulini a vento. Bisognerebbe convincerla ad apprendere le armi al chiodo. Ma non desisterà, finché non avrà vinto la sua battaglia. Come può vincerla, da sola.”
(citazione tratta dal testo)

Dove sta fuggendo la ragazzina? Eva raggiunge la stazione centrale e prende il treno diretto a Roma, la sua meta definitiva è Visso, il paesino dove vive Giose, il padre, o meglio l'altro padre. Sì, perché Eva ha due papà, Christian professore universitario e Giose, ex cantante e meteora nel panorama musicale. I due uomini l'hanno desiderata, voluta e amata profondamente, creando con lei quella famiglia che tanto sognavano di costruire. Una famiglia felice, dove le diverse caratterialità si equilibravano perfettamente, creando un clima familiare amorevole e sereno, fino al tragico e mortale incidente di Christian.

“Era tutto per me – rispose Giose. La mia bussola, la mia meridiana. Non so vivere senza di lui. Sono annientato, mi sembra un incubo. Svegliami ti prego.”
(citazione tratta dal testo)

La tragedia segnerà profondamente le anime di Eva e Giose, che dovranno lottare con il proprio dolore cercando di non perdere se stessi e il loro nucleo familiare. Nucleo familiare che risentirà profondamente della perdita, perché nonostante i 12 anni di convivenza, la legge italiana non riconosce il legame dei due uomini e Giose, pur essendo il tutore legale di Eva non è ritenuto dal il giudice, una figura idonea alla cura, stabilità e crescita della bambina, che per questo motivo viene affidata al fratello di Christian.
Da qui inizieranno silenzi, incomprensioni, sentimenti trattenuti, amore intenso che ci condurranno all'interno di un storia bella ed emozionante.

“...certe volte la verità bisogna tenersela dentro, anche se brucia.”
(citazione tratta dal testo)

Il romanzo inizia in maniera avvincente, lasciandoci quel senso di suspense e interesse per tutto ciò che avviene sotto la metropolitana, la fuga di Eva, lo spavento, il terrore, il viaggio in treno ecc. Avvenimenti che ci tengono incollati alle pagine del libro, desiderosi di sapere cosa accadrà e di conoscere meglio la ragazzina. Dopo un inizio avvincente, la storia inizia a rallentare prendendo vita piano piano, pagina pagina, permettendoci di entrare nelle vite dei personaggi in punta di piedi e con il dovuto rispetto. Un percorso lento e delicato che ci lascia il tempo di scoprire non solo le loro vite, ma di entrare in empatia con i personaggi, lasciandoci il modo di fermarci a riflettere su molte tematiche interessanti: bullismo, disagio adolescenziale, libertà di essere se stessi e amare chi si vuole senza distinzione di genere, paternità, madri surrogate ecc.
Tematiche spinose e controverse che ancora oggi creano un dibattito politico e pubblico acceso e attuale.
Tematiche che Melania G. Mazzucco affronta e scrive con tatto e delicatezza, ma con una scrittura diretta ed efficace che riesce a colpire e attrarre il lettore, lasciandolo riflettere sull'amore in ogni sua forma e sfumatura. Amore che diventa il protagonista del romanzo: amore tra genitori e figli, amore tra due persone, amore timido, amore familiare. Semplicemente...Amore.
Melania G. Mazzucco riesce ad affrontare tutti questi temi in maniera diretta utilizzando punti di vista scomodi e per nulla scontati, facendo emergere le fragilità umane, senza mai cadere nel falso moralismo o forzature narrative. Al contrario riesce con naturalezza e sensibilità a mostrarci la vita così com'è: bella, dolorosa, autentica, difficile, imperfetta. Una vita piena di sorprese. Una vita fatta di incontri, scontri, amori e cambiamenti come quelli che capiteranno a Eva e Giose, le due voci narranti che si alterneranno tra i vari capitli e ci sveleranno i loro pensieri, le loro emozioni, aprendoci le loro anime e permettendoci di scorgere le loro ferite, fragilità e paure.

“Ma lui era diverso. Giose non si vergognava di lasciarsi guardare dentro. Non aveva mai considerato disdicevole esporre al mondo le sue viscere, i suoi impulsi, le sue piaghe, le sue gioie. Vivere senza confini, senza innalzare barriera tra sé e gli altri, era connaturato al suo modo di essere - forse ciò che più di tutto lo aveva spinto a comporre, creare, cantare. E anche darsi interamente, in amore.”
(citazione tratta dal testo)

La lettura è scorrevole e non perde mai il suo ritmo e la sua credibilità. La storia non assume mai un tono didascalico, al contrario, entra in completa armonia con il lettore, regalandogli sensazioni ed emozioni intense.
Ho amato profondamente il libro, soprattutto i due protagonisti, due anime fragili, sofferenti, imperfette, piene di amore e silenzi. Due personaggi credibili e aderenti alla realtà.
“Sei come sei” è una storia che entra dritta al cuore del lettore, tenendolo incollato alle sue pagine donandogli amore e umanità, fragilità e forza, crescita e maturazione, delicatezza e emozioni.
Una storia che vi consiglio di leggere e scoprire.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)

mercoledì 5 giugno 2019

Recensione: "Almarina" - Valeria Parrella

libro, recensione, mdb, libri il nostro angolo di paradiso, solitudine, speranza

Titolo: "Almarina"
Autrice: Valeria Parrella
Editore: Einaudi



 
Possono due solitudini incontrarsi e liberarsi da quel senso di oppressione che schiaccia e soffoca le loro anime?
Può la nostra protagonista entrare nel carcere di Nisida e sentirsi finalmente libera?
Può un posto, simbolo della chiusura e della prigionia dell'uomo, rappresentare la libertà e il luogo dove il tempo si ferma e si vive in una sorta di sospensione temporale? Dove la vita reale rimane chiusa fuori e le vite di adolescenti, insegnanti e guardie si intrecciano a volte toccandosi, altre volte passandosi accanto senza entrare in contatto?
Sì.
Ma andiamo con ordine e spieghiamo meglio ciò che sembra apparentemente improbabile e incomprensibile.
Elisabetta Maiorano è la protagonista del romanzo e insegna matematica nel carcere minorile di Nisida. È vedova e la sua esistenza è fatta di solitudine e malinconia. La sua vita è grigia, come la sua anima. Per lei tutto ciò che la circonda è senza spessore, importanza o incisività, e il suo sguardo e la sua anima sono intrisi di malinconia e tristezza.
Si sente sola e la sua vita scorre lenta, giorno dopo giorno, tra il lavoro e la sua casa vuota, senza alcun legame vero o eventi significativi che possano farla sentire viva. Entrare ogni giorno nel carcere, per lei vuol dire tornare a sentirsi libera, spogliandosi del superfluo per vestirsi solo del suo essere.

Mentre avanzo verso i vetri antiproiettile, sento che finalmente mollerò gli ormeggi da quella vita di usura che mi è capitata. È il regolamento, io non c'entro: per le prossime cinque ore non sarà responsabilità mia: come ciascuno che entri a Nisida torno libera, torno bambina.”
(citazione tratta dal testo)

Il suo lavoro è difficile, così come difficile è il rapporto con i detenuti. Sono ragazzi che nella loro breve vita hanno visto e fatto di tutto. Ragazzi che non guardano mai negli occhi di chi hanno davanti, perché farlo vorrebbe dire accettare la presenza dell'altro. Guardare negli occhi è una concessione riservata a pochi e quando questo avviene, quando quello sguardo, finalmente, si posa sull'altra persona, vuol dire conquistare interesse e lasciarsi leggere. Dentro quegli occhi ci sono racconti e vite inimmaginabili, sacrifici da parte delle famiglie di origine, o vite segnate da violenze e sopraffazioni. Vite dove è più importante essere svelti con le mani che con il cervello..

I primi tempi non mi guardavano mai negli occhi. E io me lo ricordo, quel rispondere a testa bassa dei maschi, sorridere a metà tra di loro. Saperti dire senza dire mai che non sei nessuno, che stanno perdendo tempo con te, e tu stai perdendo il tuo...”
(citazione tratta dal testo)

La vita di Elisabetta sembra procedere lenta e monotona fino a quando in classe non arriva Almarina, una ragazza di 16 anni. Una ragazzina picchiata e violentata dal padre, scappata dal suo paese d'origine per mettere in salvo il fratellino e se stessa. Una ragazzina sola contro il mondo, ma piena di speranza che donerà, inconsapevolmente, anche alla nostra protagonista.

Almarina mi consegna la sua speranza e io sbaglio.
Ma non è che si possa rifiutare. Quando entri qui dentro non puoi rifiutare più nulla, i detenuti di Nisida non ti chiedono il permesso di maltrattarti o accoglierti...”
(citazione tratta dal testo)

Almarina riuscirà a smussare i lati del carattere della donna, ammorbidendola e rendendola più accogliente. Elisabetta imparerà ad amare incondizionatamente senza aspettarsi nulla in cambio, anzi, offrendo se stessa e preparandosi a probabili “No”.
La donna imparerà ad accogliere e noi impareremo a conoscere, non solo la sua vita, ma quella che si cela dietro le mura di un carcere minorile in grado di offrire nuove opportunità a ragazzi che hanno smesso di sognare e credere di meritare delle seconde possibilità. Impareremo a vedere in maniera diversa grazie attraverso le parole dure, ruvide e intense di Valeria Parrella che ci regala un romanzo struggente e graffiante. Il suo stile è conciso, intenso, emozionante e vibrante. Uno stile in grado di toccare le corde dell'anima attraverso una narrazione densa e concisa.
L'autrice usa parole incisive che sono dei veri e proprio pugni nello stomaco. Parole che non nascondono quel sottile filo di speranza che salva la nostra protagonista e ci aiuta a riemergere dal dolore e dalla dura realtà del carcere.
Il romanzo non è molto lungo ma è poetico ed emozionante, e la voce della protagonista è un flusso di coscienza che si snoda e scivola lentamente pagina dopo pagina, avvolgendo il lettore e regalandogli pensieri e riflessioni interessanti. Le considerazioni sul carcere, ad esempio, sono notevoli. Così come acute sono le analisi che la protagonista fa su se stessa e sugli altri.
Purtroppo tutto questo non sempre facilita la lettura, infatti, alcuni passaggi risultano strutturalmente difficili, rendendo la trama non sempre godibile e interessante. Ma la bravura di Valeria Parrella è evidente e non leggere questo libro, per la presenza di alcune parti difficili, vorrebbe dire non regalarsi l'opportunità di scoprire un romanzo intenso e struggente.
Un romanzo in grado di regalare momenti di riflessione importanti.
Buona lettura!



(Marianna Di Bella)

giovedì 18 aprile 2019

Recensione: "Resto qui" - Marco Balzano

 

libro, mdb, recensione, libri il nostro angolo di paradiso, resistere, restare, identità

Titolo: "Resto qui" 

Autore: Marco Balzano

Editore: Einaudi



Restare per lottare contro i soprusi.
Restare per affermare la propria identità.
Restare per far riemergere la verità sommersa dai silenzi e dall'acqua.
Restare per sopravvivere.
Restare per raccontare...
Raccontare una storia intensa ed emozionante, in grado di toccare i cuori di molti lettori.
Ma procediamo con calma, torniamo indietro nel tempo e volgiamo il nostro sguardo verso un piccolo paesino situato nella Val Venosta: Curon.
Il posto è tranquillo ed è abitato da gente povera ma onesta, legata al proprio lavoro, ai valori e alla propria identità. Qui abita anche la protagonista e voce narrante del romanzo: Trina.
La donna affida alle pagine del libro, la storia della sua vita. Una voce delicata e leggera che prende sempre più corpo e consistenza, mettendo a nudo la sua anima e la storia del suo paese natìo.
La storia prende vita più o meno nel 1923, quando una giovane Trina sta per affrontare gli esami di maturità alla scuola magistrale. Il suo sogno è poter insegnare alle nuove generazioni, ma in quegli anni Mussolini, non solo cambia il sistema scolastico, ma fa italianizzare tutto, dai nomi personali, alle insegne degli esercizi commerciali fino ai nomi incisi sulle tombe. La lingua ufficiale diventa l'italiano e anche gli insegnanti, questo porterà a una spaccatura e a una netta divisione tra italiani e sud tirolesi. L'”altro” diventa il nemico e l'identità culturale, linguistica, etnica e sociale viene lacerata.

Dal primo momento è stato noi contro loro. La lingua di uno contro quella dell'altro. La prepotenza del potere improvviso e chi rivendica radici di secoli.”
(citazione tratta dal testo)

Il sogno di insegnare di Trina, si scontra contro la realtà e si frantuma in mille pezzi. Ma la ragazza è forte e determinata e inizierà a insegnare clandestinamente, comprendendo l'importanza nel mantenere viva la propria identità e questo sarà solo l'inizio della sua storia, delle sofferenze e dei problemi che dovrà affrontare nel futuro. La donna affronterà molte prove, come la perdita della secondogenita Marica, l'avvento del fascismo, la seconda guerra mondiale, la resistenza, la fuga, la morte e la costruzione della diga che segnerà il destino di tutta la comunità.
Tutti questi eventi influenzeranno la vita di Trina e ci aiuteranno a comprendere meglio la sua vita e il contesto storico e sociale in cui è ambientato il romanzo. Avvenimento dopo avvenimento scopriremo una ferita dolorosa del nostro paese e in particolare del Sud Tirolo ma, per conoscere appieno il romanzo e Trina, vi lascerò seguire le sue parole, i suoi pensieri e i suoi racconti, lasciandovi perdere tra i suoi ricordi.

Diventa una vertigine, il dolore. Qualcosa di familiare e nello stesso tempo di clandestino, di cui non si parla mai.”
(citazione tratta dal testo)

Marco Balzano ci regala un romanzo intenso ed emozionate. Con calma e pazienza fa riemergere dai documenti e dai recessi della memoria un passato storico poco conosciuto, e una storia dolorosa e lacerante. Nel romanzo affronta molti temi importanti su cui riflettere, come ad esempio l'esproprio forzato delle terre, la prepotenza e l'abuso di potere di uno stato per un proprio tornaconto economico, la disintegrazione di una comunità e della sua identità culturale, la costruzione di una diga, vietata per anni, su un terreno fragile e non adatto ecc.
La lettura è fluida e scorrevole. La scrittura e lo stile narrativo sono diretti ed essenziali. L'autore non si perde dietro formalismi, pietismi o autocommiserazione, al contrario è diretto nel dire le cose e nel descrivere i sentimenti dei protagonisti, dando rilievo ai fatti e agli eventi. Il testo è ben documentato e non ha pretese saggistiche, per questo la scelta del romanzo permette a tutti i lettori di affrontare e comprendere pienamente un tema delicato e poco conosciuto.
Trina è un personaggio ben costruito ed emerge nel testo in maniera forte e incisiva, mentre alcuni personaggi secondari sono lievemente accennati, non delineati al punto da renderli memorabili, ma solo delle figure evanescenti che si perdono tra le pieghe del racconto. Probabilmente una maggiore descrizione e delineazione dei caratteri, ci avrebbero permesso di avere risposte ai molteplici dubbi che rimangono aperti nel testo, come ad esempio il destino della figlia Marica. Questo però non toglie bellezza al romanzo che riesce ad afferrarci alla bocca dello stomaco, trascinandoci tra le vie del paesino e nell'anima di Trina.

...se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne di appartengono, non devi aver paure di restare.”
(citazione tratta dal testo)

Un testo intenso ed emozionante.
Un testo velato di malinconia.
Un testo che ci ricorda di lottare per i nostri diritti e resistere allo scorrere del tempo.
Un testo...a voi scoprirlo e continuare la frase.
Buona lettura!!




(Marianna Di Bella)

martedì 16 aprile 2019

Recensione: "Restare vive" - Victoria Redel

libro, mdb, libri il nostro angolo di paradiso, recensone, amicizia, amiche, dolore, malattia, donne
Titolo: "Restare vive"
Autrice: Victoria Redel
Editore: Einaudi




In un tranquillo e sereno fine settimana, cinque amiche si rivedono per trascorrere del tempo insieme tra chiacchiere e risate.
Cinque amiche che si conoscono dai tempi delle scuole elementari e che giunte alla soglia della mezza età continuano a vedersi e frequentarsi, rinsaldando quel rapporto così unico e profondo. Cinque amiche cresciute insieme affrontando problemi, matrimoni, nascite, divorzi, risate e tutto ciò che la vita le ha riservato.

“Erano state bambine insieme e insieme madri.”
(citazione tratta dal testo)

Un'amicizia forte, intensa e unica.
Un'amicizia sempre attenta e presente, soprattutto, nei momenti più difficili e dolorosi...come oggi, perché questo, purtroppo, non è un tranquillo pomeriggio fatto di chiacchiere e risate. È un incontro per aiutare e sostenere per l'ennesima volta Anna. La donna è malata da molti anni, un tumore si è insinuato nell'atrio sinistro del suo cuore. Una massa tumorale che negli anni non l'ha mai abbandonata, devastandola con gli effetti nocivi dei medicinali, costringendola a cambiare continuamente le cure e ad affrontare cadute e recidive. Ha lottato per anni, attaccandosi alla vita e all'immenso aiuto dei familiari e delle amiche, ma ora è stanca. Stanca di lottare, soffrire e credere in una remissione. Stanca di essere forte per se stessa e per gli altri. Anna è stanca di vivere. Per questo ha deciso di smettere con le medicine e di seguire un iter di cure palliative domestiche che la porteranno lentamente alla morte e alla fine della sua atroce e indescrivibile sofferenza. La donna ha informato tutti della sua decisione: i figli, l'ex marito, i fratelli e le amiche. Loro vorrebbero farle cambiare idea, farla lottare ma lei è decisa e irremovibile. La donna che ha sempre tenuto unito il gruppo è pronta a lasciarlo, consapevole che la sua scelta è fonte di perplessità e dubbi.

“Anna chiuse gli occhi. Ascoltava. Così famigliari le cadenze e gli accenti delle voci delle sue amiche. Perfino le pause di Caroline per trovare la parola più adatta. Non riusciva a spiegare quando si sentisse sollevata. Non l'avrebbe mai immaginato. Parte del sollievo era non doverci più provare.”
(citazione tratta dal testo)

Helena, Ming, Molly, Caroline...le sue amiche. Eccole stringersi intorno a lei per vivere i suoi ultimi giorni, permettendo a noi lettori di entrare in punta di piedi nella casa di Anna per conoscere le loro vite e la loro amicizia e accompagnando la donna in questo ultimo viaggio. Un viaggio fatto di ricordi che emergono in ogni pagina e pensiero delle cinque donne. Ricordi che sembrano delle vecchie polaroid che immortalano una vita passata fatta di risate, sentimenti profondi, rapporti intensi. Ricordi che prendono vita, dando forma e contenuto a questo intenso ed emozionante romanzo di Victoria Redel.
L'autrice è riuscita ad affrontare un tema delicato, intenso e profondo con delicatezza e sensibilità. Soffermandosi sui sentimenti e su un'intensa introspezione di Anna e delle altre protagoniste. Introspezione che permette al lettore di scoprire e conoscere l'anima delle cinque donne.
La lettura è fluida e scorrevole e la scrittura è semplice ma intensa.
A molti probabilmente non piaceranno i continui salti temporali tra un ricordo e l'altro, le frasi brevi o i piccoli paragrafi che compongono i capitoli, ma io l'ho amato proprio per questo, perché credo che questa costruzione del testo renda il romanzo più intimo e introspettivo, permettendo al lettore di entrare in empatia con le cinque donne.

“Ma Anna sapeva che l'eccezionale avviene sottovoce dentro il quotidiano. Senza ornamenti, spesso inosservato.”
(citazione tratta dal testo)

Un romanzo scelto per caso.
Una lettura piacevole che lascia riflettere il lettore su temi importanti come il dolore e la morte.
Un libro che è un inno all'amicizia.

“La bellezza di quell'amicizia stava proprio nella volontà di restare unite attraverso i cambiamenti.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)

martedì 29 gennaio 2019

Recensione: "Accendimi" - Marco Presta


recensione libro, libri il nostro angolo di paradiso, mdb,

Titolo: "Accendimi"

Autore: Marco Presta

Editore: Einaudi






Vivere, giorno dopo giorno, ripetendo sempre gli stessi gesti, seguendo la monotonia del lavoro, dello studio, della famiglia. Una vita segnata dalla ripetitività delle cose, ingabbiati nell'insoddisfazione e nell'apatia esistenziale. Si rimane fermi, come in attesa di qualcosa o qualcuno che ci scuoti da questa monotonia dietro cui ci siamo trincerati, per paura di stravolgere la nostra vita e afferrare i nostri sogni. Trovare, finalmente, quel coraggio che abbiamo perso, per vivere seguendo i nostri desideri, le nostre inclinazioni ma, soprattutto, per essere felici.

...il rimanere a galla non è mai una certezza, ma l'alternativa al colare a picco.”
(citazione tratta dal libro)

Caterina, la protagonista di questo romanzo, è una giovane donna che fa un lavoro che ama profondamente: la pasticcera. Un lavoro appagante e fantasioso, attraverso cui riesce ad esprimere i suoi stati d'animo.
La sua vita è tranquilla e ordinata, ha un lavoro che le piace, è in buona salute, non ha gravi problemi che la tengono sveglia la notte, ha un fidanzato che si prende cura di lei ma...ma è tutta apparenza, perché se solleviamo quel sottile strato di zucchero a velo, ci renderemo conto che la donna non è felice e vive passivamente una vita che non la stimola, accanto a un uomo che non accende nessuna scintilla in lei. Caterina sogna qualcuno che finalmente riesca a comprenderla fin nelle profondità della sua anima addormenta, risvegliandola da un torpore durato troppo a lungo.

...una donna sui quarant'anni, con i capelli di un castano ancora sincero, qualche ruga di troppo intorno agli occhi e un corpo asciutto, elegante: un clavicembalo in attesa da molte stagioni che un musicista capace lo accordi.”
(citazione tratta dal libro)

O forse, qualcuno già esiste. È solo una voce calda e profonda che prende vita da una radio e sembra comprenderla meglio di chiunque altro. La aiuta, la sostiene, sembra che tutto ciò che dica sia rivolto proprio a lei...un momento, quella voce parla con lei. Cosa sta succedendo? Chi si nasconde dietro questa voce? È uno scherzo? È frutto della sua fantasia? È magia o pura realtà? Difficile spiegarlo in due parole, così vi lascerò continuare la lettura del libro in tutta tranquillità ma, devo essere assolutamente sincera con voi, questo libro mi ha profondamente delusa.
Ho scelto il libro attratta dalla trama che mi aveva favorevolmente colpita. Adoro i romanzi dove le protagoniste attraversano un percorso di cambiamento e riscoperta di sé, invece, mi sono ritrovata una storia che ho trovato noiosa e monotona, ad eccezione di frasi ironiche e sarcastiche che donano un po' di pepe e vitalità alla trama.
Il romanzo è scritto bene ma la storia rimane comunque piatta e monotona come la protagonista, che avrei voluto scuotere per svegliarla dal torpore e dalla passività esistenziale dietro cui si è nascosta, soprattutto verso quei personaggi meschini che la circondano e a cui sembra soccombere.
Una storia che nonostante la voglia di scappare ed emergere dal grigiore emotivo, rimane impantanata nella monotonia. Peccato.
Lascio comunque a voi il piacere di scoprire il libro e la trama, chissà che non vi regali emozioni sovvertendo il mio modesto parere personale.

Ripensò alla vita che le era stata data, a come s'era svolta fino a quel momento, identica a quella di chissà quante altre persone eppure unica, perché era la sua.
Rivide tutti i suoi abbagli, gli errori madornali, i palazzi che aveva cominciato a costruire senza terminarli, lasciandosi alle spalle un bel po' di calcinacci, le speranze andate deluse, le attese che non l'avevano portata a nulla.
Poi si scrollò e vide anche i piccoli successi che aveva ottenuto, le amicizie sincere, il piacere che le dava tutti i giorni il suo lavoro.
Accese la radio.
Sorrise alle prime note della canzone, quanto sentì che una persona può cambiarti la vita con un gesto della sua mano.”
(citazione tratta dal libro)


Buona lettura!!


(Marianna Di Bella)