mercoledì 6 novembre 2019

Recensione: "Quella metà di noi" - Paola Cereda

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Titolo: "Quella metà di noi"
Autrice: Paola Cereda
Editore: Giulio Perrone Editore





Segreti.
Grandi o piccoli.
Importanti o superficiali.
Tutti ne custodiamo almeno uno, nessuno escluso. Li teniamo nascosti in un angolino sperduto della nostra mente, e li lasciamo lì a prendere polvere, sperando di dimenticarli, perché rievocarli vorrebbe dire rivivere quel senso di vergogna, imbarazzo o dolore che ci hanno procurato.
Segreti che potrebbero svelare una parte intima di noi stessi, mettendo a nudo la nostra anima.

Di segreti di cui vergognarsi ne aveva uno soltanto che trattava al pari di una brutta malattia, invisibile allo sguardo degli altri eppure velenosa. Si vergognava ma non si sentiva in colpa, preda com'era dell'euforia da appropriazione indebita che danno gli sbagli commessi di nascosto e con piacere.”
(citazione tratta dal testo)

Un unico segreto che la protagonista di questo romanzo cerca di non svelare a nessuno.
Un unico segreto che, forse, potrebbe migliorare il dialogo con la figlia, o almeno spiegare il perché di alcune scelte intraprese.

I segreti sono?

Spazi di intimità da preservare, nascondigli per azioni incoerenti, fughe, sguardi, libertà particolari, il trucco che nasconde l'evidenza, pozze in cui saltare a piedi scalzi, regali senza mittente, errori, vendette. Persone amate.

Chi non ha qualcosa da nascondere, ha almeno una verità da raccontare.

E la verità, a volte, è il più grande di tutti i segreti.”
(citazione tratta dal testo)

Matilde ha 65 anni, vive nella zona nord-est di Torino ed è un'ex insegnante di sostegno delle elementari in pensione. È una donna posata, tranquilla e la sua esistenza è sempre stata pacata, decorosa, senza alcun eccesso o avvenimento particolare che possa aver scosso la sua esistenza. È una donna apparentemente fragile, ma ha sempre lottato e resistito alle avversità della vita, trovando i lati positivi anche nelle situazioni più incerte, dolorose e difficili. Non si è mai arresa, neanche quando ha dovuto cercare lavoro come assistente familiare per integrare la sua pensione.
Perché? Cosa le è accaduto? Beh il segreto che custodisce e non vuole svelare, l'ha messa nella condizione di rivedere la sua tranquilla vita da pensionata, trovando un lavoro fisicamente faticoso ma umanamente intenso e istruttivo. Occuparsi dell'infermità fisica dell'ingegnere Dutto, la pone di fronte alle problematiche della vita, facendola riflettere sui rapporti familiari, di coppia, e su quei segreti che vengono custoditi per proteggere e aiutare l'altro.

...ci sono segreti che sono gesti d'affetto.”
(citazione tratta dal testo)

Difficilmente un segreto rimane tale per sempre, perché nella vita di tutti, prima o poi arriva un momento in cui si deve prendere coraggio e dare voce a ciò che si custodisce da troppo tempo e che spesso ci tormenta e soffoca l'anima. Arriva un momento in cui il confronto con se stessi e gli altri è di vitale importanza e quando Emanuela, la figlia della nostra protagonista, pretenderà da lei un aiuto economico, perché lei è la madre ed esiste solo per aiutarla e soddisfare i suoi bisogni...be' Matilde capirà che è arrivato il momento di affrontare e fare i conti con qualcosa che ha taciuto per troppo tempo...e da qui prende vita, anima e corpo il romanzo di Paola Cereda. Un romanzo intimo, delicato, forte e vero, scritto in maniera intensa ed emozionante.
L'autrice riesce, non solo a dare voce al lato intimo e personale dei personaggi, ma racconta e descrive la vita così com'è, senza filtri o orpelli per abbellirla. Ne racconta le imperfezioni, le difficoltà, la bellezza, i rimpianti, i momenti di felicità, le scelte giuste o sbagliate. Intinge la sua penna nell'inchiostro della vita e tratteggia scenari e panorami intensi facendoci riflettere sui rapporti sociali e familiari, evidenziando i limiti dell'essere umano e aiutandoci a trovare il coraggio di esprimere ciò che sentiamo e chi siamo.
Paola Cereda racconta la quotidianità, l'amore, il dolore. Racconta la vita, fatta di scelte, luoghi, incontri, persone. Racconta quella metà di noi che nessuno conosce e lo fa con uno stile narrativo intimo e vero, attraverso una scrittura delicata e incisiva che sa toccare le corde più profonde dell'anima e lo fa in maniera credibile, coerente e aderente alla realtà, ad eccezione delle figure della figlia e delle nipoti di Matilde che ho trovato eccessive, odiose, sopra le righe e fin troppo forzate.
I personaggi sono tutti ben descritti, delineati e approfonditi, anche quelli che rimangono ai margini della storia o ne fanno fa sfondo e ci regalano una visione completa e credibile del mondo della protagonista.
Matilde, naturalmente, oltre ad essere il personaggio principale è quello meglio descritto ed emerge in maniera forte, nonostante il suo carattere calmo e tranquillo. È una donna che cammina in punta di piedi nella vita, come se avesse timore di dare fastidio o creare problemi. Sempre attenta alle esigenze degli altri, ai loro sentimenti e a quegli sguardi che sanno raccontare meglio di mille parole.

...regalare a qualcuno uno sguardo attento, significa autorizzarlo all'esistenza.”
(citazione tratta dal testo)

Una donna apparentemente fragile, la cui forza viene fuori piano piano come il segreto che custodisce, svelandoci lentamente e dolcemente i motivi delle sue scelte e quella metà di se stessa che nessuno conosce, a parte lei.

Si chiese se ci fossero parole adatte a descrivere quella metà di noi che non viene raccontata e che continua a esistere, nonostante l'imbarazzo.”
(citazione tratta dal testo)

Quella metà di noi che a volte ci condanna e a volte ci salva...quella metà che custodisce una parte importante del nostro essere...quella metà di noi che vi consiglio di leggere, perché non farlo vorrebbe dire privarvi della piacevolezza di un romanzo intimo e profondo. Vorrebbe dire non conoscere una donna delicata e intensa e dei personaggi che si intrecciano e combaciano come le tessere di un puzzle, mostrandoci una vita quotidiana contemporanea e vera. Una vita fatta di amore, dolore, coraggio...una vita...la nostra.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)

lunedì 4 novembre 2019

Recensione: "Le Avventure di Washington Black" - Esi Edugyan

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Titolo: "Le Avventure di Washington Black"
Titolo Originale: "Washington Black"
Autrice: Esi Edugyan
Editore: Neri Pozza





Piantagione di Faith, Barbados. 1830
La tenuta sta attraversando un momento di grande subbuglio e agitazione, il vecchio padrone è morto e gli schiavi sono inquieti e preoccupati. Cosa ne sarà di loro? Quale sarà il loro destino? La piantagione verrà venduta? Domande lecite che troveranno risposta nella figura enigmatica e agghiacciante di Erasmus Wilde. L'uomo è il nipote del defunto padrone e sarà lui a gestire la tenuta. Un uomo dallo sguardo gelido e terrificante come la sua anima.

“Un uomo che è stato di un altro uomo impara molto in fretta a osservare gli occhi di un padrone; ciò che vidi nei suoi mi terrrorizzò. Io gli appartenevo, come gli appartenevano tutte le persone tra cui vivevo, in vita ma anche in morte, e la osa gli dava un piacere immenso.”
(citazione tratta dal testo)

In poco tempo il clima all'interno della piantagione diventa orribile, invivibile, con episodi di estrema brutalità, accompagnati da punizioni, mutilazioni e uccisioni. Un clima agghiacciante.
All'interno della tenuta, tra centinaia di schiavi che lavorano faticosamente e in condizioni indecenti, c'è un ragazzino di circa 10/11 anni che attira subito la nostra attenzione e che seguiremo durante la lettura del romanzo perché è il protagonista e voce narrante della storia. Il bambino è Washington Black, è addetto al taglio della canna da zucchero ed è orfano, purtroppo non ha mai conosciuto i suoi genitori se non attraverso le storie e i racconti degli altri schiavi e di Big Kit, la donna che si prende cura di lui.

“Domandati cosa sai di quando sei nato, e se la tua vita è molto diversa. Tutti noi dobbiamo prendere per buone le storie della nostra nascita, perché sebbene ne siamo i protagonisti, non siamo ancora presenti.”
(citazione tratta dal testo)

Un giorno Wash viene ceduto come valletto al fratello del padrone: Charles Wilde, detto Titch.
Titch è un uomo di scienza e cultura e vede nel bambino una figura importante e vitale per la sua invenzione: il Nemboveliero. Una sorta di mongolifiera inventata dall'uomo per realizzare il sogno di sorvolare i cieli. Perché l'uomo sceglie proprio Wash? Non immaginate chissà quali misteri o scoperte, Titch sceglie il bambino perché ha il peso giusto per fare da...zavorra. Sì, avete letto bene, il ruolo di Washington sul Nemboveliero è di fare da contrappeso sulla nuova invenzione, ma prima di prendere il volo, la macchina ha bisogno di alcuni aggiustamenti, del luogo adatto per decollare e sopratutto delle correnti adatte per librarsi in aria. Nel mentre, Washington si occuperà della lavanderia, della cucina e farà da aiutante durante gli esperimenti e le ricerce di Charles Wilde.
Il rapporto tra i due diventerà sempre più stretto e amichevole. Titch insegnerà al bambino a leggere, scrivere e, soprattutto, gli farà scoprire la magia e la bellezza del disegno. Wash scoprirà così di avere una predisposizione naturale al disegno, grazie a un tocco delicato, preciso e meraviglioso che gli permetteranno di riprodurre fedelmente ogni oggetto, pianta ecc. che vede e osserva.

“(...) Sii fedele a quello che vedrai, Washington, e nn a quello che dovresti vedere.”
(citazione tratta dal testo)

La vicinanza con Titch sarà importante per Wash perché gli permetterà di imparare molte cose, accrescere la sua cultura e vedere le cose in maniera diversa, ma questo lo porterà, impercettibilmente, ad allontanarsi dagli altri schiavi, immergendosi, senza volerlo nel mondo dei bianchi. Si ritroverà in bilico tra il vecchio mondo fatto di radici, origini e identità e il nuovo fatto di conoscenza, possibilità, sogni, un mondo da cui verrà sempre rifiutato per il suo colore della pelle e la condizione di schiavo. Ma è ancora troppo piccolo per capirne le conseguenze, per ora si limita a vivere il periodo assorbendo ogni insegnamento, crescendo e maturando intellettualmente fino a quando due eventi tragici non cambieranno drasticamente il suo destino, mettendo fine agli esperimenti e costringendolo a fuggire per salvare la propria vita. Titch l'aiuterà a scappare dalla tenuta e lo accompagnerà in questa fuga rocambolesca.
Perché sono costretti a fuggire? Cosa è accaduto? Come faranno a scappare?
A voi il piacere di scoprire il resto della storia. Preparatevi, perché il viaggio non sarà tranquillo e rilassante, molti saranno gli imprevisti che i due personaggi dovranno affrontare. Imprevisti che li porteranno a confrontarsi con se stessi e il mondo che li circonda, perché la realtà è ben diversa da quella che si vive all'interno di una piantagione e per Washington non sarà una scoperta piacevole. Violenza, razzismo e soprusi sono sempre presenti, ma si renderà conto che, nonostante la libertà, non può realizzare tutto ciò che desidera, il colore della sua pelle sarà sempre un ostacolo alla sua voglia di imparare, di essere se stesso, al suo desiderio di affermarsi nel campo del disegno o scientifico. Questo lo porterà a chiudersi sempre più in se stesso, diffidando di tutto e tutti. La sua vita diventerà un lungo e interminabile viaggio che lo porterà fisicamente in giro per il mondo, ma la sua anima sarà sempre alla ricerca di se stessa, cercando di placare quella sensazione di precarietà e fuga costante che lo perseguitano e non lo fanno vivere in pace e serenità.

“Diventai un ragazzo senza identità, un'ombra semovente, e ogni mese sprofondavo sempre più nell'eccentricità. Infatti da nessuna parte poteva esserci posto per una creatura come me: un ragazzo nero e sfigurato con una mente scientifica e un talento per il disegno, sempre in fuga dalla più vaga delle ombre.”
(citazione tratta dal testo)

Sempre in fuga e alla ricerca di un posto dove mettere radici, un posto che corrisponda a lui, al suo essere e che possa chiamare casa. Washington ha bisogno di trovare risposte alle molteplici domande che lo assillano, ha bisogo di capire chi è, quali sono le sue radici...ma soprattutto ha bisogno di scoprire se stesso, e noi viaggeremo con lui, accompagnandolo durante gli anni della sua crescita, vedendolo cadere, rialzarsi, crescere e maturare.
Esi Edugyan ci prende per mano e ci conduce all'interno del romanzo con delicatezza e determinazione. La sua scrittura è interessante, coinvolgente e le descrizioni attente e precise ci aiutano a crearci una visione dei posti e degli avvenimenti precisi e dettagliati, dandoci l'illusione di essere lì con i protagonisti. L'autrice riesce con tatto e fermezza a presentarci un periodo storico importante, permettendoci di scoprire il mondo delle piantagioni, le condizioni degli schiavi, il clima razziale che si viveva in quell'epoca, descrivendoci le fughe clandestine ma, soprattutto, pone in risalto la parte psicologica, creando un legame empatico con il lettore, facendogli sentire sulla propria pelle la disperazione, la paura, la sofferenza e il sentirsi soli, senza radici e legami. Una realtà difficile da comprendere per chi non ha mai vissuto sulla propria pelle le limitazioni, la negazione di ogni diritto e la mancanza di libertà.
Il testo è narrato in prima persona e la voce narrante è del nostro piccolo protagonista che, attraverso i suoi ricordi, ci permette di entrare nella sua anima. Un racconto che diventa un diario intimo e personale dove emergono debolezze, paure, sofferenze.
Washington è il personaggio meglio caratterizzato e descritto, soprattuto la parte psicologica che lo rende credibile e aderente alla realtà dell'epoca.
La lettura è fluida e coinvolgente per quasi tutto il romanzo, ma verso gli ultimi capitoli si perde completamente diventando noiosa, irreale e dando la sensazione di non condurre da nessuna parte. Abbandona completamente il consueto ritmo di lettura e lo stile, per cambiare registro e narrare avvenimenti che si fanno sempre più fantasiosi, non completamente aderenti alla reltà e al resto della storia, descrivendo situazioni vaghe e indefinite. Mi spiego meglio, negli ultimi capitoli sono inserite talmente tante coincidenze da non rendere credibile la storia. Si ha come l'impressione che l'autrice non sapesse come portare a termine il romanzo e per sbrogliare le varie situazioni abbia inserito tutta una serie di coincidenze inverosimili, arrivando ad un finale deludente e per certi versi incomprensibile.
Peccato perché la storia, il protagonista, sono coinvolgenti e interessanti, grazie a uno stile narativo e descrittivo intrigante e avvincente.
Un romanzo, a mio parere, rovinato da un'ultima parte noiosa e da un finale deludente, ma che vi consiglio comunque di leggere, perché il romanzo è bello e Wash avrà il potere di conquistarvi sin dalla prima pagina.

“...in quel momento compresi la natura tremenda e illimitata del mondo, quando non appartieni a nessuno e a nessuno luogo.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura e buon viaggio!



(Mariianna Di Bella)

sabato 2 novembre 2019

Recensione: "La sarta di Mary Lincoln" - Jennifer Chiaverini

 

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Titolo: "La sarta di Mary Lincoln"
Titolo Originale: "Mrs. Lincoln's Dressmaker"
Autrice: Jennifer Chiaverini
Editore: Beat




Washington, 1861.
La città è in grande fermento, Abraham Lincoln, il sedicesimo presidente degli Stati Uniti d'America sì è appena insediato nella Casa Bianca. Uno dei presidenti più importanti e popolari nel panorama politico americano, sta per cambiare il destino di un'intera nazione, facendo emergere gli ideali di libertà e democrazia, abolendo la schiavitù, riunendo la nazione, guidandola fuori dalla Guerra di Secessione, una delle guerre più cruente mai esplosa fino ad allora...ma andiamo con ordine perché, non solo il nuovo presidente è appena stato eletto, ma molte di queste cose avverrano durante gli anni del suo mandato.
Il 1861 segnerà l'inizio di grandi cambiamenti politici, sociali e culturali e darà il via al romanzo. Una storia vera incentrata sulla figura di Elizabeth Keckley, una donna indipendente, libera, autonoma, imprenditrice di successo, ex schiava e amica di Mary Lincoln.
Dopo anni di sacrifici e duro lavoro, Elizabeth riesce a comprare la libertà per sé e suo figlio, regalandogli una vita e un futuro diverso e ricco di possibilità. Un traguardo importante per l'epoca, un sogno che non tutti sono riusciti a raggiungere e realizzare, ma la donna è determinata, forte e combattiva. Si trasferisce a Washington e, adeguandosi alle limitazioni imposte agli schiavi emancipati (rispettare il coprifuoco, procurarsi la licenza pagando una tassa entro 30 giorni dall'arrivo in città ecc.), riesce con intraprendenza e determinazione a trovare il suo spazio lavorativo. La donna è una sarta di notevole bravura, apprezzata dalle mogli degli esponenti dell'elite politica e sociale della città che la cercano per la realizzazione di abiti per cerimonie e ricevimenti. Il suo nome e la sua bravura giungono fino alla first lady che la sceglierà come sarta personale. Elizabeth confezionerà per lei spledidi abiti ma, soprattutto, diventerà sua grande amica e confidente.
Un'amicizia strana e inconsueta, perché le due donne sono completamente diverse.
Mary Lincoln è impulsiva, volubile, spontanea, non si preoccupa mai di come possano essere interpretate le sue parole e le sue azioni. Snobbata dalle alte sfere politiche, viene costantemente criticata e considerata volgare e priva di buone maniere.
Elizabeth, invece, è generosa, intraprendente, piena di grazia e dignità. È una donna sempre pronta ad aiutare e sostenere gli altri, in particolar modo gli schiavi emancipati che, in arrivo dalle piantagioni, hanno bisogno di aiuto e sostegno economico per riuscire a sopravvivere alla situazione di estrema povertà e analfabetismo.
Le due donne stringeranno una profonda e sincera amicizia, affrontando e condividendo sofferenze, problemi, disagi e tragedie familiari che negli anni colpiranno la famiglia Lincoln e quella di Elizabeth, il tutto incastonato all'interno di un contesto politico complicato e delicato, caratterizzato dalla guerra di Secessione, il divario tra Nord e Sud, tra schiavi e abolizionisti.
Un quadro storico e sociale complesso, affrontato e narrato da Jennifer Chiaverini in maniera efficace e determinante perché ci permetterà di comprendere, non solo una parte importante della storia americana, ma anche i difficili giochi politici che si nascondono dietro una guerra cruenta e complicata.
L'autrice riesce a narrare un complesso periodo storico, rimanendo il più possibile fedele ai fatti, soffermandosi su documenti, discorsi, editti, battaglie che spiegano al meglio la difficile situazione politica, districando nodi, disaccordi ed equivoci, rendendo facilmente fruibile la comprensione del testo,soprattutto per chi non conosce al meglio la storia americana. Una parte ben costruita, interessante e coinvolgente per chi è interessato a quel periodo storico. Purtroppo, la capacità e abilità dell'autrice, nel narrare eventi storici precisi e aderenti ai fatti, rendendo il tutto facilmente comprensibile, non si estende nella parte dedicata al rapporto di amicizia tra le due donne. Qui la narrazione rimane superficiale, i dialoghi sono contenuti, stringati e non creano particolari emozioni o legami empatici. Le vicissitudini delle due donne sembrano sempre dare l'idea di rimanere ai margini della storia, non evidenziandone il loro complesso e articolato tratto psicologico. Non si crea empatia, partecipazione, legame affettivo ed emotivo con le loro storie, soprattutto, non si evidenza il forte impatto psicologico delle tragedie familiari che si abbattono sulle due donne. Tutto sembra sempre freddo e distaccato. Personalmente, mi sarei aspettata una maggiore concentrazione sulla figura di Elizabeth, una donna indipendente, caparbia che ha inseguito i suoi sogni, la sua libertà, rimanendo sempre fedele alla first lady e al valore dell'amicizia. Nel romanzo sembra sempre messa ai margini di un contesto storico più incisivo e importante, mentre in realtà è stata una donna influente e determinante per chiunque l'abbia conosciuta...una storia personale a cui avrei dato più spazio e importanza.
Tutto questo, purtroppo, rende la lettura un po' lenta e pesante, ma rimane comunque un ottimo testo storico che consiglio a tutti coloro che apprezzano la storia americana e vogliono comprendere al meglio la Guerra di Secessione e gli intrighi di potere che si celano dietro documenti e battaglie. 
Un romanzo che non vi lascerà indifferenti.
  
"«Sono nata schiava, ma ho comprato la mia libertà e non devo quindi la mia emancipazione a Lincoln» puntualizzò. «Però gli volevo bene per la sua gentilezza nei miei confronti e per aver compiuto un gesto splendido: concedere la libertà al mio popolo. So cos'è la libertà perché ricordo cosa fosse la schiavitù».
(...)
«Voi che non avete mai sofferto non potete capire pienamente il significato della libertà».
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)