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giovedì 26 settembre 2024

Recensione: "Sotto le strade di Londra" - Kate Thompson


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Titolo: Sotto le strade di Londra

Titolo Originale: The Little Wartime Library

Autrice: Kate Thompson

Editore: Garzanti



Buongiorno lettori,

avete mai la sensazione che per quanto possiate leggere e studiare un argomento specifico, ci sarà sempre qualcosa di cui ignoravate l'esistenza?

A me capita, in particolare, con il periodo storico della Seconda Guerra Mondiale. Per quanto mi sforzi di leggere, c'è sempre quel particolare evento che mi costringe a fermarmi, studiare e aggiungere l'ennesimo tassello su questo grande e immenso puzzle storico.

“Sotto le strade di Londra” non è stato solo un romanzo intenso ed emozionante, che mi ha fatta innamorare della storia e di ogni suo personaggio, ma ha rappresentato un altro importante e prezioso pezzetto di puzzle da aggiungere al mio personale quadro sul secondo conflitto mondiale.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo, prima di tutto, di conoscere la trama e per farlo occorrerà fare due viaggi indietro nel tempo. Due viaggi che ci permetteranno, non solo di collocarci in un preciso contesto geografico, ma anche di comprendere meglio la storia e due eventi che pur essendo diversi tra loro, hanno comunque influenzato le nostre vite, costringendoci a scontrarci con la morte, la restrizione e la paura per se stessi e il futuro.

Pronti?

Londra – 7 Settembre 2020

Periodo di pandemia. Il Covid imperversa in tutto il mondo portando morte e isolamento, costringendo le persone a rivedere la propria vita e il proprio futuro.

Siamo a Londra e anche qui aleggia quel senso di paura e isolamento ma, tranquilli, non dobbiamo osservare gli effetti della pandemia sul popolo londinese, bensì cercare un'anziana donna che ci aiuterà a entrare nel cuore di questo meraviglioso romanzo.

Osservate attentamente e....eccola lì, con il suo bastone e l'andatura oscillante che si dirige verso la metropolitana di Bethnal Green. La donna è accompagnata dalle sue figlie, Rosemary e Miranda, che la seguono preoccupate perché vorrebbero tutelare e preservare la salute della madre. Ma la donna è caparbia, non sente ragioni e prosegue per la sua strada. Ha una missione da portare a termine. Scende i gradini della metropolitana, si dirige verso la banchina e i ricordi iniziano a riaffiorare.

Due addetti della metropolitana le si avvicinano e le consegnano le sue lettere ritrovate durante i lavori di ristrutturazione Le aveva perse? Perché erano lì?

Riaprire e leggere quelle lettere è come riaprire il cassetto dei ricordi, riportando alla luce un passato che finora, la donna, aveva celato alle figlie.

I ricordi prendono il sopravvento e come un caldo abbraccio circondano la nostra cara signora e noi lettori che veniamo riportati indietro nel tempo.

Quel profumo evocativo, l'aroma della carta vecchia e ammuffita, le hanno riaperto i sentieri della mente, e adesso i ricordi vi si affollano. Sente il trillo delle risate dei bambini che corrono per i tunnel. Il lieve fruscio delle pagine che vengono girate. Bam. Il timbro del metallo sulla scheda dei prestiti. Il cigolio del carrello dei libri. E poi l'olezzo del fenolo, allora l'equivalente del gel igienizzante per le mani. Sono gli odori della sua storia personale.”

(citazione tratta dal testo)


Londra 1944 – Seconda guerra mondiale

Geograficamente non ci siamo spostati, siamo sempre qui nella capitale inglese e siamo sempre a Bethnal Green. Perché? Beh durante il secondo conflitto mondiale, la città è stata per anni sotto attacco, i continui bombardamenti hanno distrutto la città e costretto gli abitanti a sopravvivere come meglio potevano. In molti trovarono rifugio sotto le metropolitane, e proprio nella metropolitana di Bethnal Green vivevano più di 5000 persone.

Una città sotterranea che diede rifugio a migliaia di persone che si sentivano al sicuro lì sotto, ricreando uno spazio comunitario che li facesse sentire a casa, per quanto fosse possibile in un luogo angusto, con pochissima areazione e continuamente sotto accatto aereo.

Gli abitanti del quartiere avevano cercato di ricreare quel senso di comunità che si stava sgretolando, cercando di sopravvivere al terrore e alla morte, creando un teatro, corsi di danza, migliaia di letti a castello per ospitare chi una casa non ce l'aveva più o aveva il terrore di tornare nella propria e, infine, una biblioteca. Sì, avete letto bene, una biblioteca con ben 4000 volumi che accompagnavano e scandivano le giornate delle persone.

Un rifugio sotterraneo non solo fisico ma, soprattutto, mentale per evadere da una situazione diventata intollerabile e ingestibile. Sopravvivere psicologicamente ai bombardamenti era impossibile, perché morte, distruzione e dolore erano diventati una costante nella vita dei soldati e dei civili. I libri, nel loro essere oggettivamente piccoli, avevano il grande potere di far evadere e fuggire da quella atroce realtà, conducendo i lettori verso altri mondi, epoche, storie e vite. Leggere li aiutava a dimenticare per un momento la loro esistenza, trovando quella serenità e quella pace agognata da anni.

Quando in Gran Bretagna cadevano le bombe, la gente pensava solo a fuggire da quell'orrore e a evadere in un mondo nuovo che offrisse emozioni e fantasia. E quel mondo nuovo lo si poteva trovare dentro un romanzo.”

(Robert James, professore associato di Storia presso la University of Portsmouth)

Artefice della biblioteca di Bethnal Green è Clare Button. La donna trasferì lì sotto i 4000 volumi rimasti nella biblioteca centrale del quartiere, distrutta da una bomba, dove lavorava come responsabile della sezione letteratura per ragazzi.

La donna, insieme alla sua migliore amica Ruby Munroe, gestiscono la biblioteca prendendosi cura dei libri e dei lettori, organizzando prestiti, letture serali per i ragazzi, gruppi di lettura, qualsiasi cosa per mantenere il senso di comunità e aiutare gli altri.

Clare e Ruby non sono solo delle semplici bibliotecarie ma anche amiche, confidenti, assistenti sociali, psicologhe, qualsiasi cosa pur di essere di aiuto per i bambini, le donne e il resto della comunità.

Le due donne, seppur caratterialmente diverse, si vogliono molto bene. Clare è più introversa, calma ed ha la capacità di abbinare le persone ai libri, mentre Ruby vive la vita con coraggio, slancio e audacia. Per lei nulla è impossibile, o quasi. Perché, come tutti, le due donne portano dentro di sé un dolore immenso, un lutto, una ferita che segna la loro anima.

Si facevano forza a vicenda, loro due, entrambe anime in pena e in lotta contro il proprio passato.”

(citazione tratta dal testo)

Clare è la luce e il collante di questa comunità che vede ruotare, al suo interno, personaggi che in poco tempo si faranno amare dalla protagonista e da noi lettori.

Mr, Pepper, le operaie della fabbrica, Mrs Chumley, autoritaria vicedirettrice del rifugio, Billy, il barelliere. I Ratti della Metro e le sorelline Kolsky fuggite dal Jersey che, vi consiglio di non perdere di vista perché...no, non aggiungo altro.

Quello che è importante sapere è che la biblioteca diventa cuore pulsante della comunità sotterranea ma anche rivoluzionaria per la vita di alcune persone, in particolare le donne. Clare, Ruby e le altre donne impareranno, attraverso la lettura e il confronto, quanto sia importante credere in se stesse, nelle proprie capacità, cercando l'indipendenza per liberarsi da uomini, fidanzati e mariti violenti e alcolizzati, liberarsi da una vita fatta solo di lavoro, figli e cucina. La maggior parte di loro e, quindi, delle donne dell'epoca, ignorano qualsiasi forma o controllo delle nascite, sono poco istruite, costrette a lavorare per aiutare la famiglia.

Leggere rappresenta, oggi come allora, un atto sovversivo. Un atto che apre le menti, allarga gli orizzonti e istruisce, aiutando a migliorare la propria condizione economica, imparando a prendersi cura di se stesse e non lasciando più all'uomo la prerogativa di scegliere per loro, vita e futuro.

I libri diventano una fuga dalla realtà e dall'ignoranza. Diventano una speranza per un futuro migliore, diverso da quello che si sta vivendo. I libri sono la cura per la loro e la nostra anima. E questo romanzo ha in sé tutto questo.

...le operaie si avventarono sugli scatoloni come un cieco che aveva appena recuperato la vista. Che meraviglia vedere la gioia contagiosa che dava la lettura! I libri fornivano loro una via di fuga verso un altro mondo, meno duro. Passavano in rassegna i dorsi dei volumi con voracità, qualcuna andava direttamente all'ultima pagina, altre partivano dalle prime. Era come stare a guardare centinaia di sogni diversi che a poco a poco prendevano vita.”

(citazione tratta dal testo)

“Sotto le strade di Londra” è un romanzo in cui si respira costantemente la speranza e la voglia di ricostruire e andare avanti. Pur essendo un romanzo con personaggi inventati, è importante sottolineare che la storia è ispirata a fatti realmente accaduti. Tutto ciò che vi ho raccontato sui bombardamenti, sui rifugi, la città e la biblioteca sotterranea, sono esistiti realmente. Personalmente ero a conoscenza della situazione critica di Londra durante il secondo conflitto mondiale, ma non sapevo nulla di una biblioteca sotterranea e questo libro mi ha aperto un'altra finestra sul passato.

Grazie alla scrittura fluida, semplice e intensa dell'autrice si entra facilmente nel cuore romanzo. La storia è coinvolgente ed emozionante con molte tematiche su cui riflettere, come ad esempio: la violenza domestica, il potere dei libri, il lutto, la libertà sessuale, il controllo delle nascite. L'indipendenza economica, il patriarcato, la libertà di leggere ciò che si vuole etc.

...una donna non è proprietà del marito! Se grazie ai libri che ho prestato loro hanno trovato la forza di reagire e di seguire le proprie idee, allora benissimo, ne sono felice.”

(citazione tratta dal testo)

Il romanzo è scorrevole, emozionante e coinvolgente. Ogni personaggio è ben delineato, in particolare le protagoniste che emergono con le loro differenze e contraddizioni caratteriali e psicologiche. Ogni personaggio è facilmente riconoscibile e alcuni di loro mi sono rimasti nel cuore, come ad esempio Sparrow, Ruby, Clare, Billy e gli altri, ma lascerò a voi il piacere di scoprirli e conoscerli.

Ho amato il libro in ogni suo aspetto, ad essere sinceri pensavo di leggere una semplice storia ambientata durante il secondo conflitto mondiale, invece ho trovato emozione, sofferenza, amicizia, rinascita, speranza e amore per la lettura.

Spesso, a noi lettori, viene chiesto quale importanza hanno i libri nella nostra vita, beh oggi posso dirvi che la risposta è riassunta perfettamente in questo libro e in questa storia. Ogni libro è una medicina per i mali della vita, una cura per il dolore, la sofferenza, la perdita ma anche molto altro che però non ho voglia di spiegare perché sarà il libro a parlare per me.

Lasciatevi avvolgere dall'atmosfera del romanzo. Lasciatevi cullare dalle parole dell'autrice e perdetevi anche voi tra i binari della metropolitana di Bethnal Green e tra gli scaffali della biblioteca gestita da Clare e Ruby.

Ahhhh dimenticavo! Avete capito chi è l'anziana signora che ha dato inizio al romanzo? No? Beh allora scopritelo leggendo “Sotto le strade di Londra”, io credo lascerò passare un po' di tempo per rileggerlo di nuovo e scoprire altri particolari sfuggiti ad una prima lettura.



Marianna Di Bella

lunedì 22 luglio 2024

Recensione: "Finché non aprirai quel libro" - Michiko Aoyama

 

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Titolo: Finché non aprirai quel libro

Autrice: Michiko Aoyama

Editore: Garzanti




Se vivete con la costante sensazione di esservi smarriti lungo il sentiero della vostra esistenza, incerti sul vostro futuro, indecisi su quale strada prendere per riuscire a realizzare i vostri sogni, e avete bisogno di leggere un libro che vi aiuti a schiarire le idee, affidatevi ai consigli della signora Komachi Sayuri.

La donna è bibliotecaria presso la Community School a Tokyo. occupa uno spazio a lei dedicato dove aiutare i lettori nel districarsi tra i diversi titoli. Andate da lei e aspettate che vi rivolga la domanda “Che cosa cerca?”. Una semplice domanda che, vi assicuro, vi farà sentire subito compresi e avvolti da un senso di sicurezza. Spiegatele cose cercate e, in poco tempo, vi stamperà una lista di libri da leggere, accompagnati da un piccolo oggetto di lana cardata che lei chiama “supplemento”.

La cosa bella della lana cardata è che anche a lavoro iniziato si può rifare tutto daccapo come più ci piace. Anche se si ha quasi finito, se mentre si crea l'oggetto si pensa di volerlo fare diversamente è molto semplice correggere il tiro in corsa.”

(citazione tratta dal testo)

La signora Komachi è una donna tranquilla, apparentemente distratta dal suo hobby, ma è attenta, sensibile, perspicace, empatica al punto da comprendere cosa cercano veramente i lettori, perché di solito alla sua ricerca bibliografica aggiunge sempre un testo incompatibile con gli altri. Testo che, invece, risulterà importante per il lettore, perché lo aiuterà a schiarirsi le idee.

Lo sanno benissimo Tomoka, Ryō, Natsumi, Hiroya e Masao i protagonisti di questo libro. Vivono tutti nello stesso quartiere, ma non si conoscono, e usufruiscono della Community House e della biblioteca senza mai incontrarsi, o quasi.

Tomoko vive una situazione di impasse nella sua vita, insoddisfatta del suo lavoro; Ryō vorrebbe realizzare il suo sogno di aprire un negozio di antiquariato ma è timoroso e non sa come fare. Natsumi, invece, è una giovane donna che si sente incompresa nel suo ruolo di mamma e impiegata, e vive con il costante e opprimente senso di colpa per non riuscire a gestire in maniera soddisfacente i due ruoli. Hiroya non ha fiducia in sé e nella sua arte, tanto da rinunciare a realizzare il suo sogno e vivendo passivamente.

Persone e storie diverse, ma con un comune denominatore: la paura di non essere all'altezza delle situazioni. Vogliono tutti trovare la loro strada, realizzare i propri sogni ma sono insicuri e hanno paura di non farcela, così preferiscono rifugiarsi nella routine quotidiana pur di non mettersi in gioco e tentare di cambiare la propria vita.

In un mondo in cui non si sa che cosa può accadere domani, sto facendo quello che mi è possibile fare in questo momento.”

(citazione tratta dal testo)

Hanno tutti bisogno di una piccola spinta per muovere il primo passo verso il cambiamento, trasformando i “non posso” o i “non ho” in obiettivi. Rimettendo in moto la propria esistenza. Ciò che i protagonisti non sanno è che in realtà saranno loro a dare il via al cambiamento, con un profondo esame di coscienza; la signora Komachi li aiuterà solamente ascoltandoli e facendogli scoprire il potere dei libri diradando la nebbia della loro confusione. Ma aiuterà anche noi lettori, ricordandoci quanto sia importante avere, prima di tutto, fiducia in sé stessi, per poi aprirsi al mondo esterno per ritrovare il dialogo e il confronto con l'Altro, creando quel movimento di apertura che, passo dopo passo, ci conduce a comprendere meglio ciò che ci circonda e a vedere le opzioni e le possibilità che prima o non vedevamo o non ritenevamo possibili.

Siamo tutti quanti collegati. Si parte da un solo nodo per poi stringerne sempre di più. Ma quei legami, se lei se ne sta ad aspettare che arrivi il momento per agire, non torneranno indietro. Se invece frequenterà e parlerà con molte persone, quando arriverà sul punto di pensare che ormai vada bene, perché ne ha viste davvero tante di cose, allora quell' ”un giorno” diventerà “domani”.

(citazione tratta dal testo)

Finché non aprirai quel libro” è un libro delicato e, lasciatemelo dire, una coccola per l'anima. Un romanzo che aiuta a riflettere su se stessi e la società attraverso le storie dei protagonisti.

Ogni capitolo è dedicato a un personaggio che, attraverso la narrazione, ci affida la sua storia e le sue riflessioni, in un lungo flusso di coscienza. Riflessioni che diventano delle piccole e preziose confidenze sul loro malessere, sui sogni ma anche sul cambiamento. Diventando noi stessi custodi inconsapevoli dei loro pensieri e della loro rinascita interiore.

Ogni personaggio è costruito psicologicamente molto bene, tanto da sembrare veri e rendere credibile la trama. Sì, lo so, probabilmente per molti può risultare intriso di buoni sentimenti, positività etc, ma ci sono momenti nella vita che si ha bisogno di questo...io avevo bisogno di questo, un libro coccola in cui rifugiarmi e perdermi per un po'.

Io non ho fatto niente. Sei stata tu da sola a prendere ciò che era necessario.”

(citazione tratta dal testo)

La lettura è godibile e scorrevole, a onor del vero devo evidenziare che in alcune parti è ripetitivo, come ad esempio, gli incontri con la bibliotecaria, la frase di routine, la selezione dei libri, la donazione dei supplementi etc. Queste ripetizioni narrative possono risultare noiose, anche perché ultimamente questo filo narrativo, lo riscontriamo in molti altri libri dando al lettore la sensazione di stare leggendo lo stesso testo. Fortunatamente non è così per questo romanzo che, grazie alla scrittura dell'autrice, alla profondità psicologica che ha donato ai personaggi e le storie con tematiche attuali e interessanti, rendono tutto il lavoro bello e interessante.

Un romanzo che ho amato molto, che mi ha coccolata e abbracciata, lasciandomi alcuni spunti su cui riflettere.

... lo stesso vale per i libri. Cose che non c'entrano nulla con lo scopo dell'autore e le parole che questi ha scritto, è poi chi le legge a legarle a sé con un filo, a ricavarne qualcosa che è soltanto suo.”

(citazione tratta dal testo)

Buona lettura.



Marianna Di Bella


lunedì 27 giugno 2022

Recensione: "Finché il caffè è caldo" - Toshikazu Kawaguchi

 

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Titolo: Finché il caffè è caldo

Titolo Originale: Coffee Ga Samenai Uchini

Autore: Toshikazu Kawaguchi

Editore: Garzanti




Buongiorno lettori,

oggi voglio portarvi con me a visitare una caffetteria speciale. Un luogo magico e accogliente dove il tempo sembra non scorrere mai e dove si può mangiare, gustare un caffè e tornare indietro nel tempo.

Sì, avete letto bene, potete tornare indietro nel tempo, non ci credete? No? Allora forza, preparatevi e andiamo, dobbiamo solamente raggiungere il Giappone, più precisamente la città di Tokyo. Qui si trova, in una stradina poco conosciuta, la caffetteria che dobbiamo visitare.

Eccola! Ora basterà entrare, scendere le scale per ritrovarsi in un locale piccolo ma confortevole, con un arredamento non proprio moderno, composto da tre tavolini e un bancone. Sediamoci e lasciamo che la storia, di questo dolce romanzo, prenda vita. Ci basterà aspettare poco per assistere a questo evento straordinario e, ammettiamolo, sognato da tutti.

Chi non vorrebbe viaggiare indietro nel tempo per ritrovare i cari che abbiamo perso e amato, per rimediare a uno sbaglio o per risolvere dei problemi? Lo vorremmo tutti, ma abbiamo paura ad ammetterlo perché crediamo che sia una cosa impossibile, ma non qui. No, qui si può fare. Come? Aspettate ancora un pochino, lasciamo entrare i protagonisti del romanzo, coloro che daranno anima e corpo a questo luogo e che ci spiegheranno come sia possibile viaggiare nel tempo.

Vi vedo ancora titubanti. Allora, vedete quella donna vestita di bianco, seduta sola a un tavolino che legge come se intorno a lei non ci fosse nessuno? La sedia dove è seduta è l'unico mezzo che permette il viaggio, ma non basta sedersi, non è così semplice, perché per farlo occorrerà seguire delle regole rigide e ben precise e il compito di spiegarle spetta a Kazu, la cameriera del locale e cugina di Nagare e Kei, i proprietari della caffetteria.

...Kazu si presentò portando un vassoio d'argento con una caffettiera d'argento e una tazza di caffè bianca.”

(citazione tratta dal testo)

Le regole sono tantissime e devono essere rispettate scrupolosamente, altrimenti si rischia di rimanere intrappolati nel tempo.

Le regole sono:

“Prima regola: Le uniche persone che si possono incontrare nel passato sono quelle entrate nel caffè.

Seconda regola: Qualunque cosa si faccia quando si è nel passato, non si può cambiare il presente.

Terza regola: Per tornare nel passato, bisogna sedersi solo e unicamente su quella sedia.

Quarta regola: Quando si torna nel passato bisogna restare su quella sedia e non ci si può muovere di lì.

Quinta regola: C'è un limite di tempo...”

(citazione tratta dal testo)

Finché il caffè è caldo” è il limite di tempo per poter rimanere nel passato. Un tempo breve ma, credetemi, sufficiente per poter esprimere i propri sentimenti, verità celate, insomma per poter dire tutto ciò che non è stato detto.

Serve coraggio per dire quello che va detto.”

(citazione tratta dal testo)

Si può dire tutto, con la consapevolezza che tutto ciò che verrà fatto e detto nel passato non cambierà il presente. Lo so, può sembrare inutile fare un viaggio che non porti a nulla di concreto, ma leggendo la storia e ascoltando i racconti di coloro che hanno viaggiato, vi renderete conto che ognuno di loro torna diverso, pieno di speranza per se stesso e la propria vita, comprendendo che il presente è l'unica cosa certa, un dono da vivere senza rimpianti o ripensamenti e che il futuro è un mistero ancora da scoprire. Un futuro che dipende da noi e dalle nostre scelte, ricordandoci che bisogna sempre credere nei propri sogni e, soprattutto, credere in se stessi. Allora sì che il viaggio avrà un significato importante e vitale, come lo è stato per Hirai che decide di tornare indietro per rivedere la sorella e lenire il suo senso di colpa; Kōtake torna per aiutare il suo amore e ritrovare sé stessa. Fumiko, invece, lo fa con la speranza di parlare in modo chiaro con il fidanzato, mentre Kei...no, non voglio svelarvi nulla e neanche accennare a un piccolo dettaglio perché è il viaggio che mi ha emozionata di più per la delicatezza della sua storia e mi piacerebbe che foste voi a scoprirlo.

Kazu è ancora convinta che, se vuole, la gente troverà sempre la forza per superare tutte le difficoltà che si presenteranno. Serve solo cuore. E se quella sedia ha il potere di cambiare il cuore delle persone, di sicuro un senso deve averlo.”

(citazione tratta dal testo)

Finché il caffè è caldo” è un romanzo che ho amato, semplice, delicato, arrivato in un momento particolare della mia vita in cui avevo bisogno di un piccolo raggio di sole e speranza, un abbraccio caldo e confortevole, un testo che riuscisse a rincuorarmi facendomi sentire al sicuro. Avevo bisogno di un coccola letteraria e il libro è arrivato magicamente come un dono da parte di una persona cara.

...sono molto felice per la vita che mi hai dato.”

(citazione tratta dal testo)

Il libro è suddiviso in quattro capitoli che raccontano i viaggi di Hirai, Fumiko, Kōtake e Kei. Storie che si snodano tutte all'interno del locale. I personaggi sono ben delineati e creati con garbo e semplicità, riuscendo a suscitare nel lettore una forte empatia verso le loro storie. Io ho apprezzato, in maniera particolare, i personaggi di Kei per la sua sensibilità, forza, speranza e il suo saper vivere felice; e il personaggio di Kazu, una ragazza chiusa che cela la sua profondità d'animo e sensibilità dietro un apparente distacco verso gli altri.

La scrittura è piacevole, pulita e delicata. Ogni storia lascia molti spunti di riflessione interessanti, in particolare, su come affrontare il dolore senza lasciarsi sopraffare da esso, ricordandoci di vivere e apprezzare il presente, di non perdere la speranza altrimenti si rischia di indurire la propria anima, anestetizzando i sentimenti e lasciandosi sopraffare dai rimpianti e dalla rassegnazione.

Un libro intriso di speranza, sentimenti e quel realismo magico che abbiamo imparato ad amare nella letteratura giapponese.

Se vi aspettate un romanzo ricco di ritmo e azione, allora non è il libro adatto a voi, se invece amate i romanzi delicati in grado di regalarvi emozioni pure e mai banali, allora non esitate a leggerlo e preparatevi a viaggiare nel tempo insieme a Kei, Fumiko e gli altri personaggi.

Io mi lascerò cullare ancora per un po' tra le sue pagine per ritrovare quella sensazione di serenità, piacevolezza e delicatezza che ho vissuto durante la lettura.

Buon viaggio a tutti voi!



Marianna Di Bella

venerdì 22 novembre 2019

Recensione: "La casa degli specchi" - Cristina Caboni

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Titolo: "La casa degli specchi"
Autrice: Cristina Caboni
Editore: Garzanti



La paura è un'emozione destabilizzante e paralizzante. È infida e colpisce quando si abbassa la guardia, quando si è più indifesi e impreparati a gestirla e combatterla. Arriva e immobilizza, il battito accellera e ci sentiamo sopraffatti dal terrore, incapaci di muoverci, agire e pensare con razionalità. È talmente forte il senso di disagio e panico che ci blocchiamo, ci chiudiamo in noi stessi, timorosi di tutto ciò che ci circonda, delle persone e dei luoghi. Ci chiudiamo al mondo pensando di risolvere i problemi ma, in realtà, ci stiamo imprigionando in noi stessi insieme al terrore che ci accompagna come un fedele compagno in qualsiasi posto decidiamo di nasconderci. È sempre lì a ricordarci che esiste, che possiamo fuggire anche dall'altra parte del mondo, illudendoci di essere finalmente liberi, ma quando meno ce l'aspettiamo eccola, la paura, spuntare di nuovo e colpire. Fino a quando non decidiamo di affrontarla e combatterla definitivamente, liberandoci dal senso di oppressione, insicurezza e dalla sensazione di doverci sempre guardare le spalle e difenderci.
Non è semplice, ci vuole una grande forza di volontà per trovare il coraggio di riappropriarci di noi stessi, della nostra vita, per essere finalmente liberi di vivere appieno ogni attimo della nostra esistenza con leggerezza e serenità. Un percorso irto di difficoltà ma, nella vita nulla è facile e se vogliamo qualcosa dobbiamo imparare a lottare strenuamente ed è ciò che impareranno le protagoniste dell'ultimo libro di Cristina Caboni. Due donne unite da un legame di sangue e da un passato che cela misteri e sparizioni.

“Sapeva cos'era la paura e come poteva ridurre una persona: viveva in casa sua da sempre, era stata una compagna costante per i suoi genitori e poi, tramite loro, anche per lei.
Era un'amica apparentemente affettuosa, la paura, ma in realtà odiava chiunque. Uno sguardo, una parola lasciata cadere nel mezzo di una frase poteva diventare un muro invalicabile.
La paura amava solo chi la nutriva.
La paura era distacco da ogni cosa.”
(citazione tratta dal testo)

Questa volta l'autrice ci conduce tra le strade e i vicoli di Positano, una terra dove i profumi dei limoni e del mare si mischiano e amalgamano insieme ai colori e al calore di una terra ricca e passionale. Qui si trova la “casa degli specchi”, una villa su tre piani, con un panorama mozzafiato che si affaccia sul mare blu e sconfinato. La casa ha una particolarità, un atrio circolare con 12 specchi alle pareti, le cui cornici sono state realizzate dal proprietario Michele Loffredi, conosciuto a Positano come il maestro dell'oro. Un artista gioielliere che con le sue collezioni ha fatto innamorare le grandi attrici degli anni Cinquanta e Sessanta.
Oggi Michele ha 90 anni e la sua memoria gli sta giocando brutti scherzi. L'uomo soffre di Alzheimer e il passato si va piano piando sbiandendo e sparendo. Non tutto, qualcosa rimane ancora vivido nella sua memoria, il ricordo della moglie Eva Anderson, sparita senza alcuna spiegazione logica anni e anni prima. Cosa le è accaduto? Nessuno lo sa, ma il passato sta tornando a bussare alla porta della villa facendo riemergere ricordi, emozioni e misteri mai svelati. Durante i lavori di recinzione, si apre una buca nel terreno, riportando alla luce uno scheletro che giace lì da anni, a chi appartiene? È Eva Anderson? Quale mistero si cela dietro questo ritrovamento? È ciò che si chiede Milena, nipote di Michele e protagonista del romanzo. La ragazza si è rifugiata a Positano, non solo per stare accanto al nonno ma, per prendere una decisione importante riguardante la sua vita. Ciò che non sa è che, invece, si ritroverà a scoprire un passato di cui non sapeva nulla, recuperando la figura della nonna che per lei e sempre stata una figura evanescente...un fantasma. Nessuno in casa ha mai parlato troppo di questa donna, sparita nella vita e nei ricordi familiari. Ricordi che scopriremo insieme a Milena e grazie a un salto indietro nel tempo, quando una giovanissima Eva arriva in Italia intorno alla fine degli anni Cinquanta. Una giovane attrice in cerca di lavoro che appena giunta a Venezia conosce Michele e l'amore tra i due giovani scatta in maniera forte e intensa ma, qualcosa nel passato di Eva la perseguita, una paura che ha cercato di lasciare in America per ricostruire una nuova vita e sentirsi finalmente libera. Ma il passato sta tornando anche per Eva e potrebbe minare l'amore e la serenità che la ragazza sta costruendo con Michele. Chi minaccia la sua felicità? Di cosa ha paura? Chi o cosa la perseguita? Scoprirlo sarà il vostro compito, io vi lascio sulla terrazza della villa e nel mentre mi godrò il panorama e i colori di Positano. Posso però dirvi cosa ne penso del romanzo, senza svelarvi nulla sulla storia e l'epilogo.

“La verità è tutto ciò che importa davvero.”
(citazione tratta dal testo)

Cristina Caboni sa narrare e appassionare il lettore con storie semplici, delicate e piene di sentimenti. La lettura è coinvolgente e scorrevole e, come sempre, l'autrice riesce a trovare un episodio storico su cui costruire parte della romanzo, integrandolo perfettamente alla trama e ai personaggi. Questa volta il nostro viaggio nel tempo riguarderà il periodo del maccartismo e la caccia alle streghe degli americani contro i cittadini sovietici residenti negli Stati Uniti d'America. Una caccia, spesso illogica, verso qualsiasi cittadino di origine russa, o che abbia avuto anche solo un legame superficiale con l'Unione Sovietica. Un clima di persecuzione e paura che hanno vissuto non solo i cittadini di russi ma anche tutti coloro che esprimevano un pensiero che poteva essere ritenuto filorusso. L'autrice ha preso questo tema, l'ha contestualizzato all'interno della trama, inserendovi altri elementi interessanti come il cinema, il mistero, la sensazione di paura e oppressione, l'amore, la famiglia, i silenzi e ha creato un romanzo delicato e piacevole.
Seppur piacevole, questa volta, i protagonisti e i vari personaggi non mi hanno affascinata e ammaliata, li ho trovati poco empatici e anche un po' controversi nelle emozioni e negli atteggiamenti, soprattutto, Milena. Nel romanzo afferma di essere diretta senza girare intorno alle cose, e mi aspettavo un carattere forte e deciso, invece l'ho trovata insicura e titubante. Così come non mi hanno affascinata gli altri personaggi a cui personalmente avrei dato più spazio, ho sempre avuto la sensazione che rimanessero delle figure ai margini della storia senza dare un'impronta decisa e forte, come ad esempio la figura del maresciallo che conduce le indagini, di cui non si capisce fino in fondo il suo carattere e se nasconde o meno qualcosa. Oppure la fiugra della mamma di Milena, nonché figlia di Michele e Eva, sappiamo che muore giovane e poi basta, altra figura evanescente che si perde tra le righe del romanzo.
Un'altra cosa che non mi ha convinta del tutto, è la costruzione del testo. Le basi e gli elementi sono gli stessi: due protagoniste legate o da un legame di sangue o da una passione reciproca, un viaggio temporale tra passato e presente, una morte misteriosa e una ricerca nel passato per comprendere e migliorare il presente. Elementi che rendono, almeno per me, la storia prevedibile, perdendo quel senso di unicità e pathos che ci si aspetta dal romanzo. Peccato perché, ripeto, il romanzo è piacevole, delicato e l'autrice sa affrontare molto bene i sentimenti e le emozioni dell'essere umano, eppure molte di queste, personalmente, le ho vissute in maniera prevedibile e poco emozionante.
Come sempre lascio a voi il piacere di scegliere, leggere e scoprire il testo.
Buona lettura.




(Marianna Di Bella)

lunedì 30 settembre 2019

Recensione: "La stanza della tessitrice" - Cristina Caboni

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Titolo: "La stanza della tessitrice"
Autrice: Cristina Caboni
Editore: Garzanti





Può un abito rappresentare i sogni di una persona, ridando speranza, sicurezza e serenità?
Può un abito far riemergere il passato e i segreti celati per anni?
Può legare due persone a distanza di anni?
Sì. L'importante è saper vedere oltre le sue cuciture e la superficie delle stoffe. Seguendo quel filo che intreccia, crea, elabora e unisce persone e destini. Un filo in grado, non solo di unire, ma di indicare la strada da percorrere per realizzare i propri sogni e il proprio destino.
Un filo che ci guiderà attraverso le pagine di questo romanzo meraviglioso, regalandoci emozioni, misteri e sorprese.

“(...) Chi ha il coraggio di superare le proprie paure è capace di tessere il filo della vita. Afferra il tuo, adesso, e compi il tuo destino, figlia del mio cuore...”
(citazione tratta dal testo)

Siamo a Bellagio, sul lago di Como e la nostra meta è un piccolo negozio di sartoria. Qui lavora Camilla Sampietro, la nostra protagonista. La ragazza ha abbandonato Milano per rifugiarsi in un luogo dove poter essere libera di creare, sentire e vivere. Un luogo dove poter riprendere in mano la propria vita, ritrovando pace e serenità, concedendosi quelle “seconde possibilità” che spesso ci neghiamo per paura e orgoglio.
Vivere a Bellagio le ha permesso di crescere, maturare e fare affidamento solo su se stessa e le proprie capacità ma, soprattutto, le ha permesso di capire cosa vuole dalla sua vita: creare una moda basata sulle emozioni e sui sogni delle persone, infondendo coraggio e serenità. Riadattando vecchi abiti, creando vestiti unici e personali, dando così una seconda possiblità agli abiti e alla vita in generale.

“I vestiti che smontava e ricuciva erano speciali: era come se un filo unisse le esistenze di chi aveva creato il tessuto e di chi aveva disegnato e cucito il vestito, che sarebbe stato ancora una volta scelto e accompdoato per una nuova vita, per un altro destino. Le bastava anche solo parlare di un abito del genere e subito sapeva come modificarlo e traaformarlo: negli occhi delle clienti leggeva ciò che custodivano nel cuore. Erano desideri e sogni insieme. Coglieva le loro emozioni e ne ricavava stoffe di luce e di gioia, che applicava ai modelli.”
(citazione tratta dal testo)

Per Camilla, la moda rappresenta un legame, una storia a cui ridare vita e freschezza, legando sogni e persone in un viaggio poetico tra passato e presente. Purtroppo la sua visione lavorativa non è sempre compresa, soprattutto, dalle persone che le sono accanto e l'hanno vista crescere, come Marianne la donna che l'ha adottata e proprietaria della casa di moda Leclerc. Le divergenze di opinione hanno creato una frattura tra le due donne ma non vi racconterò altro su di loro, perché rischierei di svelarvi troppo, ciò che posso dirvi è che il passato tornerà a bussare alla porta di Camilla per risolvere alcune questioni lasciate in sospeso e per aiutare Marianne a ritrovare sua sorella Adele. Una sorella mai conosciuta...un segreto che sua madre Caterina ha custodito per anni fino al giorno della sua morte.
Perché Caterina non ha mai detto nulla di Adele? Cosa le è accaduto? Dove si trova?
Per scoprire il resto della storia, vi consiglio di continuare la lettura lasciandovi conquistare dalla storia e dalle parole di Cristina Caboni. L'autrice vi accompagnerà in un viaggio poetico ed emozionante. Un viaggio temporale tra passato e presente, alla scoperta di storie, persone, tradizioni e paesi, partendo dalla Sardegna, per giungere in Francia e Italia, in un susseguirsi di colpi di scena che vi terranno incollati alle pagine del libro.

“(...) Lo segue col ditino, quel ricamo, e all'improvviso lo vede. È solo un filo, all'inizio, poi diventa una storia. Le parla del vento che spalanca le tende e del mare che accompagna i pescatori che gettano le reti al crepuscolo e el recuperano all'alba, le racconta dei camp di spighe e di prati imbiancati dai fiori. È di donne chine sui telai, che sanno comprendere e tessere i sogni.”
(citazione tratta dal testo)

La storia, gli abiti, i misteri, il senso di abbandono e la ricerca di amore sono i pilastri di questo romanzo, che danno vita e anima a una trama emozionante, piena di speranza e di amore.
Camilla e Caterina sono le protagoniste e voci narranti del romanzo. Due donne che seppure vissute in due epoche storiche diverse, hanno molto in comune, come ad esempio: la stessa visione della moda, una storia familiare triste e dolorosa, il senso di abbandono, di esclusione e la voglia di essere amate che hanno inciso profondamente sulla loro anima e i loro destini, portandole a vivere e crescere nonostante le avversità, il dolore e la sofferanza.
Due donne apparentemente fragili, ma determinate a inseguire e lottare per i propri sogni, cercando il proprio posto nel mondo, ritagliandosi un angolino di pace dove poter essere serene e felici.
Due protagoniste complesse e ben caratterizzate, soprattutto la parte psicologica. L'autrice le ha descritte perfettamente, delineando pregi e difetti, mostrando i loro limiti, rendendole, in questo modo, credibili e aderenti alla realtà.
Caterina è la figura più impalpabile ed effimera, e questa sua non presenza risulta essere più incisiva e determinante per la trama, rendendo la storia più intrigante e misteriosa.

“La vita poteva essere vissuta solo in un senso, andando avanti.”
(citazione tratta dal testo)

Il romanzo è ben scritto, poetico ed emozionante. La lettura è scorrevole e accattivante.
Le descrizioni sono attente, precise e curate in ogni dettaglio, permettendo al lettore di immergersi completamente nella storia, sentendo sulla propria pelle le emozioni che si intrecciano e si rincorrono nel romanzo. L'autrice è riuscita a mantenere il giusto equilibrio tra le parti descrittive e quelle introspettive delle due protagoniste, mantenendo la giusta dose di eleganza e sensibilità senza eccedere nel sentimentalismo. Le sue parole, apparentemente semplici, scivolano come seta nell'animo del lettore, regalando emozioni e abbracci avvolgenti.
Personalmente ho trovato i capitoli dedicati al presente e alla storia di Camilla meno incisivi e forti rispetto a quelli dedicati alla storia di Caterina.
Il finale è troppo frettoloso e meno curato nei dettagli rispetto al resto del romanzo, ma questo non toglie nulla alla bellezza del libro che ho amato profondamente, ricordandomi quanto sia importante ritrovare prima se stessi e poi la felicità.

“(...) Ricordati sempre che il tuo futuro è nelle tue mani.
(…)
È il cuore quello che conta davvero, afferra i sogni con l'ago e ricamali...”
(citazione tratta dal testo)

Inseguite i vostri sogni...cercate voi stessi e vivete ogni attimo della vostra vita, lottando per ciò che desiderate.
Buona lettura.



(Marianna Di Bella)

giovedì 19 settembre 2019

Recensione: "Eleanor Oliphant sta benissimo" - Gail Honeyman

libro, mdb, recensione, libri il nostro angolo di paradiso, cicatrice, dolore
Titolo: "Eleanor Oliphant sta benissimo"
Titolo Originale: "Eleanor Oliphant is Completely Fine"
Autrice: Gail Honeyman
Editore: Garzanti



Ci sono esperienze che segnano la nostra esistenza, spesso in maniera irreversibile. Lasciando cicatrici che segnano la nostra anima, ricordandoci cosa abbiamo subito ma, soprattutto, cosa abbiamo affrontato per essere le persone che siamo diventate. Percorrendo strade difficili, irte di ostacoli da superare. Purtroppo, non sempre si è pronti e disposti ad affrontare il passato. Non sempre si è disposti ad accettare il dolore che si cela dietro le nostre ferite. Ma basta un piccolo inizio, un passo in avanti, uno sguardo diverso per renderci conto della bellezza, dell'amore e dell'affetto che ci circondano e che non vedevamo perché non eravamo pronti a vedere oltre la superficie, accettando noi stessi.
Accettare le cicatrici e convivere con la sofferenza. Eleanor sa bene cosa vuol dire convivere con le sue cicatrici. Quelle che deturpano il suo volto e, spesso, sono oggetto della curiosità degli altri. Ma lei è abituata agli sguardi curiosi degli altri e non ci fa caso, o almeno così afferma o forse tenta di convincere se stessa?
Le sue cicatrici sono il segno di un passato che non ricorda. La sua mente ha archiviato il tutto in un angolo remoto della sua memoria dimenticando ogni evento doloroso.

“Sul mio cuore ci sono cicatrici altrettanto spesse e deturpanti di quelle che ho in viso. So che ci sono. Spero che resti un po' di tessuto integro, una chiazza attraverso la quale l'amore possa penetrare e defluire. Lo spero...”
(citazione tratta dal testo)

Eleanor vive sola, lavora come contabile in un'agenzia di grafica e design. È ironica, sarcastica, schietta, non ha filtri e dice sempre quello che pensa. Non è abituata a interagire con gli altri e non si adatta facilmente alle comuni regole di interazione sociale e convenzionali, per questo non lega molto con i colleghi in ufficio e con le altre persone.
La sua vita scorre monotona, seguendo un ritmo abitudinario scandito da giornate fatte di lavoro, casa, letture serali e cene diverse a seconda del giorno della settimana. Il mercoledì riceve la telefonata della madre dal carcere, una donna che critica e denigra ogni aspetto della figlia, facendola vivere, sin da quando era piccola, nella perenne insicurezza di se stessa e del suo aspetto fisico. Il fine settimana, invece, si concede della vodka, con cui cerca di zittire quella vocina interiore che le chiede aiuto e attenzione.

“Il dolore è facile, il dolore mi è familiare. Mi rifugiai nella stanzetta bianca che c'è nella mia testa, quella del colore delle nuvole. Sa di cotone pulito e di coniglietto. L'aria lì è di un pallido rosa confetto e si sente una musica dolcissima.”
(citazione tratta dal testo)

Cosa è accaduto a Eleanor?
Cosa si nasconde nel suo passato?
Come si è procurata le cicatrici che rovinano il suo volto?
Cosa accade quando l'amore, l'affetto e l'amicizia arrivano in maniera inaspettata nella sua vita?

Accade che Eleanor inizierà a cambiare impercettibilmente...piano piano...riscoprendo l'amore per sé e per gli altri. Scoprirà e apprezzerà i piccoli gesti di tenerezza che sfioreranno la sua anima delicata e sofferente. Permetterà al suo passato di riemergere dal profondo della sua anima, affrontandolo definitivamente.

“Le feci un sorriso. Per due volte in un giorno ero stata oggetto di ringraziamenti e sguardi calorosi. Non avrei mai sospettato che qualche piccola azione potesse suscitare reazioni così sincere e generose. Sentii un piccolo bagliore dentro di me – non un incendio, ma più una specie di piccola fiammella costante.”
(citazione tratta dal testo)

Il suo sarà un percorso lento, spesso doloroso, con punte di ironia che ci permetteranno di conoscere e apprezzare la donna. Sì, perché leggere questo romanzo, vuol dire conoscere un'anima pulita, sofferente, che seppur nella sua stravaganza, atipicità e insofferenza verso gli altri, saprà farsi amare da noi lettori. Regalandoci la sua visione strana e sagace del mondo, insieme a momenti di battute e frasi ironiche che ci lasceranno, a volte perplessi, altre volte con il sorriso sulle labbra.
Eleanor è un personaggio che ameremo e apprezzeremo grazie alla scrittura dell'autrice Gail Honeyman che l'ha resa vera agli occhi del lettore. Descritta perfettamente, in modo particolare, la parte psicologica che ho trovato completa e perfettamente in sincrono con il personaggio e la trama. Con le sue descrizioni, l'autrice ci permette di entrare in punta di piedi nella psiche della donna, mostrandocela in tutta la sua complessità, anche se a onor del vero, alcune situazioni sono facilmente prevedibili, ma questo non toglie nulla alla bellezza del romanzo.
La lettura è fluida e scorre velocemente. Non ci sono momenti di noia, al contrario, Eleanor riesce ad attirare e ammaliare il lettore, prendendolo per mano e conducendolo nella sua vita, ma lo farà sempre secondo il suo carattere, prima con riluttanza e poi con estremo piacere, aprendo le porte della sua anima.
Questo è un libro in grado di ricordarci cosa si nasconde dietro gli occhi e gli atteggiamenti di persone che non comprendiamo. Ci ricorda di non fermarci all'apparenza delle cose, ma di andare sempre oltre e che forse, un gesto di affetto e un sorriso rappresentano, per alcune persone, un salvagente in un mondo superficiale, indifferente e scostante verso chi non si conforma alla massa. Ed Eleanor è una persona che non si conforma a nessuno e ce lo ricorda in ogni momento, anche quando leggendo i suoi comportamenti stravaganti, spesso non ne comprendiamo i motivi, perché troppo abituati alle convenzioni sociali, a comportarci come gli altri si aspettano, per non essere additati, derisi e osservati.

“Ai giorni nostri la solitudine è il nuovo cancro, una cosa vergognosa e imbarazzante, così spaventosa che non si osa nominarla: gli altri non vogliono sentire pronunciare questa parola ad alta voce per timore di esserne contagiati a loro volta, o che ciò possa indurre il destino a infliggere loro il medesimo orrore.”
(citazione tratta dal testo)

Eleanor rappresenta la sofferenza, il dolore e li porta con orgoglio senza preoccuparsi degli altri. Eleanor ha un solo e unico desiderio inespresso che l'accomuna a tutti: essere amata.

“Soffro fisicamente per il desiderio di un contatto umano.”
(citazione tratta dal testo)

Lasciatevi ammaliare dal suo sarcasmo, scoprite le sue cicatrici, le sue sofferenze, non ve ne pentirete.
Fate entrare Eleanor nella vostra vita e regalate a lei e a voi stessi un gesto d'affetto.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)

venerdì 31 maggio 2019

Recensione: "L'inverno si era sbagliato" - Louisa Young

libro, romanzo, mdb, recensione, libri il nostro angolo di paradiso, prima guerra mondiale, ferite
Titolo: "L'inverno si era sbagliato"
Titolo Originale: "My Dear I Wanted to Tell You"
Autrice: Louisa Young
Editore: Garzanti




Esistono diverse tipologie di ferite, quelle che lacerano la carne e devastano il corpo, e quelle più pericolose, subdole e silenziose che, invece, frantumano l'anima, riducendola a brandelli.
Ferite profonde che avvelenano, infettano e corrodono tutto ciò che trovano, toccano o sfiorano: emozioni, sensazioni, affetti e amori. Anestetizzano il cuore e nei casi più gravi provocano la morte dell'anima e dello spirito, trasformando le persone in corpi senza vita, sguardi vitrei e inanimati. Ombre di uomini forti e coraggiosi, trasformati in larve umane, timorosi di qualsiasi rumore li circondi. Timorosi di se stessi e della vita.

“Perché non siamo tutti morti? Oppure siamo morti? E poi con un unico movimento psichico il suo intero essere si rannicchiò e si ritirò, veloce come un uccello che voli su una collina di boschi cedui verso il tramonto, e lui si ritrovò in un posto piccolissimo in fondo al proprio cranio. L'esterno gli passava accanto, come fosse sott'acqua.”
(citazione tratta dal testo)

Chi li ha ridotti così? Chi ha spezzato le loro giovani vite, frantumando i loro sogni?
La guerra.
Quale guerra?
Qualsiasi tipo di guerra. L'umanità ha assistito a tantissime atrocità, perpetrate per soddisfare i poteri politici di imperi e nazioni. Ha visto marciare interi eserciti. File di soldati inviati al fronte come carne da macello per conquistare territori o difendere la propria patria.
La Prima Guerra Mondiale, ad esempio, è stata tra le più atroci. Una guerra di logoramento dei corpi e dell'anima. Per mesi e mesi i soldati si sono ritrovati dentro a trincee piccole e anguste per difendere le loro linee. Fermi, immobili nelle loro postazioni, sotto i colpi mortali dei nemici, circondati dai cadaveri dei loro compagni e in attesa della loro fine.
Morte e distruzione come uniche compagne. Le stesse compagne che ritroviamo in questo romanzo ambientato proprio durante la Prima Guerra Mondiale, che evidenzia e analizza proprio la devastazione fisica e psichica dei soldati.
Ma cerchiamo di andare con ordine.
Il romanzo prende vita prima dello scoppio della guerra, quando la vita era apparentemente tranquilla e le problematiche serie riguardavano la povertà e la disoccupazione.
Siamo a Londra e Riley Purefoy, il nostro protagonista maschile, è un ragazzo dei ceti bassi che ha avuto la fortuna, non solo di conoscere Nadine e la sua famiglia borghese, ma di conoscere Sir Alfred che lo ha accolto come aiutante tuttofare, dandogli un'istruzione elevata, insegnandogli a disegnare e dipingere. Riley è curioso e vuole scoprire tutto ciò che lo circonda ma, pur studiando e lavorando assiduamente, sa che le sue umili condizioni non gli permetteranno di realizzare i suoi sogni: sposare Nadine. Il ragazzo convinto di non avere alcuna possibilità, si arruola e la sua carriera militare ha inizio in un susseguirsi di avvenimenti negativi e pericolosi che segneranno profondamente la sua vita.
Conoscerà il capitano Locke e noi avremo la possibilità di conoscere sua moglie Julie e l'infermiera Rose, cugina del capitano, ma saranno figure marginali, perché Riley sarà il nostro accompagnatore in questo lungo e intenso viaggio letterario. Attraverso la sua figura e le sue esperienze impareremo a guardare gli effetti della guerra attraverso gli occhi di un soldato, vivendo lo shock dei bombardamenti, la difficoltà nell'esprimere e far conoscere il proprio dolore alle persone che si ama e, soprattutto, capiremo cosa vuol dire sentirsi morti dentro.

“Ci sono altri modi di morire, oltre a quello fisico, che io prima non conoscevo. L'ho imparato quest'anno.”
(citazione tratta dal testo)

Come spiegare ciò che si è visto durante i lunghi mesi in trincea?
Come spiegare cosa si prova nel vedere saltare in aria i proprio compagni?
Come spiegare quel desiderio di venire colpiti da una pallottola per poter tornare a casa e abbandonare quei luoghi intrisi di morte e distruzione?
Non si può, così, si sceglie la strada del silenzio, dell'apatia, della morte apparente pur di lenire e dimenticare quel dolore perpetuo, quella sofferenza cronica che tiene svegli la notte in un continuo incubo.
È impossibile dimenticare.
Impossibile spiegare.
Impossibile vivere in quelle condizioni.
Ciò che possiamo fare è leggere per comprendere parte di quel dolore, per continuare la storia e scoprire cosa accadrà ai vari personaggi e a Riley.
Riuscirà a salvarsi? Riuscirà Nadine a comprendere il suo dolore? Cosa accadrà al capitano Locke e a sua moglie?
Naturalmente non vi svelerò nulla del romanzo, perché sapete che il mio piccolo compito consiste nell'accompagnarvi per un tratto di strada e lasciarvi scoprire da soli il romanzo, così da vivere pienamente e autonomamente le emozioni e le sensazioni che la storia vi saprà regalare.
Mi aspettavo molto da questo testo, anzi no, mi correggo...mi aspettavo tutta un'altra storia. La sinossi mi ha ingannata, perché proponeva una particolare trama, le cui protagoniste assolute sarebbero state tre donne coraggiose e determinate. Leggendo, purtroppo, ho scoperto che i personaggi femminili sono solo di contorno alla storia e le loro figure le ho trovate incolori, marginali, poco interessanti e incisive, una di loro, ad esempio è particolarmente superficiale e fastidiosa. Non lasciano il segno e non hanno nessun un impatto narrativo importante.
L'unico personaggio ben costruito e analizzato è Riley. Da solo riesce a occupare completamente la scena, attirando a sé il lettore in un vortice di sofferenze, dubbi e paure. Attraverso le sue emozioni e sensazioni, riusciamo a entrare nell'anima dei soldati e nelle loro ferite fisiche e psichiche. Impariamo a convivere con il silenzio e a trovare in esso un momento di pace e tranquillità.

“Mi dispiace non essere stato capace di scriverti della mia vita qui, in modo che tu potessi capire come sono e come sto. Non ci sono scuse, ma una ragione c'è e questa volta cercherò di spiegartela, perché presto sarà di nuovo là in mezzo e non sarà più in grado di comunicare. Ecco il motivo: là, io non esisto. È il mio modo di proteggermi da tutto questo. L'enorme sconvolgimento, l'immensità assoluta di ciò che succede là riduce l'individuo a un nulla. Non c'è posto per il benessere personale perché il benessere comune sovrasta tutto. E gli orrori? Nat, assistiamo a tanti orrori, e l'orrore più spaventoso è che prima di partire per la licenza io non li vedevo nemmeno più. Avevo smesso di guardare, perché vedere non aiuta e non mi piaceva quel che vedevo. Invece, mi concentro, uno stato di concentrazione quasi ipnotico. È come se passassi accanto a tutto di corsa, pensando solo a dove sto andando. Il mio io si ritrae, il mio campo visivo si restringe. Il mio corpo fa quel che deve essere fatto.”
(citazione tratta dal testo)

Il romanzo non ha una prosa scorrevole, soprattutto nella prima parte del romanzo, che risulta essere noiosa, lenta e pesante, ma se si ha la pazienza di continuare la lettura si scoprirà un seconda parte più intensa, soprattutto dal punto di vista psicologico.
Louisa Young riesce, attraverso le sue descrizioni crude e dirette, ad afferrare il lettore e trascinarlo nelle trincee e negli ospedali militari, facendogli vivere il dolore, la follia e l'orrore della guerra. Il senso di soffocamento, di terrore e l'odore di morte investono il lettore lasciandolo completamente inerme e impaurito.

Da una parte all'altra della terra di nessuno, i soldati volavano in aria e ricadevano, e la terra volava in aria e ricadeva, seppellendoli, che fossero morti o no.”
(citazione tratta dal testo)

Questa seconda parte è quella che ho trovato più incisiva, interessante e meglio descritta nel romanzo. È la parte che ho apprezzato maggiormente del libro ed è quella che vi consiglio di scoprire.

“Alcuni rimangono zitti ed è come una ferita non medicata, un ascesso non drenato.”
(citazione tratta dal testo)

Scoprite cosa accade nei silenzi dei soldati.
Silenzi di morte.
Silenzi dell'anima.
Silenzi pieni di vita.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)