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lunedì 27 maggio 2024

Recensione: "L'albero delle albicocche" - Beate Teresa Hanika

 

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Titolo: L'albero delle albicocche

Titolo Originale: Das Marillenmädchen

Autrice: Beate Teresa Hanika

Editore: Piemme




Buongiorno lettori,

oggi vorrei condividere con voi una lettura che, purtroppo, mi ha molto delusa.

Vi è mai capitato di andare in biblioteca o in libreria, vedere un libro ed esserne immediatamente attratti? Leggete la quarta di copertina e capite subito che quel libro vi intriga e senza pensarci due volte lo prendete, per poi rivelarsi un romanzo al di sotto delle vostre aspettative?

Ecco, questo è il mio caso e il libro in questione è “L'albero delle albicocche” di Beate Teresa Hanika.

La storia è ambientata a Vienna, in una casa al cui interno, precisamente nel cortile, troneggia un bellissimo albero di albicocche, utilizzato, negli anni, non solo come luogo di riposo dove trascorrere lunghi pomeriggi di lettura e divertimento, ma anche per realizzare delle ottime marmellate grazie ai frutti che venivano raccolti dagli abitanti della casa.

Negli anni l'abitazione si è andata spopolando e l'unica persona ad esservi rimasta è un'anziana signora: Elisabetta Shapiro.

La donna per vivere e guadagnare qualcosa è costretta ad affittare alcune stanze a ragazze e studentesse. L'ultima affittuaria è Pola, una ballerina al Wiener Staatsballett, e non piace alla padrona di casa. Perché? Questo lo scopriremo andando avanti nella lettura, ciò che dovremmo sapere è che l'anziana donna ha alle spalle un passato drammatico e, nei momenti di solitudine, parla con le sorelle, nulla di strano se non fossero morte durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Cosa è accaduto? Come sono morte?

Tra salti temporali e chiacchierate si scoprirà che Elisabetta e la sua famiglia erano ebrei e che furono presi dalle SS. Purtroppo in quegli anni, molte persone facevano la spia ai nazisti, svelando la presenza di ebrei che vivevano in città, nel loro quartiere o come vicini di casa. Nessuno veniva risparmiato o graziato, nemmeno la famiglia Shapiro che venne presa e deportata, ad eccezione di Elisabetta che riuscì a fuggire.

Dove poteva scappare una ragazzina, da sola e senza soldi? Da nessuna parte, se non nel luogo che per lei rappresentava la sicurezza: la sua casa.

La nostra protagonista decide, così, di tornare indietro, nascondersi in casa e aspettare il ritorno dei genitori e delle sorelle. Anni di attesa in cui è costretta a convivere con il dolore per la perdita della famiglia e con i fantasmi delle sorelle e del loro passato. Chi erano? Cosa sognavano? È ciò che ci chiediamo ancora oggi pensando alle milioni di vite che sono state uccise con disprezzo e senza pietà dal regime nazista. Milioni di storie. Milioni di sogni. Milioni di esseri umani.

Cosa c'entra Pola in questa storia? Chi è e cosa nasconde?

La ragazza non è una semplice affittuaria, perché conosce molte cose del passato della donna, come ad esempio di Rachel, la sorella di Elisabetta. Perché? Come fa a sapere tutti quei particolari?

Un enigma che si svelerà con il proseguimento della lettura, io mi fermerò con il racconto perché altrimenti rischio di svelare troppo del romanzo e dei suoi segreti. Ciò che posso dire è che, nonostante la splendida copertina, una trama interessante con elementi apparentemente emozionanti, la lettura si è rivelata deludente.

Il romanzo l'ho trovato lento, confusionario e approssimativo. La trama è intrisa di sottintesi che, purtroppo, non vengono spiegati, anzi dobbiamo essere noi lettori a dover immaginare e intuire alcuni passaggi a volte cruciali per la comprensione della storia. Alcune cose vengono spiegate, ma in maniera superficiale e approssimativa, tanto da lasciarmi spesso confusa e frustrata perché avrei gradito una spiegazione in più che mi aiutasse a comprendere meglio non solo il contesto, ma anche tutta la trama e i personaggi coinvolti.

Le voci narranti sono due: Elisabetta e Pola. Voci che si alternano nella narrazione in capitoli diversi, fin qui nulla di strano, considerato che molti autori utilizzano questo metodo per far conoscere la storia da diversi punti di vista e per comprendere meglio i comportamenti e i pensieri dei personaggi. Ciò che mi ha infastidita è che i capitoli in cui è protagonista Elisabetta sono narrati in prima persona, mentre quelli dedicati a Pola sono narrati, invece. in terza persona. Questo mi ha destabilizzata e reso la lettura ostica e poco fluida.

Altro particolare che non ho gradito, sono stati i continui salti temporali presenti all'interno dello stesso capitolo e nella stessa pagina, tanto da creare confusione nella fluidità della narrazione e nel riuscire a comprendere chi stesse parlando e con chi, in quale epoca e periodo. Questo continuo saltare tra passato e presente reca con sé una serie di avvenimenti che si intrecciano tra di loro senza una connessione logica, temporale e narrativa.

Per tutta la durata della lettura ho avuto sempre la sensazione che la trama fosse un grande puzzle da ricostruire, composto da pezzi creati male, spesso non coincidenti tra di loro, rivelando, alla fine, una storia imprecisa, confusionaria, non coinvolgente, fredda e distaccata, infatti, non sono mai riuscita a creare un legame empatico con le protagoniste e con le loro vicende personali.

Peccato perché la trama e gli elementi emozionanti per creare una bella storia c'erano tutti ma, all'atto pratico, per me non ha funzionato e l'ho trovato molto deludente.

Naturalmente questo è solamente il mio parere personale. Come sempre lascio a voi la scelta se leggerlo o meno.

Buona lettura!!



Marianna Di Bella


martedì 25 gennaio 2022

Recensione: "La figlia del sole e della pioggia" - Markus Orths

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Titolo: La figlia del sole e della pioggia

Titolo Originale: "Catalina"

Autore: Markus Orths

Editore: Piemme



17 aprile 1585

San Sebastián, Spagna.


È una bellissima giornata di sole quando, improvvisamente, una pioggia strana colpisce gli abitanti di San Sebastián. Un mistero atmosferico e meteorologico definito da molti scienziati: “il giorno di pioggia e di sole”.

Proprio quel giorno e in quell'esatto momento, su una spiaggia, nasce Catalina de Erauso, la protagonista di questo libro.

Catalina è l'ultima di sei figli di una facoltosa famiglia basca. Non è bella e per questo viene soprannominata, in modo sgarbato e irridente: “Monaca alfiere”. Ma è anche testarda, arrogante, violenta e ha una volontà di ferro. È molto legata al fratello maggiore Miguel, che ha rappresentato per lei un padre, perché l'ha cresciuta e accudita.

Trascorrono gli anni e Miguel, ormai grande, parte per il Nuovo Mondo per gestire gli affari di famiglia. Un duro colpo per Catalina che vede in questa partenza un addio difficile da sopportare, perché dovrà staccarsi da l'unica persona che l'ama e da cui si sente difesa. Così, a soli otto anni decide che se non può partire con il fratello, può sempre raggiungerlo più avanti, ma per farlo deve trovare il modo di essere indipendente e istruita.

Deve studiare, pensare, apprendere, capire per poter raggiungere il suo obiettivo e l'unico luogo adatto e accessibile a una ragazza dell'epoca è il convento.

Catalina entra, così, in convento, mettendo da parte il suo carattere turbolento per adeguarsi con passività e rassegnazione alle regole, aspettando il momento opportuno per scappare e partire per il Nuovo Mondo. E l'occasione arriva dopo otto anni. Catalina fugge e si nasconde in una grotta, qui cercherà di ritrovare se stessa, dopo anni passati a recitare la parte della ragazza buona, devota, passiva, costretta a subire angherie. Un processo difficile che la condurrà a sentirsi più consapevole e sicura di sé.

Decide così di cambiare la sua vita, imbastendone una nuova di zecca, guardando tutto con meraviglia e stupore, come se fosse la prima volta. Si taglia i capelli, si veste da uomo e diventa: Francisco.

Essere un uomo le farà scoprire delle libertà negate a una donna, perché potrà parlare e viaggiare liberamente e fare ciò che vuole della propria vita.

Catalina è pronta a seguire la sua strada che la porterà a definire un'identità tutta usa, libera di scegliere il proprio destino.

Inizia così la sua avventura per raggiungere il Nuovo Mondo, il fratello e anche se stessa.

Purtroppo tutte queste belle prerogative che fanno ben sperare in una storia intensa ed entusiasmante, si sono rivelate per me una profonda delusione, perché sono del parere che la storia sia stata sviluppata male. Ho trovato l'elaborazione della trama piatta, inefficace, noiosa e di poco spessore al punto da non suscitare in me alcun coinvolgimento.

La figura di Catalina mi ha lasciata impassibile perché l'ho trovata emotivamente piatta e sembra sempre che ci sia un muro o un ostacolo che non permette di travalicare, lasciando tutti fuori, anche il lettore che non può conoscere in maniera piena e approfondita i suoi veri sentimenti.

Pur essendo narrato in prima persona, i suoi pensieri sembrano rimanere celati dietro un vetro e tutto questo non mi ha permesso di creare un legame empatico con la sua figura. Una donna che ha sempre represso le sue emozioni per poi esplodere in una rabbia e violenza, scatenate da una profonda delusione. Una donna che poteva dare molto in termini di sensazioni, emozioni, pensieri ma che purtroppo nel libro non vengono sviluppate e descritte con il giusto merito e il giusto coinvolgimento.

In alcuni punti ho trovato il testo poco credibile, come ad esempio il dover necessariamente infarcire la storia di una sensualità scadente e non incisiva per il romanzo.

La trama pur ispirandosi alla vera storia di Catalina de Erauso e alla sua autobiografia, e promettendo un testo incentrato sulla ricerca della libertà e della propria identità, in realtà è stato una delusione. Le mie aspettative erano alte. Un'occasione mancata che poteva essere intensa ed emotivamente coinvolgente. Peccato.

Buona lettura.


Marianna Di Bella

giovedì 23 dicembre 2021

Recensione: "Il diario perduto di Jane Austen" - Syrie James

 

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Titolo: Il diario perduto di Jane Austen
Titolo Originale: The Lost Memoirs of Jane Austen
Autrice: Syrie James
Editore: Edizioni Piemme



Cosa accadrebbe se, nascosto in un baule, dietro la parete di un cottage inglese, si ritrovasse il diario di una delle scrittrici più amate degli ultimi secoli, Jane Austen? Un diario che svelerebbe molto della sua anima, della sua vita e dei suoi romanzi? Diario che farebbe sognare tutti i lettori che hanno amato e amano i suoi libri?

Sarebbe meraviglioso ed emozionante. Un regalo che tutti vorrebbero leggere e custodire.

L'autrice Syrie James ha provato a regalarci queste emozioni, creando un romanzo in cui immagina il ritrovamento del manoscritto, in un vecchio baule da marinaio, nascosto dietro una parete del cottage Manor House dove Jane Austen ha vissuto per un po' di tempo. Per rendere credibile la storia e il ritrovamento del diario, l'autrice ha realizzato una prefazione scritta da una fantomatica dottoressa Mary I. Jesse, docente di letteratura inglese presso l'università di Oxford e presidente della Fondazione Letteraria Jane Austen. Il suo compito, all'interno del romanzo, è di confermare, dopo un attento e scrupoloso esame, la veridicità del ritrovamento, circoscrivendo il periodo in cui è stato redatto tra il 1815 e il 1817, quando Jane Austen inizia a soffrire della malattia che la condurrà alla morte.

La prefazione è importante perché serve a dare una credibilità storica al testo e ad attirare il lettore che inizia a leggere con curiosità il romanzo, aspettandosi di ritrovare al suo interno la Jane Austen che ha imparato ad amare attraverso la sua scrittura e i suoi romanzi.

Il lettore inizia la lettura con la speranza di venire a conoscenza di episodi o avvenimenti sconosciuti che lo aiutino ad avere un quadro ancora più ampio della vita della scrittrice. Purtroppo, a mio parere, Syrie James non è riuscita nell'intento, perché il romanzo si perde nella narrazione, regalandoci un quadro di Jane Austen completamente diverso, presentando una donna superficiale, che si innamora come un'adolescente alla sua prima cotta, comportandosi e pensando in maniera banale e poco intelligente.

Dove sono finiti il sarcasmo, l'intelligenza, l'arguzia, che abbiamo imparato a conoscere e che vengono fuori in maniera preponderante dai suoi romanzi? Io non li ho trovati.

L'autrice ci presenta, inoltre, il periodo di vita in cui Jane Austen si innamora perdutamente, e tutto ciò che le avviene in questo momento particolare e in tutto il romanzo, non sono altro che episodi presenti nei suoi libri, come se la sua vita avesse prodotto questi avvenimenti e Jane Austen li avesse inseriti utilizzandoli nei suoi romanzi. Va bene, può capitare, una volta, ma quando tutto questo avviene per tutto il testo, beh allora inizia ad essere fastidioso se non addirittura insopportabile, perché sembra che Jane Austen non abbia avuto un minimo di fantasia e creatività nello scrivere i suoi testi e che abbia solamente riportato gli eventi di sana pianta utilizzandoli come materiale narrativo. Ho trovato tutto questo poco consono e gradevole, un espediente per poter scrivere e dare vita a questo libro, ma ciò che mi ha dato ancora più fastidio è la necessita di dover spiegare come Jane Austen sia riuscita a parlare di amore, pur non essendo sposata e non avendolo mai conosciuto.

C'era bisogno di giustificare questa particolarità?

Perché non si può semplicemente accettare che una donna, che ha descritto in maniera meravigliosa l'amore, non lo abbia conosciuto?

Perché si deve necessariamente trovare una giustificazione plausibile alla sua capacità di descriverlo?

Se questo romanzo voleva essere un omaggio alla grande scrittrice, dal mio punto di vista, non c'è riuscito. Il libro è iniziato bene, con tutte le caratteristiche per essere interessante e coinvolgente, perché è scorrevole e leggibile ma per me si ferma qui, perché il contenuto e le descrizioni mi hanno profondamente delusa, e in alcuni punti anche infastidita, ma questo è il mio parere.

Lascio a voi la scelta se leggerlo o meno e, nel caso decidiate di leggerlo, fatemi sapere cosa ne pensate.

Buona lettura.


Marianna Di Bella

martedì 10 dicembre 2019

Recensione: "L'arte di correre sotto la pioggia" - Garth Stein

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Titolo: "L'arte di correre sotto la pioggia"
Titolo Originale: "The Art of Racing in the Rain"
Autore: Garth Stein
Editore: Piemme




Per raggiungere i propri obiettivi occorre lottare con forza e determinazione senza mai perdere la speranza, perché gli imprevisti sono sempre in agguato pronti a intralciare il nostro cammino, facendo di tutto per farci crollare a terra e desistere dai nostri propositi. È proprio in questi momenti che il coraggio e la determinazione devono avere il sopravvento sulla paura e il timore di non farcela, sostenendoci nella caduta e nella voglia di rivalsa, perché nella vita si impara attraverso gli errori e gli imprevisti. Si impara cadendo. Si impara sbagliando, provando e amando, sì perché l'amore è il motore della nostra esistenza ed è lui che alimenta la nostra forza e determinazione.
L'amore per se stessi, per gli altri, per la vita. L'amore infinito...l'amore che ci aiuta e sostiene nei momenti di sconforto, e Denny Swift è circondato d'amore, in particolare, quello del suo cane Enzo.
Denny e Enzo vivono a Seattle, l'uomo lavora dietro il bancone di un'autofficina come assistente ai clienti. Ama i motori ed è un pilota di auto da corsa che non ha mai espresso in pieno le sue capacità e potenzialità. Ama il suo cane e insieme condividono la passione per le corse automobilistiche che guardano spesso in TV.
Enzo, invece, è un cane particolare, adora guardare la televisione, soprattutto i documentari del National Geographic e le gare automobilistiche ed ha un sogno: poter rinascere nel corpo di uomo. Il cane è convinto di essere nato nel corpo sbagliato, perché sente di essere in tutto e per tutto un essere umano. Ama follemente il suo padrone, ma questo non vuol dire che non sia obiettivo nei suoi riguardi, sa benissimo che l'uomo è imperfetto, per questo quando parla di lui non omette i limiti e i lati negativi.
Enzo è tranquillo e appagato fino a quando nella vita di Denny non arriverà l'amore di Eve a travolgere la loro esistenza. Una terza persona che cambierà gli equilibri della loro vita e a cui Enzo dovrà abituarsi con calma e pazienza, soprattutto quando la malattia e la morte incomberanno nella loro famiglia portando dolore e sofferenza, ma a raccontarvi il resto della storia ci penserà il nostro protagonista a quattro zampe che sarà il testimone diretto di ogni avvenimento del romanzo, io posso solo suggerirvi di prepararvi a una storia commovente, coinvolgente e dolorosa.

Avevo sempre desiderato amare Eve come la amava Denny, ma non ci ero mai riuscito perché mi spaventava. Lei era la mia pioggia. Il mio fattore imprevedibile. La mia paura. Ma un pilota non deve avere paura della pioggia, la deve accettare. Solo io potevo manifestare un cambiamento in ci che mi circondava. Mutando il mio stato d'animo, la mia energia avevo permesso a Eve di vedermi in modo diverso. E anche se non posso dire di essere padrone del mio destino, posso dire di ave avuto un attimo di padronanza, e ora so su cosa devo lavorare.”
(citazione tratta dal testo)

Enzo è la voce narrante del romanzo che ci guiderà tra le pagine del libro e la vita di Denny, attraverso i suoi pensieri e le sue riflessioni profonde e intelligenti. Il suo punto di vista ci permetterà di conoscerà a fondo l'uomo, la sua famiglia e il lungo e difficile percorso che dovrà affrontare per difendere ciò che ha costruito e ciò che rimane della sua famiglia travolta da un dolore immenso e inconsolabile.
Il punto di vista di Enzo ci porterà a riflettere su temi seri e importanti quali: la vita, la morte, l'amore, le passioni, la speranza, la sofferenza ecc. Un punto di vista sincero, vero, soprattutto, quando parla di Denny, perché il cane è del parere che gli eroi non sono perfetti e non renderebbe giustizia al suo padrone, parlando di lui solo in termini positivi, elogiandolo anche quando commette dei sbagli. Sono gli sbagli e i difetti a renderci unici, belli, interessanti e veri.

Il vero eroe è imperfetto. La vera prova per un campione non è riuscire a trionfare, ma piuttosto riuscire a superare gli ostacoli – meglio se creati a lui stesso – che gli impediscono di trionfare. Un eroe senza imperfezioni non interessa né al pubblico né all'universo...”
(citazione tratta dal testo)

Enzo è paziente, comprensivo, un compagno fedele, amico, confidente e guida silenziosa che sarà sempre al fianco del suo amico, nel bene e nel male, sostenendolo come può, con piccoli e significativi gesti che valgono più di tanti discorsi o parole.

I gesti sono tutto ciò che ho, e a volte devono essere eclatanti.”
(citazione tratta dal testo)

Garth Stein ha scritto un romanzo semplice ma al tempo stesso disarmante, utilizzando le descrizioni della guida come metafore della vita, regalando speranza, forza, tenacia e ricordandoci che non bisogna arrendersi mai di fronte agli imprevisti della vita, ma essere pronti a lottare con forza in ciò in cui si crede e per le persone che si amano e, in questo romanzo, la speranza, la tenacia e l'amore sono i pilastri del libro.
La lettura è coinvolgente; lo stile leggero, semplice e al tempo stesso profondo. La storia è quasi banale nell'evolversi degli eventi e del finale se non fosse per la prospettiva originale del punto di vista di Enzo che risulta una voce narrante profonda, intelligente, forse fin troppo umana. Ad essere sinceri le continue descrizioni delle corse e delle modalità di guida possono tediare e risultare fastidiose per chi non ama le corse automobilistiche e non capisce nulla di guida, rendendo la lettura difficoltosa e noiosa.
“L'arte di correre sotto la pioggia” è un romanzo piacevole, tenero, delicato, commovente e non è dedicato solo a chi ama i cani o le corse automobilistiche, è un piccolo dono che l'autore ha creato per tutti i lettori, ricordando loro che la vita non è priva di ostacoli, e che gli imprevisti sono sempre in agguato pronti a metterli alla prova, perché la vita è bella nella sua imperfezione...come noi, artefici del nostro destino e piloti della nostra vita.

...ciò che manifestiamo è davanti a noi; siamo noi gli artefici del nostro destino. Intenzionalmente o meno, siamo soltanto noi i responsabili dei nostri successi e dei nostri fallimenti.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!




(Marianna Di Bella)

mercoledì 24 aprile 2019

Recensione: "Essere amiche a Kabul" - Deborah Rodriguez

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Titolo: "Essere amiche a Kabul"
Autrice: Deborah Rodriguez
Editore: Piemme




A Kabul, nel cuore di una zona di guerra, c'è un piccolo caffè frequentato da stranieri, afgani, mercenari, missionari ecc. Una clientela composita che rende questo posto vivo e intrigante. Sono tutti in cerca di un posto tranquillo dove poter stare insieme, parlare, passare del tempo in compagnia, ritrovando serenità e calma.
Il posto è il regno indiscusso di Sunny, una donna americana di 38 anni, trasferitasi 6 anni prima in cerca di se stessa e di un futuro. La vita della donna non è stata semplice, piena di sventure e scelte sbagliate che l'hanno portata a seguire la sua strada e il suo futuro in un'altra parte del mondo.
Sunny, finalmente, ha trovato una casa accogliente dove essere serena, amici importanti e un gruppo di lavoro coeso.
Sunny ha finalmente trovato se stessa.

Ormai si era abituata alla luce del sole e si era ripromessa di non nascondersi mai più nel'ombra, a costo della vita.”
(citazione tratta dal testo)

La vita pulsa in ogni tavolo e angolo del caffè, dove si intrecciano persone, problemi, lingue e culture differenti che danno anima e colore al luogo e al romanzo, come ad esempio Yasmina, vedova e incinta, in pericolo perché, purtroppo, secondo la tradizione una donna senza un uomo è considerata zero. Harajan è una donna forte e moderna, costretta a seguire le regole della sua cultura, Isabel giornalista britannica free lance, Candance americana ed ex moglie di un ambasciatore e molte altre persone che si legheranno in un stretto rapporto di amicizia che cambierà, non solo le loro esistenze, ma anche il modo di affrontare i problemi e la vita.

“Non importava che avesse conosciuto quelle donne solo di recente. Nei loro cuori erano uguali: donne che ambivano a una vita piena, all'amore, ad avere amici con cui ridere, bere, piangere.”
(citazione tratta dal testo)

Quali sono gli argomenti delle loro chiacchierate?
Cosa accade nel caffè e nelle vite di tutte queste persone?
Per scoprirlo, vi basterà affidarvi alle parole di Deborah Rodriguez, immergendovi in una realtà difficile e controversa.
L'autrice ha vissuto e lavorato per anni a Kabul come parrucchiera, collaborando con un'associazione per aiutare le donne a trovare l'indipendenza economica. La conoscenza del territorio, della cultura islamica, dei problemi reali del paese e la difficile condizione delle donne, le hanno permesso di affrontare e inserire alcune tematiche all'interno del romanzo in maniera equilibrata e veritiera. Le descrizioni, infatti, risultano vere e reali, regalando al lettore la sensazione di vivere in quelle strade tra povertà, indigenza e immondizia. Avvertendo, sulla propria pelle, il pericolo di alcune situazioni, o la sensazione claustrofobica del burqa.

“Ma conosceva le regole, anche sotto il burqa: tenere sempre la testa bassa e lo sguardo a terra. Era inaccettabile guardare un uomo dritto negli occhi o ridere forte, sorridere a un bambino o fissare con desiderio un vestito al mercato.”
(citazione tratta dal testo)

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“L'Afghanistan era da troppo tempo un campo di battaglia, di lotta per il potere, un'enorme piantagione di papaveri dove la gente restava ignorante, analfabeta, povera e completamente priva di diritti, senza voce in capitolo.”
(citazione tratta dal testo)

Deborah Rodriguez ha scritto un romanzo piacevole e delicato, riuscendo a inserire al suo interno tradizioni, usi e costumi che ci aiutano a comprendere i comportamenti, i pensieri e le azioni del popolo afgano.
I personaggi sono ben delineati, in modo particolare le donne, protagoniste indiscusse del romanzo. La loro amicizia sarà il filo conduttore della storia e il pilastro che sostiene e innalza il romanzo, rendendolo gradevole, interessante ed emozionante. Molte saranno le tematiche affrontate al suo interno, le differenze culturali, i matrimoni combinati, la maternità e la difficile situazione nelle carceri femminili. Tematiche che daranno spessore e intesità al testo.
“Essere amiche a Kabul” è un romanzo pieno di speranza. Ogni pagina e avvenimento ci ricordano che tutto è possible se si crede in se stessi e nell'altro. Purtroppo, il finale risulta scontato e banale, troppo stucchevole e intriso di retorica, ma il romanzo risulta comunque gradevole e interessante.
Amo i testi in cui l'amicizia tra donne è il fulcro della storia, evidenziando il confronto intimo, personale e vero tra donne diverse per carattere, estrazione sociale e vita personale.

“Si erano incontrate al caffè solo poche volte, ma le persone a Kabul si conoscevano in fretta, legate dall'esperienza, dalla paura e dalla solitudine. Il tempo era come accelerato, i rapporti progredivano in fretta e i consueti tempi di attesa prima di entrare in intimità con qualcuno saltavano a piè pari.”
(citazione tratta dal testo)

Un romanzo in grado di regalare speranza e ore di lettura piacevoli ed emozionanti.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)

venerdì 23 febbraio 2018

Recensione: "Francesca" - Manuela Raffa

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Titolo: Francesca
Autrice: Manuela Raffa
Editore: Edizioni Piemme







Un amore profondo.

Una passione travolgente.

Un legame eterno.
Due anime.

Paolo e Francesca.


Oggi voglio farvi scoprire e conoscere non solo la storia d'amore ma, soprattutto, la donna che si cela dietro il nome di Francesca. Conoscere e comprendere l'anima di una ragazza vissuta in un'epoca in cui la donna aveva l'unico compito di diventare una buona moglie, rendere felice il marito e saper gestire la casa. La donna non poteva esprimere apertamente il suo pensiero, le sue emozioni o sofferenze, figuriamoci innamorarsi e scegliere il futuro marito.
Per comprendere tutto questo, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, esattamente nel 1275. La situazione geografica, sociale, politica ed economica, era totalmente diversa, quindi dovrete fare un grande sforzo mentale per immergervi e comprendere appieno la situazione politica e la mentalità dell'epoca. Intrighi politici e di palazzo erano all'ordine del giorno e scaturivano in guerre di fazioni tra città e città per il predominio totale. A causa di uno di questi intrighi, Francesca sarà costretta a sposare Giovanni Malatesta.
Nel 1275, Francesca ha 16 anni e vive con la famiglia a Ravenna. Il padre, Guido da Polenta, ha una forte ammirazione per la figlia e rispetto alle consuetudini dell'epoca, le permette di imparare a leggere, di possedere libri, di confrontarsi con i fratelli maschi ed esprimere i suoi pensieri riguardanti alcune questioni politiche, senza dimenticare il suo ruolo di donna e futura moglie.
Francesca è bella, esuberante, sicura, curiosa, affamata di vita e sogna l'amore che legge nei libri; ma i suoi sogni si scontreranno con la dura e amara realtà, quando dovrà sposare Giovanni Malatesta. Un uomo coraggioso, non avvenente, facile all'ira, silenzioso, incline al malumore, non ama essere contrastato e pronto in qualsiasi maniera a farsi rispettare. L'uomo si è invaghito di Francesca e vuole sposarla a tutti i costi.
Volere non è amare, ma all'epoca non si dava importanza ai sentimenti o al rispetto di essi.
Francesca vede andare in frantumi tutto ciò in cui credeva, è triste, e sente un enorme vuoto nell'anima, ma appena i suoi occhi si posano su Paolo, il fratello di Giovanni, qualcosa si accende n lei, qualcosa che non ha mai provato.
Uno scambio di sguardi, una forte attrazione a cui non sapranno resistere e che li porterà ad approfondire la loro conoscenza attraverso scambi di pareri, idee, pensieri, rispetto reciproco e una profonda e intensa passione
Paolo e Francesca capiscono di essere due anime destinate a incontrarsi, stare insieme e...qui silenziosamente mi ritiro in un angolo, lasciandovi guidare dalle parole intense e incisive di Manuela Raffa che vi narrerà una bellissima storia, dove l'amore e la sofferenza cammineranno fianco a fianco, per tutta la durata del libro.
Non esistono documenti che ci aiutino a comprendere la figura e la personalità di Francesca, ma l'autrice è riuscita parola dopo parola, a tratteggiare e dare vita e anima a una donna intensa e complessa, dando ampio spazio al lato introspettivo della ragazza per permetterci di capire i suoi pensieri, le sue sofferenze e le sue scelte.

“...aveva calpestato i propri sogni e il proprio cuore per il dovere. Aveva accontentato tutti, tranne se stessa.”

(citazione tratta dal testo)

Una donna destinata a vivere un matrimonio e un'esistenza senza amore. Una donna con un'anima lacerata e frantumata, una donna che ha calpestato i suoi sogni e il suo essere per accontentare gli altri e nel momento di massimo dolore si ribella e sceglie se stessa, la sua felicità, seppur fragile e momentanea. Francesca sceglie l'amore, quello passionale, vero, profondo e intenso per Paolo.


“Le dita si posarono sulla pelle soffice e delicata della guancia. Lei chiuse gli occhi e le sfuggì un sospiro.

In quel momento seppe che era perduto per sempre...”

(citazione tratta dal testo)


Capitolo dopo capitolo, la storia procede fluidamente senza alcun momento di stasi. Gli episodi storici sono accennati per non appesantire la lettura ma soprattutto per dare risalto alla figura di Francesca e al suo lato introspettivo.
Ho apprezzato l'alternarsi della voce narrante e dei salti temporali, tra un capitolo e l'altro; in questo modo l'autrice da voce e vita alla figura di Giovanni, permettendoci di capire la sua forte personalità, i suoi pensieri e il dolore per il tradimento subito, ma soprattutto quanto quest'uomo continui a pensare a sua moglie come un oggetto.
Manuela Raffa ha creato un piccolo tesoro da leggere e rileggere. Ci fa dono, attraverso questo romanzo, dell'anima di una donna che ha scelto se stessa...ha scelto di amare ed essere amata...ha scelto di vivere seguendo i suoi pensieri.
Buona lettura!!



Marianna Di Bella

venerdì 24 febbraio 2017

Recensione "Il paese delle stelle nascoste" - Sara Yalda

recensione, mdb, romanzo, libri il nostro angolo di paradiso
Titolo: Il paese delle stelle nascoste
Autrice: Sara Yalda
Editore: Piemme



Ognuno di noi ha dentro di sé una ferita, un dolore, che teniamo ben custodito in fondo alla nostra anima, al riparo dagli altri e da noi stessi, fino a quando non ci sentiamo pronti ad affrontarlo o a parlarne con qualcuno. Anche Sara Yalda ha un dolore e una ferita dentro di sé e ha provato a parlarne, scrivendo e raccontando parte della sua storia attraverso questo libro.
Giornalista francese di origine iraniane, ha trascorso ventisette anni lontana dal suo paese di origine senza mai farvi ritorno. Anni in cui ha cercato di integrarsi alla civiltà occidentale, conformarsi al modo di vita francese, cambiando perfino il nome, ma perdendo di vista una parte importante: se stessa. Ed è proprio questo che cercherà di ritrovare e capire, ritornando a Teheran e affrontando le sue origini, la sua famiglia, il suo passato.
Tornando in Iran troverà un paese cambiato. In superficie legato ai precetti dell'Islam, ma sotto un cuore che pulsa. Giovani che trasgrediscono come possono, partecipando a feste, bevendo, ragazze che sotto il velo indossano minigonne e sfoggiano trucchi pesanti e unghie colorate. Perché truccarsi, mettere lo smalto alle unghie e il profumo, vestirsi con sensualità non è solamente un modo per piacere a se stesse è soprattutto un modo per ribellarsi e sfidare il regime. Vuol dire non arrendersi. Ma basta allontanarsi dalla città e spostarsi di pochi chilometri e già l'atmosfera cambia e una donna sola non può sedersi e prendere qualcosa al bar.
Il viaggio servirà a Sara a ricongiungersi con la sua famiglia, soprattutto con il padre, con la sua patria, la sua cultura e con se stessa. Non possiamo capire noi stessi senza capire il nostro passato, siamo totalmente e inestricabilmente legati, ma sta a noi farne tesoro e esempio per il nostro avvenire e per la strada da intraprendere.
Mi è piaciuto molto questo libro, semplice e al tempo stesso profondo. Spiega in maniera chiara e non troppo complicata la storia di Teheran, la società odierna, il modo di ribellarsi dei giovani e i piccoli e profondi cambiamenti che stanno avvenendo. Forse avrei approfondito un pochino di più la storia di Sara, il rapporto con il padre , la sua decisione di cambiare il nome, la sua vita in Francia, le sue emozioni, ma a volte non si può pretendere troppo, è già un grande regalo quando una persona scrive e parla di sé mostrando le proprie debolezze, i propri sbagli, non tutti sono in grado di farlo. Quindi godetevi questo piccolo regalo, l'anima di una donna che per anni ha nascosto e perso se stessa. Se proprio dovete criticare almeno fatelo con delicatezza, giusta o sbagliata è la sua storia, chi siamo noi per criticare e giudicare la vita degli altri?
Vi lascio con un bellissimo passo tratto dal libro:


«Ecco da dove vengo», mi dico. E d'improvviso mi appare chiara una cosa: anch'io sono venuta qui a prendere qualcuno. Una bimbetta che mi sta aspettando in cima alle scale. Una bambina della quale non sopporto più le angosce; quella bambina che devo soffocare per sconfiggere il mal di pancia; quella che ho sempre cercato d'ignorare guardando esclusivamente in avanti; quella contro la quale ho studiato all'Università, ho scelto gli amici, mi sono innamorata; quella malgrado la quale ho costruito me stessa fino a oggi. Esattamente quella bambina che sono venuta a ritrovare.
Non è più sola, adesso. Scenderemo le scale insieme, piano piano, stando attente a non scivolare; e anche se non arriveremo proprio a una festa, forse riusciremo a ballare lo stesso, sulle note di un ritornello qualsiasi, io e lei insieme.
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!!




Marianna Di Bella