giovedì 23 dicembre 2021

Recensione: "Il diario perduto di Jane Austen" - Syrie James

 

libro, mdb, libri il nostro angolo di paradiso, recensione, jane austen, diario perduto,

Titolo: Il diario perduto di Jane Austen
Titolo Originale: The Lost Memoirs of Jane Austen
Autrice: Syrie James
Editore: Edizioni Piemme



Cosa accadrebbe se, nascosto in un baule, dietro la parete di un cottage inglese, si ritrovasse il diario di una delle scrittrici più amate degli ultimi secoli, Jane Austen? Un diario che svelerebbe molto della sua anima, della sua vita e dei suoi romanzi? Diario che farebbe sognare tutti i lettori che hanno amato e amano i suoi libri?

Sarebbe meraviglioso ed emozionante. Un regalo che tutti vorrebbero leggere e custodire.

L'autrice Syrie James ha provato a regalarci queste emozioni, creando un romanzo in cui immagina il ritrovamento del manoscritto, in un vecchio baule da marinaio, nascosto dietro una parete del cottage Manor House dove Jane Austen ha vissuto per un po' di tempo. Per rendere credibile la storia e il ritrovamento del diario, l'autrice ha realizzato una prefazione scritta da una fantomatica dottoressa Mary I. Jesse, docente di letteratura inglese presso l'università di Oxford e presidente della Fondazione Letteraria Jane Austen. Il suo compito, all'interno del romanzo, è di confermare, dopo un attento e scrupoloso esame, la veridicità del ritrovamento, circoscrivendo il periodo in cui è stato redatto tra il 1815 e il 1817, quando Jane Austen inizia a soffrire della malattia che la condurrà alla morte.

La prefazione è importante perché serve a dare una credibilità storica al testo e ad attirare il lettore che inizia a leggere con curiosità il romanzo, aspettandosi di ritrovare al suo interno la Jane Austen che ha imparato ad amare attraverso la sua scrittura e i suoi romanzi.

Il lettore inizia la lettura con la speranza di venire a conoscenza di episodi o avvenimenti sconosciuti che lo aiutino ad avere un quadro ancora più ampio della vita della scrittrice. Purtroppo, a mio parere, Syrie James non è riuscita nell'intento, perché il romanzo si perde nella narrazione, regalandoci un quadro di Jane Austen completamente diverso, presentando una donna superficiale, che si innamora come un'adolescente alla sua prima cotta, comportandosi e pensando in maniera banale e poco intelligente.

Dove sono finiti il sarcasmo, l'intelligenza, l'arguzia, che abbiamo imparato a conoscere e che vengono fuori in maniera preponderante dai suoi romanzi? Io non li ho trovati.

L'autrice ci presenta, inoltre, il periodo di vita in cui Jane Austen si innamora perdutamente, e tutto ciò che le avviene in questo momento particolare e in tutto il romanzo, non sono altro che episodi presenti nei suoi libri, come se la sua vita avesse prodotto questi avvenimenti e Jane Austen li avesse inseriti utilizzandoli nei suoi romanzi. Va bene, può capitare, una volta, ma quando tutto questo avviene per tutto il testo, beh allora inizia ad essere fastidioso se non addirittura insopportabile, perché sembra che Jane Austen non abbia avuto un minimo di fantasia e creatività nello scrivere i suoi testi e che abbia solamente riportato gli eventi di sana pianta utilizzandoli come materiale narrativo. Ho trovato tutto questo poco consono e gradevole, un espediente per poter scrivere e dare vita a questo libro, ma ciò che mi ha dato ancora più fastidio è la necessita di dover spiegare come Jane Austen sia riuscita a parlare di amore, pur non essendo sposata e non avendolo mai conosciuto.

C'era bisogno di giustificare questa particolarità?

Perché non si può semplicemente accettare che una donna, che ha descritto in maniera meravigliosa l'amore, non lo abbia conosciuto?

Perché si deve necessariamente trovare una giustificazione plausibile alla sua capacità di descriverlo?

Se questo romanzo voleva essere un omaggio alla grande scrittrice, dal mio punto di vista, non c'è riuscito. Il libro è iniziato bene, con tutte le caratteristiche per essere interessante e coinvolgente, perché è scorrevole e leggibile ma per me si ferma qui, perché il contenuto e le descrizioni mi hanno profondamente delusa, e in alcuni punti anche infastidita, ma questo è il mio parere.

Lascio a voi la scelta se leggerlo o meno e, nel caso decidiate di leggerlo, fatemi sapere cosa ne pensate.

Buona lettura.


Marianna Di Bella

martedì 21 dicembre 2021

Recensione: "La guerra dentro" - Lilli Gruber

libro, mdb,  libri il nostro angolo di paradiso, recensione, Martha gellhorn, inviate di guerra, giornalismo, verità, informazione

Titolo: La guerra dentro. Martha Gellhorn e il dovere della verità

Autrice: Lilli Gruber
Editore: Rizzoli


Viviamo in un periodo storico in cui è importante difendere la verità e la buona informazione. Nel mondo dilagano fake news, finti scoop, notizie diverse e contrastanti, che creano sempre più confusione nel pubblico, allontanandolo dalla figura del giornalista e dal suo lavoro . Per questo si avverte, in maniera intensa e preponderante, l'esigenza di ridare luce e vigore all'informazione, riportando i fatti per ciò che sono e non per come gli altri vogliono farci credere.

Per questo motivo, Lilli Gruber ha posto al centro del suo nuovo libro, il tema della verità delle informazioni presentandoci Martha Gellhorn, una delle più importanti reporter di guerra del Novecento; narrandone non solo la sua vita ma, in particolare, il suo grande lavoro di giornalista che l'ha vista presente nei più grandi e noti scenari di guerra. Inoltre, attraverso la sua figura, evidenzia quel giornalismo che è cambiato negli anni per esigenze politiche, economiche etc. e che dovrebbe tornare ad essere.

Facciamo un passo indietro e iniziamo da quello che, ammettiamolo, è il quesito che ci siamo posti tutti: chi è Martha Gellhorn?

Devo essere sincera, prima dell'uscita di questo testo non sapevo nulla di questa giornalista. Un giorno ascoltando un'intervista di Lilli Gruber, in cui presentava il libro e accennava sommariamente alla vita della protagonista, mi sono ritrovata a voler conoscere questa grande inviata di guerra. Così, eccomi qui con il libro, che ho appena finito di leggere, e un foglio bianco su cui scrivere le mie impressioni su ciò che ho letto, scoperto e amato.

Per coloro che la conoscono, Martha Gellhorn è stata la terza moglie di Ernest Hemingway, ma se andiamo oltre e approfondiamo la conoscenza, scopriremo che c'è molto altro: una vita interessante e appassionante, perché lei è stata l'unica delle quattro mogli che ha lasciato il grande scrittore per ritrovare se stessa, la sua indipendenza e non vivere più all'ombra di un uomo ingombrante.

Martha Gellhorn non è stata “la moglie di”...lei è la più grande reporter di guerra del Novecento.

Devo vivere a modo mio, non solo a modo tuo, o non ci sarebbe nessuna me per amarti.”

(citazione tratta dal testo)

(...) per lei non ci può essere amore senza indipendenza.”

(citazione tratta dal testo)

Nata nel 1908 a St. Louis (Missouri) negli Stati Uniti, da una famiglia progressista, ha sempre cercato la sua libertà e indipendenza. Donna intelligente, impavida, bella, decisa, sincera. Una donna la cui volontà di ferro, curiosità, determinazione e lucidità l'hanno sempre portata a perseguire i suoi obiettivi e a non arrendersi mai di fronte agli ostacoli e ai comportamenti maschilisti e misogini di tutti coloro che hanno cercato di limitare il suo lavoro di reporter, relegandola nelle retrovie.

...è stata fin da giovane una pioniera dei diritti femminili e sosterrà per tutta la vita che il miglior modo per difenderli sia farsi avanti.”

(citazione tratta dal testo)

La sua etica e chiarezza morale, insieme al suo odio verso l'arroganza del potere l'hanno portata a seguire e parlare dei grandi conflitti, ponendo particolare attenzione per gli indifesi, i poveri e i dimenticati. Il suo lavoro di reporter si formerà con la Guerra Civile Spagnola, ponendo le basi e i princìpi fondamentali del suo modo di lavorare.

... portare con sé solo l'essenziale; essere veloce; essere temeraria ma non incosciente, affrontando le situazioni di rischio senza lasciare che la paura diventi panico; imparare a distinguere armi ed esplosivi anche solo dal suono che producono; saper individuare strategie e motivazioni dei vari attori in campo; selezionare le fonti. E la regola d'oro: essere sempre dove le cose accadono.”

(citazione tratta dal testo)

Nel 1943 decide di partire per l'Europa e lasciare la vita matrimoniale e agiata perché, non solo ha bisogno di ritrovare se stessa, ma perché capisce che dalla guerra che si sta combattendo dipende il futuro del mondo e lei vuole essere testimone di ciò che sta accadendo. Sarà, infatti, l'unica donna corrispondente di guerra a calpestare le spiagge dello Sbarco in Normandia. Lei che, secondo i burocrati del tempo, doveva stare confinata e al sicuro nelle retrovie, perché alle donne era severamente vietato seguire l'esercito in prima linea.

Come ci è riuscita? Non posso e non voglio dirvelo, altrimenti vi perdereste la possibilità di scoprire una figura importante e un libro bello e interessante.

Attraverso questo testo, Lilli Gruber ci permette di scoprire una reporter poco conosciuta e un campo lavorativo, come il giornalismo, che negli anni ha perso molto in termini di buona informazione. L'autrice, infatti, nel presentare la vita e il lavoro di Martha Gellhorn, evidenzia ciò che prima era il giornalismo, indicando alcune tematiche interessanti e importanti come ad esempio: il ruolo delle donne nel giornalismo; la censura e il controllo del lavoro; la manipolazione della notizia per la propria propaganda; la facile reperibilità delle notizie, attraverso i video e i social, che non possono essere verificate; il cambiamento del giornalismo, da investigativo e di qualità ad un adeguamento a ciò che vuole il pubblico: spettacolo, snaturando la sua influenza e importanza. Temi, questi, che ci lasciano molto riflettere, non solo sul passato ma, in particolare, sul presente e su ciò che viviamo quotidianamente con l'informazione.

Lilli Gruber ha scritto un libro bello, interessante e ben documentato, infatti, nelle ultime pagine troviamo un bibliografia utile a chi vuole approfondire l'argomento e conoscere gli articoli e i reportage di Martha Gellhorn.

L'autrice ci tiene a sottolineare che, questo testo, non è una biografia, ma un cammino che, passo dopo passo, ci fa entrare nella vita e nel lavoro di Martha Gellhorn, infatti, i capitoli non seguono una sequenza cronologica e non iniziano presentandoci l'infanzia della giornalista, al contrario pongono in evidenza quello che è stato il suo lavoro, dando particolare risalto all'evento dello Sbarco in Normandia, la guerra in Europa e la scoperta del campo di concentramento di Dachau, perché segneranno in maniera indelebile la sua vita personale e lavorativa.

«Dachau mi ha cambiato la vita. Da allora non sono più stata la stessa, non ho più veramente provato speranza, innocenza e gioia.»

(citazione tratta dal testo)

Altra particolarità che ho apprezzato di questo libro, è che Lilli Gruber inserisce nel testo narrativo frasi estrapolate dagli articoli e dalle lettere che Martha Gellhorn scrisse agli amici, perché per lei scrivere lettere era un modo per dare sfogo ai suoi sentimenti e per ricongiungersi alle emozioni che doveva allontanare quando lavorava sui suoi articoli per rimanere sempre fedele alla realtà dei fatti. Il buon giornalista non deve mai porre se stesso al centro della storia e della notizia che sta scrivendo, non è lui la parte attiva ma solo colui che osserva e riporta fedelmente la verità e la realtà.

Inserire frasi o estratti delle sue lettere regala a noi lettori la sensazione che la grande reporter ci stia parlando e svelando parte dei suoi pensieri e Lilli Gruber li inserisce in modo fa darci l'idea che sia un dialogo non solo tra lei e la giornalista ma anche con tutti noi lettori.

In alcuni capitoli, Lilli Gruber dà voce e spazio ad altri giornalisti contemporanei, per narrare le loro esperienze sul campo e, probabilmente, per mettere in evidenza le differenze lavorative, tra gli inviati di oggi e quelli del passato. Devo essere sincera, questi capitoli, non mi hanno convinta del tutto, ho avuto l'impressione che interrompessero quel legame empatico e narrativo che si stava creando con la storia di Martha Gellhorn; a parte questo ho molto amato il libro. È fluido, interessante, appassionante e alla fine della lettura mi sono ritrovata a volerne sapere di più, e conoscere meglio gli articoli di questa grande reporter, peccato che siano stati pubblicati e tradotti in italiano, solo uno o due libri.

Ve lo consiglio? Assolutamente sì. Regalatevi la possibilità di conoscere la più importante inviata di guerra del Novecento. Date di nuovo voce a Martha Gellhorn.

«Nessuno può impedire a una donna di vivere la sua vita»

(citazione tratta dal testo)

Buona lettura.



Marianna Di Bella



(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro.
 

venerdì 17 dicembre 2021

Recensione: "Febbre all'alba" - Péter Gárdos

libro, mdb, libri il nostro angolo di paradiso, recensione, svezia, campi sanitari, storia d'amore, rinascita, seconda guerra mondiale
Titolo: Febbre all'alba

Titolo Originale:Hajnali Láz

Autore: Péter Gárdos

Editore: Bompiani



Ancora oggi esistono episodi ed avvenimenti riguardanti la Seconda Guerra Mondiale poco conosciuti che, fortunatamente, emergono e riprendono vita con il tempo e gli anni. Eventi che ci aiutano ad aggiungere un ulteriore tassello alle nostre conoscenze storiche, arricchendole e rendendole più intense ed importanti.

Febbre all'alba” ci presenta, non solo una storia d'amore che vede come protagonisti i genitori dell'autore, ma anche un aspetto poco conosciuto: i campi sanitari in Svezia che ospitavano i rifugiati e gli ebrei in fuga dalla Germania, dall'Ungheria etc.

Nel luglio del 1945 giunge, in uno di questi campi, Maklós Gárdos. L'uomo si trova in gravissime condizioni, infatti, è affetto da una grave tubercolosi e i medici gli danno solamente sei mesi di vita. Ma Maklós, sfuggito a ogni tipo di persecuzione, alla guerra e al campo di concentramento di Bergen Belsen, non si arrende a questo ennesimo evento negativo della sua vita. No, lui decide che deve farcela a ogni costo, vuole vivere e non darla vinta alla morte. Ora che è finalmente libero e lontano dalla guerra e dalle persecuzioni razziali, lotterà ancora più strenuamente per riprendere in mano la sua vita e realizzare i suoi sogni. Uno di questi è sposarsi e creare quella famiglia che ha sempre desiderato.

(...) Mi sento stanco. Venticinque anni, e quanto male ho dovuto sopportare. Non ho ricordi di una bella , armoniosa vita familiare, non ho avuto la fortuna di averla. Forse per questo la desidero follemente...”

(citazione tratta dal testo)

Maklós si organizza e scrive ben 117 lettere da spedire ad altrettante ragazze, originarie della sua stessa regione, che si trovano in altri campi sanitari.

117 lettere che contengono tutte lo stesso messaggio e la stessa speranza: trovare e conoscere la sua futura moglie.

Una di queste lettere giunge nelle mani di Lili Reich, anche lei ricoverata per un problema ai reni, proveniente dall'Ungheria e di fede ebraica, che risponde all'uomo e...inizia così la storia d'amore di Lili e Maklós, i genitori dell'autore.

Péter Gárdos entra in possesso della corrispondenza dei suoi genitori solo alla morte del padre e decide, con l'appoggio della madre, di far conoscere la loro storia ma, per me, non è riuscito completamente nell'intento. L'autore, purtroppo, non sempre riesce a trasmettere per iscritto le giuste emozioni presenti nella storia, perché narra gli eventi in maniera fredda, asettica, completamente distaccata. Ad esempio, quando presenta e parla dei genitori lo fa come se stesse parlando di due estranei, Maklós viene nominato come “padre”, mentre la madre la chiama sempre e solo “Lili” e spesso, durante la lettura, ho avuto il dubbio che la ragazza non fosse la madre ma un'altra donna amata dal padre. Questo suo modo distaccato e asettico nel descrivere la storia e i genitori, non mi ha permesso di creare un legame empatico con il romanzo, ho sempre avuto l'impressione di essere messa da parte e non avere la possibilità di avvicinarmi troppo alla storia.

Péter Gárdos ha cercato, inoltre, di dare un tocco di leggerezza e ironia al libro, ma non ci è riuscito perché ho trovato la narrazione lenta, noiosa e pesante. Dal punto di vista letterario la storia è bella, così come il messaggio di amore, forza e speranza che il protagonista porta con sé. Un uomo che ha cercato con tutto se stesso di vivere, sopravvivere, realizzare il suo sogno di sposarsi e ritrovare la sua identità nonostante gli eventi traumatici e dolorosi che ha vissuto e affrontato nella sua vita e nei lager.

Una storia di rinascita e speranza che ci ricorda chi è riuscito a farcela dopo la guerra, chi è sopravvissuto ai lager e alle difficoltà che hanno incontrato per riemergere dal dolore, riappropriandosi della propria vita e identità.

Un libro che avrebbe regalato molto ai lettori in termini di emozioni, intensità ma che, purtroppo, non riesce nell'intento, lasciandoci, invece, una storia asettica, incolore e noiosa. Peccato.

Come sempre a voi la scelta se leggere o meno il libro, io posso solo augurarvi una buona lettura.



Marianna Di Bella