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martedì 10 dicembre 2019

Recensione: "L'arte di correre sotto la pioggia" - Garth Stein

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Titolo: "L'arte di correre sotto la pioggia"
Titolo Originale: "The Art of Racing in the Rain"
Autore: Garth Stein
Editore: Piemme




Per raggiungere i propri obiettivi occorre lottare con forza e determinazione senza mai perdere la speranza, perché gli imprevisti sono sempre in agguato pronti a intralciare il nostro cammino, facendo di tutto per farci crollare a terra e desistere dai nostri propositi. È proprio in questi momenti che il coraggio e la determinazione devono avere il sopravvento sulla paura e il timore di non farcela, sostenendoci nella caduta e nella voglia di rivalsa, perché nella vita si impara attraverso gli errori e gli imprevisti. Si impara cadendo. Si impara sbagliando, provando e amando, sì perché l'amore è il motore della nostra esistenza ed è lui che alimenta la nostra forza e determinazione.
L'amore per se stessi, per gli altri, per la vita. L'amore infinito...l'amore che ci aiuta e sostiene nei momenti di sconforto, e Denny Swift è circondato d'amore, in particolare, quello del suo cane Enzo.
Denny e Enzo vivono a Seattle, l'uomo lavora dietro il bancone di un'autofficina come assistente ai clienti. Ama i motori ed è un pilota di auto da corsa che non ha mai espresso in pieno le sue capacità e potenzialità. Ama il suo cane e insieme condividono la passione per le corse automobilistiche che guardano spesso in TV.
Enzo, invece, è un cane particolare, adora guardare la televisione, soprattutto i documentari del National Geographic e le gare automobilistiche ed ha un sogno: poter rinascere nel corpo di uomo. Il cane è convinto di essere nato nel corpo sbagliato, perché sente di essere in tutto e per tutto un essere umano. Ama follemente il suo padrone, ma questo non vuol dire che non sia obiettivo nei suoi riguardi, sa benissimo che l'uomo è imperfetto, per questo quando parla di lui non omette i limiti e i lati negativi.
Enzo è tranquillo e appagato fino a quando nella vita di Denny non arriverà l'amore di Eve a travolgere la loro esistenza. Una terza persona che cambierà gli equilibri della loro vita e a cui Enzo dovrà abituarsi con calma e pazienza, soprattutto quando la malattia e la morte incomberanno nella loro famiglia portando dolore e sofferenza, ma a raccontarvi il resto della storia ci penserà il nostro protagonista a quattro zampe che sarà il testimone diretto di ogni avvenimento del romanzo, io posso solo suggerirvi di prepararvi a una storia commovente, coinvolgente e dolorosa.

Avevo sempre desiderato amare Eve come la amava Denny, ma non ci ero mai riuscito perché mi spaventava. Lei era la mia pioggia. Il mio fattore imprevedibile. La mia paura. Ma un pilota non deve avere paura della pioggia, la deve accettare. Solo io potevo manifestare un cambiamento in ci che mi circondava. Mutando il mio stato d'animo, la mia energia avevo permesso a Eve di vedermi in modo diverso. E anche se non posso dire di essere padrone del mio destino, posso dire di ave avuto un attimo di padronanza, e ora so su cosa devo lavorare.”
(citazione tratta dal testo)

Enzo è la voce narrante del romanzo che ci guiderà tra le pagine del libro e la vita di Denny, attraverso i suoi pensieri e le sue riflessioni profonde e intelligenti. Il suo punto di vista ci permetterà di conoscerà a fondo l'uomo, la sua famiglia e il lungo e difficile percorso che dovrà affrontare per difendere ciò che ha costruito e ciò che rimane della sua famiglia travolta da un dolore immenso e inconsolabile.
Il punto di vista di Enzo ci porterà a riflettere su temi seri e importanti quali: la vita, la morte, l'amore, le passioni, la speranza, la sofferenza ecc. Un punto di vista sincero, vero, soprattutto, quando parla di Denny, perché il cane è del parere che gli eroi non sono perfetti e non renderebbe giustizia al suo padrone, parlando di lui solo in termini positivi, elogiandolo anche quando commette dei sbagli. Sono gli sbagli e i difetti a renderci unici, belli, interessanti e veri.

Il vero eroe è imperfetto. La vera prova per un campione non è riuscire a trionfare, ma piuttosto riuscire a superare gli ostacoli – meglio se creati a lui stesso – che gli impediscono di trionfare. Un eroe senza imperfezioni non interessa né al pubblico né all'universo...”
(citazione tratta dal testo)

Enzo è paziente, comprensivo, un compagno fedele, amico, confidente e guida silenziosa che sarà sempre al fianco del suo amico, nel bene e nel male, sostenendolo come può, con piccoli e significativi gesti che valgono più di tanti discorsi o parole.

I gesti sono tutto ciò che ho, e a volte devono essere eclatanti.”
(citazione tratta dal testo)

Garth Stein ha scritto un romanzo semplice ma al tempo stesso disarmante, utilizzando le descrizioni della guida come metafore della vita, regalando speranza, forza, tenacia e ricordandoci che non bisogna arrendersi mai di fronte agli imprevisti della vita, ma essere pronti a lottare con forza in ciò in cui si crede e per le persone che si amano e, in questo romanzo, la speranza, la tenacia e l'amore sono i pilastri del libro.
La lettura è coinvolgente; lo stile leggero, semplice e al tempo stesso profondo. La storia è quasi banale nell'evolversi degli eventi e del finale se non fosse per la prospettiva originale del punto di vista di Enzo che risulta una voce narrante profonda, intelligente, forse fin troppo umana. Ad essere sinceri le continue descrizioni delle corse e delle modalità di guida possono tediare e risultare fastidiose per chi non ama le corse automobilistiche e non capisce nulla di guida, rendendo la lettura difficoltosa e noiosa.
“L'arte di correre sotto la pioggia” è un romanzo piacevole, tenero, delicato, commovente e non è dedicato solo a chi ama i cani o le corse automobilistiche, è un piccolo dono che l'autore ha creato per tutti i lettori, ricordando loro che la vita non è priva di ostacoli, e che gli imprevisti sono sempre in agguato pronti a metterli alla prova, perché la vita è bella nella sua imperfezione...come noi, artefici del nostro destino e piloti della nostra vita.

...ciò che manifestiamo è davanti a noi; siamo noi gli artefici del nostro destino. Intenzionalmente o meno, siamo soltanto noi i responsabili dei nostri successi e dei nostri fallimenti.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!




(Marianna Di Bella)

venerdì 6 dicembre 2019

Recensione: "Il guardiano della collina dei ciliegi" - Franco Faggiani

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Titolo: "Il guardiano della collina dei ciliegi"
Autore: Franco Faggiani
Editore: Fazi Editore





Sulla costa nord del Giappone è situato un piccolo villaggio flagellato, in inverno, dai venti artici e dove si vive seguendo le regole della natura. Il villaggio si chiama Rausu e per molti anni è rimasto incontaminato dalla modernità, dall'inquinamento e dalla vita frenetica. La vita ha un ritmo lento e cadenzato dalla natura e dalle sue stagioni. Sulle sue alture è situato un luogo magico e sacro: la collina dei ciliegi.
Gli Yamazakura sono ciliegi selvatici di montagna resistenti al freddo e alla siccità. Sono alberi longevi, ritenuti i gran sacerdoti degli alberi. Gli Yamazakura hanno bisogno di dedizione, cura e attenzione perché possano crescere in tutta la loro magnificenza, regalando ai visitatori una vista spettacolare, soprattutto, durante il periodo della fioritura. Su questa collina, in completo isolamento, vive il guardiano dei ciliegi, colui che per anni si è preso cura degli alberi, amandoli e proteggendoli dalle intemperie, dagli animali e da qualsiasi altro fenomeno nocivo per la loro esistenza.
Yuki Kahida è il guardiano, colui che dal 1915 al 1967 ha vissuto a stretto contatto con questi gran sacerdoti. L'uomo ha vissuto, meditato, amato, sofferto e riflettuto all'ombra delle loro chiome che l'hanno sempre protetto e accompagnato nel suo percorso di vita. Ma l'uomo nasconde qualcosa che non ha mai svelato a nessuno, nemmeno a sua moglie: la sua vera identità.
Il suo vero nome è Shizo Kanakuri, originario della città di Tanama, dell'isola di Kyushu, Giappone. L'uomo ha lasciato la sua terra d'origine nel 1912 quando, appena ventenne, partecipa alle Olimpiadi di Stoccolma, rappresentando il suo paese nella maratona. Il ragazzo amava correre, era il solo momento in cui si sentiva libero e felice. Libero di essere se stesso. Libero di immergersi nella natura e non pensare a nulla.

“...ero sempre dell'idea che la corsa non fosse un motivo per competere con gli altri ma con me stesso, che fosse un'occasione per conoscere sempre più a fondo la natura e i paesaggi intorno e ritrovare la sintonia con i kami. La corsa toglie di dosso tutto quello che è superfluo, mette a nudo, evidenzia quello che si è capaci di fare in ogni momento in cui un passo sopravanza l'altro. La corsa è crudele, non offre protezione.”
(citazione tratta dal testo)

Nel 1912, Shizo era un semplice studente universitario, amante della natura, degli alberi, della botanica, della corsa e costretto dal padre a studiare economia. Una vita tranquilla, posata che cambia improvvisamente quando all'università si accorgono del suo potenziale nella corsa e viene scelto per rappresentare il suo paese nelle Olimpiadi. Il Giappone e l'imperatore fanno grande affidamento su di lui, e questo grava sulla sua anima semplice che non ha mai vissuto la corsa come competizione, ma solo come un momento di felicità e libertà tutto suo.

“Alla fine di quell'incontro mi sentii sulle spalle il peso di un masso e dentro la fragilità delle foglie quando l'autunno sta per cedere all'inverno. Il fardello incominciò ben presto a incombere anche sulla mia anima. Temevo che, come le foglie secche, anche lei si sarebbe sbriciolata.”
(citazione tratta dal testo)


Shizo non viene meno ai suoi obblighi e partecipa alla gara ma...non arriverà mai alla fine della corsa. Perché? Beh non è importante scoprire perché o cosa è accaduto, ma come ha reagito a questa disfatta che negli anni ha sempre considerato un'onta, un fallimento verso il suo paese. Una mancanza di rispetto, di onore e lealtà che non ha saputo mantenere nei confronti di se stesso e della sua nazione. Tutto questo lo fa sentire fallito e l'unica cosa che vuole è sparire, rendersi invisibile agli occhi del mondo perché ha disatteso le aspettative dell'imperatore, di suo padre e del suo paese. Inizia così un viaggio in cerca di un posto dove vivere ma, soprattutto, un viaggio dentro se stesso.
Un viaggio che lo porterà alla collina dei ciliegi, prendendosi cura di questi magnifici e imponenti alberi sacri, vivendo con loro e per loro...per rendersi conto che forse sono stati gli alberi a prendersi cura della sua anima, imparando che non è disonorevole fuggire, ma restare immobili e vedere la propria vita scorrere senza agire e fare qualcosa. Imparando che una sconfitta non è necessariamente sinonimo di fallimento, ma è solo un momento di stasi, un ostacolo da affrontare lungo il percorso della nostra vita e che ci si può sempre rialzare e ripartire per perseguire e raggiungere i propri obiettivi.

“La strada per trovare la pace interiore era fatta di piccoli passi, non privi di invisibili ostacoli su cui inciampare, di molte rinunce e di solitudine assoluta.”

(citazione tratta dal testo)

Ognuno di noi reagisce agli eventi della vita in maniera diversa, seguendo i propri tempi e affrontandoli secondo la propria indole e caratterialità, l'importante non è fermarsi ma imparare dagli eventi negativi per rialzarsi e continuare a percorrere la propria strada, raggiungendo i propri sogni, la propria meta, perché ciò che ci rende diversi dagli altri non è la realizzazione di qualcosa ma cosa siamo diventati e come abbiamo vissuto durante il percorso. E Shizo capirà che la vita ha ancora in serbo delle sorprese e che il fallimento non consiste nel non portare a termine la corsa, ma rialzarsi e riprendere a correre. Correre verso il traguardo che non ha mai raggiunto, tagliando la linea di arrivo dopo ben 54 anni. Correre per ritrovare se stesso, l'amore per la corsa, per la natura e la vita. Un amore che si respira a pieni polmoni in ogni pagina, frase e parola scritta da Franco Faggiani che ci ha regalato un romanzo intimo, delicato e riflessivo.
L'autore si è basato sulla vera storia di Shizo Kanakuri e ha costruito la trama del romanzo, usando la fantasia per creare un seguito diverso, ponendo al centro l'uomo evidenziando il suo lato intimo e riflessivo.
La lettura è fluida, piacevole, poetica e delicata. La prosa è elegante e le descrizioni sono intense e particolareggiate, in grado di regalare al lettore, non solo la sensazione di trovarsi immersi nell'animo del protagonista, ma a stretto contatto con la natura, in un rapporto sacro e di grande amore e rispetto.
La narrazione è in prima persona e la voce narrante è quella di Shizo che con calma e serenità ci accompagna all'interno dei suoi pensieri e del suo travaglio interiore che ci permette di entrare in completa empatia con lui comprendendone le sue azioni e i suoi pensieri. Un narrazione che prende la forma di un diario intimo attraverso cui scopriamo un animo sensibile, e dove spesso il silenzio è più significativo e profondo di tante parole messe insieme.
Franco Faggiani ci prende per mano e ci conduce all'interno di una cultura diversa dalla nostra, dove valori come onore, lealtà e rispetto hanno un peso e una valenza più profonda e sentita, facendoci immergere nell'atmosfera più vera del Giappone evidenziando il travaglio interiore del protagonista. Non è un romanzo tormentato o triste, al contrario emergono la gioia di vivere, l'amore per la natura e la sacralità degli alberi, la forza del silenzio, la riflessione e la comprensione di determinati insegnamenti che ci ricordano che quando accadono determinate situazioni non si può perdere tempo e dare la colpa agli altri, ma occorre prendere coscienza che sbagliare fa parte della vita e bisogna sempre rialzarsi con più forza e determinazione.
“Il guardiano della collina dei ciliegi” è un romanzo profondamente intimista, in grado di regalare al lettore molti momenti di riflessione.
Siete pronti ad accompagnare Shizo in questo percorso?
Siete pronti ad immergervi nella natura e comprendere che occorre sempre rialzarsi e correre verso i propri obiettivi? Sì?
Allora non mi resta che augurarvi buona corsa e buona lettura e mi raccomando....non è mai troppo tardi.

“Comincia dall'inizio e vai avanti fino alla fine.”

(citazione tratta dal testo)




(Marianna Di Bella)

lunedì 2 dicembre 2019

Recensione: "La lettera perduta di Auschwitz" - Anna Ellory

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Titolo: "La lettera perduta di Auschwitz"
Titolo Originale: "The Rabbit Girls"
Autrice: Anna Ellory
Editore: Newton Compton Editori




Germania, 1989.
È una fredda giornata di dicembre ed è trascorso quasi un mese dalla caduta del muro di Berlino. L'atmosfera è satura di euforia, molte famiglie si riuniscono, finalmente, dopo anni di separazione e lontananza forzata. Vecchie ferite si riaprono e altrettante si rimarginano. Solo una donna sembra indifferente a tutto questo, per lei non ha molta importanza ciò che sta accadendo nel suo paese, è impegnata a pulire, accudire e guardarsi le spalle.
La donna è Miriam Voight e da poco più di un mese si sta prendendo cura del padre Henryk Winter, gravemente malato. L'uomo è stato colpito da un grave ictus, ritenuto dai medici inoperabile, e ora vive imprigionato in un corpo inerme che non risponde ai più semplici stimoli o reazioni, lottando tra la vita e la morte. L'uomo resiste, c'è qualcosa che lo tiene in vita, il ricordo di una persona che ha amato profondamente: Frieda.
Pensare alla donna è fonte di dolore, perché? Chi è Frieda?

“Ma io sono perduto.
Perduto nel passato.
Perduto con Frieda...”
(citazione tratta dal testo)

La donna è un mistero anche per la figlia, non sa nulla di lei, per questo si meraviglia quando il padre la chiama con quel nome. In realtà, ci sono molte cose di cui non è a conoscenza e che scoprirà casualmente, come i numeri tatuati sul polso del padre e nascosti sotto l'orologio. Suo padre è stato in un campo di concentramento? Perché? La loro famiglia non è di religione ebraica e allora perché quei numeri? Cosa nasconde il passato del padre? La curiosità ha il sopravvento e Miriam inizia a cercare in casa informazioni che possano aiutarla a capire, così, rovistando in un armadio trova una vecchia divisa, a chi appartiene? Toccando la veste si rende conto che tra le cuciture delle tasche, del colletto, del corpetto e della cintura sono nascosti dei piccoli foglietti ripiegati su se stessi. Foglietti che si riveleranno essere delle lettere, scritte in francese e tedesco. Chi le ha scritte? Sua madre? Frieda?

“Molti pregano, io non riesco a trovare un altro modo di continuare a vivere, non posso conservare la mia identità senza scrivere, quindi premo la mia matita ferma e forte. Per lassciare un segno sulla carta, per lasciare un corpo in vita.”
(citazione tratta dal testo)

Un segreto celato nell'anima del padre e tra le righe di quei fogli che per oltre quarant'anni hanno custodito risposte e verità dolorose. Ma anche Miriam nasconde qualcosa di altrettanto doloroso e tragico che la porta a guardarsi costantemente le spalle e a farsi deliberatamente del male pur di non sentire la paura che la soffoca e non la fa respirare. Così, tra passato e presente, e tra una lettera e l'altra, entreremo all'interno di una storia ricca di segreti, verità mai svelate, atrocità, sofferenze e sopravvivenza. Scopriremo l'amore di Henryk per Frieda, conosciuta durante il suo periodo di insegnamento all'università sotto il regime nazista, la loro storia extraconiugale, la verità svelata a Emilie, moglie di Henryk ecc.
Dopo il licenziamento e la cacciata dall'università, l'uomo è costretto a nascondersi per non essere arrestato dalle SS, ma l'amore per la ragazza lo spinge a uscire dal suo nascondiglio per vederla e trascorrere qualche ora con lei, mettendo in pericolo non solo se stesso ma anche la moglie e Frieda. Infatti, i due amanti verranno arrestati e trasferiti in un campo di concentramento. Dove? Cosa succederà a Henryk e Frieda?
Attraverso le lettere ritrovate nella divisa, scopriremo la difficile situazione di Frieda all'interno del lager di Ravensbrück dove venivano rinchiuse donne emarginate, zingare, sovversive, ribelli ecc. Le condizioni di vita erano disumane e volte a spezzare la loro identità, annientandole, non solo fisicamente ma anche psicologicamente e umanamente, azzerando la loro persona. Ma ciò che emergerà da questo posto, saranno le figure delle “donne coniglio”, donne prese e portate in sala operatoria per essere sottoposte, senza alcun consenso, a interventi chirurgici per esperimenti scientifici. Molte di loro sono morte sui tavoli operatori o per le infezioni; donne la cui vita non valeva nulla se non in termini di esperimenti disumani.

“Siamo state ridotte alla fame, aggredite, rasate, picchiate e umiliate. Solo dopo essere stati trattati peggio del bestiame, ci rendiamo conto che siamo ancora vive...
(citazione tratta dal testo)

Le lettere scritte dal lager custodiscono queste e molte altre verità dolorose e intense. Dei veri e propri pugni nello stomaco che lasciano senza fiato, esterrefatti di fronte alla brutalità e disumanità, ma anche con molti dubbi, perplessità e pensieri su cui riflettere seriamente.
Cosa si è disposti a fare per la propria libertà e sopravvivenza? Si farebbe di tutto, anche cose amorali e disumane a scapito di un altro essere umano. Una condizione difficile da comprendere e che non si può giudicare se non si è vissuto in quel clima di orrore, infatti, molti sopravvissuti non ne parlano perché non voglio essere giudicati da chi non sa capire.

«Gli esseri umani hanno davvero trattato così dei loro simili”»
«È il motivo per cui tante storie si sono perse. Chi le ha vissute non trova le parole e chi gli è vicino non vuole sentire. Le parole hanno molto più potere di quanto crediamo.
(…)
Anche le parole più buie troveranno la luce.»
(citazione tratta dal testo)

Le lettere sono la parte più bella ed emozionante del romanzo, quelle che mi hanno tenuta letteralmente incollata al testo e non mi hanno permesso di abbandonare il libro. Ebbene sì, la mia reazione alla lettura dei primi capitoli è stata di voler accantonare il romanzo e difficilmente lascio un testo, ma questo l'ho trovato confusionario e poco appassionante, ad eccezione di alcune parti. L'inizio è lento e difficile da comprendere perché Miriam, la protagonista, salta tra un ricordo e l'altro senza un'apparente logica o una specifica spiegazione creando confusione.
Il libro è strutturato in capitoli che si alternano tra le due voci narranti: Miriam e Henryk. Nei capitoli dedicati a Miriam veniamo a conoscenza della sua infanzia, della scoperta delle lettere, del suo presente e della sua vita di vittima delle molestie e della violenza del marito, che l'ha resa succube, espropriandola della propria identità e libertà facendole subire le peggiori sofferenze e atrocità. Mentre, nei capitoli dedicati al padre conosciamo parte della storia e dell'incontro con Frieda. Purtroppo le storie dei due protagonisti non hanno la stessa forza e intensità narrativa rispetto alle lettere. Non c'è una narrazione lineare che permette di comprendere le varie storie e la loro successione temporale. Appare tutto confusionario, saltando da un ricordo e all'altro in momenti storici diversi destabilizzando il lettore e complicando la comprensione di determinati avvenimenti. In questo modo la lettura risulta poco fluida, difficile e per quanto mi riguarda non sono riuscita a creare un rapporto empatico forte e intenso con i due protagonisti, fino alla scoperta delle lettere. Leggerle è stata un'esperienza forte, intensa, altamente riflessiva e dolorosa. La narrazione e lo stile cambiano totalmente, perché tutto diventa più definito, vero, incisivo. È la parte che ho amato di più del romanzo e che porterò sempre con me, una parte di storia da leggere, scoprire e custodire.
La storia d'amore tra Henryk e Frieda non mi ha emozionata, l'ho trovata superficiale e ho sempre avuto la sensazione che molte cose non siano stata affrontate e spiegate in maniera chiara e definita. Alcuni avvenimenti avevano bisogno di essere trattati con più calma, spiegando bene alcuni passaggi e reazioni emotive come ad esempio il motivo dell'arresto e del licenziamento, oppure la reazione di Emilie quando l'uomo le svela la relazione con Frieda. Non ho amato in maniera particolare nessuno dei protagonisti, ad eccezione delle donne coniglio. Miriam che è la protagonista e che aveva tutti i presupposti per attirare la mia attenzione, attraverso una storia drammatica e atroce, mi ha lasciata indifferente. La sua disperazione e sofferenza non sono riuscite ad emergere e creare un rapporto empatico con la mia parte emotiva e allo stesso tempo non ho apprezzato la figura del padre che l'ho trovato passivo, poco incisivo, soprattutto, nella sua scelta egoista di tenere in piedi sia il matrimonio che la relazione con la ragazza, mettendo in pericolo le due donne.
Forse narrato in maniera diversa il romanzo avrebbe reso di più, ed è un peccato perché le lettere le ho trovate emotivamente intense ed emozionanti. Peccato.
Questo, naturalmente è solo il mio modesto parere, e come sempre lascio a voi la scelta di leggere o meno il testo.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)



(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro.

giovedì 28 novembre 2019

Recensione: "Zarina" - Ellen Alpsten

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Titolo: Zarina
Titolo Originale: Die Zarin - Roman/Tsarina
Autrice: Ellen Alpsten
Editore: DeA Planeta Libri




San Pietroburgo, 1725.
È una fredda e ventosa nottata di febbraio e nel Palazzo d'Inverno, sede dello zar di Russia, l'atmosfera è tesa e preoccupante. Lo zar è malato, le sue condizioni sono talmente gravi che tutti aspettano con trepidazione fuori dalla porta della sua camera per sapere se sopravviverà alla nottata.
Poche persone sono ammesse nella sua stanza, tra questi troviamo sua moglie Ekaterina, il migliore amico Menšikov e l'arcivescovo Prokopovič. I tre personaggi sono impegnati in una fitta conversazione che li rende ancora più nervosi e agitati, cosa sta succedendo?
Be' in realtà lo zar è morto, la zarina ha deciso di aspettare prima di annunciare la triste notizia al popolo russo, perché da quel momento la sua vita sarà in pericolo. La donna potrebbe rischiare la chiusura a vita in convento, l'esilio o la morte, così, deve riflettere e trovare una soluzione che la salvi da un destino tragico. Perché? Non posso svelarvi troppo, però, vi basti sapere che non esiste un erede al trono, perché lo zar Pietro, durante gli ultimi anni del suo impero, ha stravolto ogni legge e consuetudine eliminando la linea di successione, preferendo passare il comando a un estraneo piuttosto che a un figlio indegno. Putroppo, lo zar non ha fatto in tempo a scrivere il nome del suo successore e probabilmente all'annuncio della sua morte si scateneranno complotti, guerre e diatribe per salire al comando della nazione.
Chi governerà il popolo russo? E se a governare fosse sua moglie, la zarina Ekaterina? Salvandosi in questo modo da un destino tragico? La donna ha bisogno del giusto appoggio per riuscire nell'impresa, così fa chiamare segretamente il consiglio privato, le truppe e insieme a Menšikov aspetta il loro arrivo. Sarà una lunga attesa, una nottata in cui la donna rifletterà sulla sua vita e ripercorrerà, attraverso i ricordi, la sua lunga e tormentata esistenza. Tornerà indietro nel tempo a quando il suo vero nome era Marta e viveva in luogo sperduto della vasta pianura della Livonia. Una povera e semplice aiutante nelle cucine del monastero del posto, fino a quando un mercante non la compra per farla lavorare come domestica. Marta ha solo sedici anni, ma questo avvenimeno segnerà la sua esistenza, ferendola nell'anima e nel corpo, perché subirà violenza e sopraffazione

Quel pomeriggio la mia vita cambiò direzione, come la banderuola sul tetto del monastero alla prima folata di vento, foriera di un temporale improvviso.”
(citazione tratta dal testo)

Da semplice, inesperta e ingenua ragazza conoscerà la cattiveria della gente, la violenza, la sofferenza, la morte che la porteranno a fuggire per trovare un briciolo di serenità e tranquillità. Una fuga che la porterà a conoscere l'amore, la passione, il dolore, la mancanza di rispetto, la sfiducia verso l'altro e la condizione infima della donna. Tutto questo fino a quando il destino non decide di giocare ancora con la sua esistenza, facendole incontrare lo zar Pietro. Un incontro che segnerà un grande cambiamento nella sua vita, catapultandola non solo tra le braccia di un uomo potente, contorto, controverso, dispotico e tirannico ma anche in un realtà diversa fatta di ricchezza, eccessi, tradimenti e sregolatezze. Ma come ogni cambiamento, anche qui c'è un rovescio della medaglia difficile da sopportare e affrontare: la morte dei figli. Un dolore atroce e inimaginabile per una donna, ma Marta è forte e determinata a riscattare se stessa, la sua libertà e il suo destino, e da povera ragazza ingenua si ritroverà a essere la zarina Ekaterina.

Quella mattina sentii il mio vecchio nome per l'ultima volta, e nello specchio con la cornice d'argento e madreperla Marta, la serva nata fuori dal matrimonio, la ragaza dal cuore disperato e lo stomaco vuoto, sparì per sempre. Al suo posto era apparsa magicamente Ekaterina Alekseevna, che da quello stesso specchio mi restituiva la sua stupefacente bellezza, lo sguardo fiero di zarina.”
(citazione tratta dal testo)

Cosa accadrà nella sua vita lo scoprirete da soli, soffermandovi sulla figura di questa donna che, nonostante le violenze e le sofferenze subite, è riuscita a raggiungere traguardi inaspettati e importanti pagando sulla propria pelle il desiderio di una vita diversa.
“Zarina” è un romanzo storico interessante e coinvolgente che, non solo mette in primo piano la figura di Ekaterina ma evidenzia, in maniera vera e diretta, la condizione inferiore della donna, sia nelle classi povere che in quelle agiate. Donne comprate, vendute e usate come oggetti di piacere. Donne che rappresentano una proprietà dell'uomo e non un essere umano dotato di intelletto e pensieri propri. Donne destinate a procreare figli e nel caso della zarina, a procreare un erede maschio per continuare la discendenza reale, per poi essere ripudiata, esiliata e gettata via se non in grado di soddisfare queste aspettative. Ekaterina ad un certo punto della sua vita decide di ribaltare il suo destino, prendendolo di petto e giocando con lui una partita importante senza esclusione di colpi, mettendo sulla bilancia effetti negativi e positivi pagandoli sulla propria pelle. La sua crescita emergerà lentamente acquisendo forza pagina dopo pagina.

“Sfrutta le sorprese della vita a tuo vantaggio. Considera il tuo potere sugli uomini come una buona mano a arte: giocale, e potrai sperare di vincere la partita della vita.”
(citazione tratta dal testo)

Ekaterina non è solo la protagonista ma anche la voce narrante del romanzo che ci guida, attraverso i suoi ricordi, tra le pieghe della sua anima, tra gli intrighi di corte e gli avvenimenti storici. Un racconto personale che diventa un dialogo aperto e intimo con il lettore, che si sente partecipe non solo delle sue vicissitudini, ma anche dei suoi pensieri e delle sue emozioni. In questo modo si crea un rapporto empatico con il lettore, coinvolgendolo in ogni aspetto della sua vita, tenendolo incollato alle sue pagine che si succedono velocemente rendendo la lettura interessante e appassionante.
Ellen Alpsten ha scritto un romanzo storico bello e coinvolgente, utilizzando uno stile semplice, chiaro e scorrevole, permettendo a qualsiasi lettore di immergersi nella storia russa, agevolando la comprensione della difficile situazione politica, sociale e cultura della nazione. Analizzando, inoltre, la figura dello zar Pietro che ha cercato, durante il suo mandato, di cambiare il Paese, creando le basi per farlo progredire economicamente, politicamente e culturalmente, portandolo ai fasti e ai livelli degli altri regni occidentali. Ma per arrivare a questo ha mosso guerre decennali, mettendo a repentaglio la vita della popolazione russa già vessata da tasse elevate e spesso illogiche e dalla sua tirannia e violenza. Lo zar ha cercato di raggiungere i suoi obiettivi con fermezza e dispotismo, condannando alla tortura e a morte chiunque si sia opposto alle sue idee e ai suoi ordini.

“Lo zar era un dono di Dio, proprio come il giorno e la notte, l'estate e l'inverno, il sole e la luna, impossibile metterlo in discussione.”
(citazione tratta dal testo)


In questo contesto storico si muovono i personaggi che attraverso le loro vicende danno il ritmo alla storia e al tempo che scorre e si snoda pagina dopo pagina. In verità avrei preferito una cadenza cronologica più dettagliata, perché spesso si perde completamente la cognizione del tempo, dando l'impressione al lettore che alcuni avvenimenti si succedono uno dietro l'altro, mentre, in realtà sono trascorsi mesi se non addirittura anni. Evidenziare le date e dare una successione temporale più definita avrebbe reso ancora più fluida la comprensione della storia russa.
Le descrizioni sono interessanti e coinvolgenti, soprattutto quelle che riguardano l'atmosfera e le azioni di alcuni personaggi, a onor del vero di alcune scene avrei fatto a meno perché non aggiungono nulla alla storia, ma questo rimane un mio punto di vista.
Ho apprezzato la costruzione e descrizione del personaggio di Ekaterina, in modo particolare la parte psicologica che permette al lettore di entrare in empatia con le sue emozioni, osservando dal suo punto di vista il complesso rapporto tra lei e lo zar Pietro e la figura tirannica e dispotica dell'uomo.
“Zarina” è un romanzo storico che conquista subito il lettore e, naturalmente, ha affascinato anche me, con una figura femminile forte, intelligente e determinata a raggiungere i suoi obiettivi per non essere sopraffatta in maniera definitiva da un destino che ha giocato duramente con la sua vita, facendola gioire e soffrire contemporaneamente. Regalandole momenti di dolore, umiliazione accompagnati da altri di passione e felicità. Un rovescio della medaglia difficile da affrontare e superare.


“Questo non è vero, Pietro. Possiedo pur sempre qualcosa. Possiedo l'orgoglio, e la mia libertà, che mi avete dato voi.”
(citazione tratta dal testo)


Prendetevi del tempo da dedicare a questo testo, avvicinatevi alla storia russa ed entrate nella vita di Marta.
Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)


(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro.

lunedì 25 novembre 2019

Recensione: "L'Arminuta" - Donatella Di Pietrantonio

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Titolo: L'Arminuta
Autrice: Donatella Di Pietrantonio
Editore: Einaudi



Perdere i propri punti fermi, da un momento all'altro, senza un'apparente motivazione.
Confusi e storditi ci si guarda intorno cercando di capire cosa è accaduto e, soprattutto, dove stiamo andando. Non sappiamo cosa fare, fermi in un limbo in cui non riconosciamo niente e nessuno, neanche noi stessi. Ci sentiamo soli, sperduti in un mondo più grande di noi. Un mondo che non ci rappresenta. Sentiamo di non appartenere più a nulla e nessuno, senza un'identità, una famiglia, in bilico tra passato e presente, tra chi eravamo e chi siamo...tra identità e oblio.
La nostra protagonista ha solo 13 anni quando, un giorno del 1975, la sua vita viene completamente e inesorabilmente stravolta. Un ragazzina normale, con una vita normale, tranquilla e serena. Una vita scandita dalle lezioni scolastiche, corsi di danza e nuoto, all'interno di un famiglia benestante che l'ama profondamente...fino a quando, nella maniera più brutale e scioccante che le possa capitare, non viene condotta e “riconsegnata” a quella che è la sua vera famiglia, scoprendo in questo modo che coloro che ha sempre considerato i suoi genitori erano in realtà lontani parenti. Per una serie di motivazioni incomprensibili, la ragazzina viene ricondotta come un pacco postale alla sua famiglia biologica. Una famiglia povera composta da numerosi fratelli, dove ogni giorno si lotta per la sopravvivenza e per il cibo. Dove vige la legge del più forte, dove la violenza è quotidianità e ognuno deve darsi attivamente da fare all'interno del nucleo familiare.

“Io non conoscevo nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati. Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere...”
(citazione tratta dal testo)

In poco meno di un giorno la sua vita viene stravolta, catapultata in una realtà che la stordisce e la mette di fronte al dolore, non solo di non riconoscersi in nessuno membro familiare, ma di sentirsi abbandonata per la seconda volta e, soprattutto, di non sapere più chi è...non avere più un'identità.

“Restavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l'altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo più da chi provenivo...”
(citazione tratta dal testo)

Come può una ragazzina affrontare quel doppio senso di rifiuto e abbandono da parte di una madre adottiva che non la vuole più, e un'altra che non conosce e l'ha abbandonata quando aveva pochi mesi? Come ritrovare se stessa se tutto ciò che la circonda non la rappresenta? Come sopravvivere all'interno di una famiglia completamente estranea e anche un po' ostile? Cosa si nasconde dietro tutta questa storia, apparentemente incomprensibile? Dov'è la verità? È ciò che la nostra protagonista cerca di scoprire e comprendere con tutta se stessa. Ha bisogno di capire, di fare chiarezza nella sua vita per riuscire superare la situazione, trovando un punto di equilibrio per sopravvivere e andare avanti. Un punto di equilibrio che, inaspettatamente, riceverà proprio all'interno di quella famiglia sconosciuta, grazie al rapporto con la sorella Adriana che l'aiuterà, con il suo carattere, vero, schietto e sfrontato, a salvarsi. Una sorella che sarà un faro, pronta a illuminare il suo nuovo percorso di vita, donandole sostegno, punti fermi e amore.

“(...) Mia sorella. Come un fiore improbabile, cresciuto su un piccolo grumo di terra attaccato alla roccia. Da lei ho appreso la resistenza.
(….)
Nella complicità ci siamo salvate.”
(citazione tratta dal testo)

Per capire come la nostra protagonista scoprirà la verità e come si evolveranno i rapporti con la nuova e vecchia famiglia vi consiglio di proseguire la lettura di questo splendido romanzo di Donatella Di Pietrantonio.
Una storia triste, intensa, commovente ed emozionante in grado di scuotere ogni lettore nel profondo della propria anima. Un romanzo che affronta tematiche importanti come: la maternità, la miseria umana, l'amore imperfetto, il degrado sociale, il senso di appartenenza e l'identità che, sapientemente mescolati e legati alle parole delicate e vere di Donatella Di Pietrantonio, ci restituiscono un romanzo intenso in grado di colpire come un pugno nello stomaco. Presentandoci un quadro sociale interessante con molte tematiche serie su cui riflettere con attenzione.
La storia è narrata in maniera cruda senza fronzoli per abbellirla, l'autrice ha cercato di renderla il più possibile vera e aderente alla realtà, grazie anche ai dialoghi scritti in dialetto e italiano che rendono la storia più credibile.
La lettura è scorrevole, coinvolgente al punto da avvertire sulla nostra pelle quel senso di disperazione che vive la nostra piccola protagonista, percependo il suo senso di smarrimento, estraneità e solitudine all'interno di una famiglia e una realtà sociale a lei completamente sconosciute e in cui non riesce a riconoscersi.
La scrittura è intensa, cruda, essenziale, attenta e misurata e con un pizzico di delicatezza e sensibilità con cui l'autrice riesce a raccontare episodi forti, donandoci punti di riflessione importanti..
I personaggi sono tutti ben delineati e costruiti, in modo particolare la protagonista e sua sorella Adriana, che per me è il personaggio che ha più personalità e forza scenica grazie al suo carattere vero, semplice e diretto. Un punto fermo per l'Arminuta e per noi lettori, perché sarà lei che, inaspettatamente, le regalerà la forza per andare avanti e lottare per quell'identità che si è andata sgretolando. Mentre, la protagonista rappresenta la tenerezza, la sofferenza ma anche la forza e la determinazione nel sapere la verità. Una protagonista di cui non conosceremo mai il nome, come se si volesse evidenziare in maniera netta e forte questa sua non appartenenza, negandole l'identità narrativa.
Donatella Di Pietrantonio riesce con le sue parole a creare una storia meravigliosa in grado di coinvolgere il lettore in ogni frase o pagina, affrontando con fermezza e sensibilità tematiche forti e interessanti.

“Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.”
(citazione tratta dal testo)

“L'Arminuta” è un romanzo poetico, intenso, delicato e mai banale che vi consiglio di leggere e scoprire, lasciandovi affascinare dalla protagonista e da sua sorella Adriana, che con la loro forza, sincerità, e con un rapporto nato in maniera inconsueta e imprevedibile, sapranno conquistarvi e legarvi a loro.
Un romanzo forte come gli schiaffi della vita, commovente come le lacrime che rigano le guance della protagonista, vero come Adriana, destabilizzante come la nuova vita dell'Arminuta.
Un romanzo da leggere, amare e custodire.
Buona lettura.



(Marianna Di Bella)

venerdì 22 novembre 2019

Recensione: "La casa degli specchi" - Cristina Caboni

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Titolo: "La casa degli specchi"
Autrice: Cristina Caboni
Editore: Garzanti



La paura è un'emozione destabilizzante e paralizzante. È infida e colpisce quando si abbassa la guardia, quando si è più indifesi e impreparati a gestirla e combatterla. Arriva e immobilizza, il battito accellera e ci sentiamo sopraffatti dal terrore, incapaci di muoverci, agire e pensare con razionalità. È talmente forte il senso di disagio e panico che ci blocchiamo, ci chiudiamo in noi stessi, timorosi di tutto ciò che ci circonda, delle persone e dei luoghi. Ci chiudiamo al mondo pensando di risolvere i problemi ma, in realtà, ci stiamo imprigionando in noi stessi insieme al terrore che ci accompagna come un fedele compagno in qualsiasi posto decidiamo di nasconderci. È sempre lì a ricordarci che esiste, che possiamo fuggire anche dall'altra parte del mondo, illudendoci di essere finalmente liberi, ma quando meno ce l'aspettiamo eccola, la paura, spuntare di nuovo e colpire. Fino a quando non decidiamo di affrontarla e combatterla definitivamente, liberandoci dal senso di oppressione, insicurezza e dalla sensazione di doverci sempre guardare le spalle e difenderci.
Non è semplice, ci vuole una grande forza di volontà per trovare il coraggio di riappropriarci di noi stessi, della nostra vita, per essere finalmente liberi di vivere appieno ogni attimo della nostra esistenza con leggerezza e serenità. Un percorso irto di difficoltà ma, nella vita nulla è facile e se vogliamo qualcosa dobbiamo imparare a lottare strenuamente ed è ciò che impareranno le protagoniste dell'ultimo libro di Cristina Caboni. Due donne unite da un legame di sangue e da un passato che cela misteri e sparizioni.

“Sapeva cos'era la paura e come poteva ridurre una persona: viveva in casa sua da sempre, era stata una compagna costante per i suoi genitori e poi, tramite loro, anche per lei.
Era un'amica apparentemente affettuosa, la paura, ma in realtà odiava chiunque. Uno sguardo, una parola lasciata cadere nel mezzo di una frase poteva diventare un muro invalicabile.
La paura amava solo chi la nutriva.
La paura era distacco da ogni cosa.”
(citazione tratta dal testo)

Questa volta l'autrice ci conduce tra le strade e i vicoli di Positano, una terra dove i profumi dei limoni e del mare si mischiano e amalgamano insieme ai colori e al calore di una terra ricca e passionale. Qui si trova la “casa degli specchi”, una villa su tre piani, con un panorama mozzafiato che si affaccia sul mare blu e sconfinato. La casa ha una particolarità, un atrio circolare con 12 specchi alle pareti, le cui cornici sono state realizzate dal proprietario Michele Loffredi, conosciuto a Positano come il maestro dell'oro. Un artista gioielliere che con le sue collezioni ha fatto innamorare le grandi attrici degli anni Cinquanta e Sessanta.
Oggi Michele ha 90 anni e la sua memoria gli sta giocando brutti scherzi. L'uomo soffre di Alzheimer e il passato si va piano piando sbiandendo e sparendo. Non tutto, qualcosa rimane ancora vivido nella sua memoria, il ricordo della moglie Eva Anderson, sparita senza alcuna spiegazione logica anni e anni prima. Cosa le è accaduto? Nessuno lo sa, ma il passato sta tornando a bussare alla porta della villa facendo riemergere ricordi, emozioni e misteri mai svelati. Durante i lavori di recinzione, si apre una buca nel terreno, riportando alla luce uno scheletro che giace lì da anni, a chi appartiene? È Eva Anderson? Quale mistero si cela dietro questo ritrovamento? È ciò che si chiede Milena, nipote di Michele e protagonista del romanzo. La ragazza si è rifugiata a Positano, non solo per stare accanto al nonno ma, per prendere una decisione importante riguardante la sua vita. Ciò che non sa è che, invece, si ritroverà a scoprire un passato di cui non sapeva nulla, recuperando la figura della nonna che per lei e sempre stata una figura evanescente...un fantasma. Nessuno in casa ha mai parlato troppo di questa donna, sparita nella vita e nei ricordi familiari. Ricordi che scopriremo insieme a Milena e grazie a un salto indietro nel tempo, quando una giovanissima Eva arriva in Italia intorno alla fine degli anni Cinquanta. Una giovane attrice in cerca di lavoro che appena giunta a Venezia conosce Michele e l'amore tra i due giovani scatta in maniera forte e intensa ma, qualcosa nel passato di Eva la perseguita, una paura che ha cercato di lasciare in America per ricostruire una nuova vita e sentirsi finalmente libera. Ma il passato sta tornando anche per Eva e potrebbe minare l'amore e la serenità che la ragazza sta costruendo con Michele. Chi minaccia la sua felicità? Di cosa ha paura? Chi o cosa la perseguita? Scoprirlo sarà il vostro compito, io vi lascio sulla terrazza della villa e nel mentre mi godrò il panorama e i colori di Positano. Posso però dirvi cosa ne penso del romanzo, senza svelarvi nulla sulla storia e l'epilogo.

“La verità è tutto ciò che importa davvero.”
(citazione tratta dal testo)

Cristina Caboni sa narrare e appassionare il lettore con storie semplici, delicate e piene di sentimenti. La lettura è coinvolgente e scorrevole e, come sempre, l'autrice riesce a trovare un episodio storico su cui costruire parte della romanzo, integrandolo perfettamente alla trama e ai personaggi. Questa volta il nostro viaggio nel tempo riguarderà il periodo del maccartismo e la caccia alle streghe degli americani contro i cittadini sovietici residenti negli Stati Uniti d'America. Una caccia, spesso illogica, verso qualsiasi cittadino di origine russa, o che abbia avuto anche solo un legame superficiale con l'Unione Sovietica. Un clima di persecuzione e paura che hanno vissuto non solo i cittadini di russi ma anche tutti coloro che esprimevano un pensiero che poteva essere ritenuto filorusso. L'autrice ha preso questo tema, l'ha contestualizzato all'interno della trama, inserendovi altri elementi interessanti come il cinema, il mistero, la sensazione di paura e oppressione, l'amore, la famiglia, i silenzi e ha creato un romanzo delicato e piacevole.
Seppur piacevole, questa volta, i protagonisti e i vari personaggi non mi hanno affascinata e ammaliata, li ho trovati poco empatici e anche un po' controversi nelle emozioni e negli atteggiamenti, soprattutto, Milena. Nel romanzo afferma di essere diretta senza girare intorno alle cose, e mi aspettavo un carattere forte e deciso, invece l'ho trovata insicura e titubante. Così come non mi hanno affascinata gli altri personaggi a cui personalmente avrei dato più spazio, ho sempre avuto la sensazione che rimanessero delle figure ai margini della storia senza dare un'impronta decisa e forte, come ad esempio la figura del maresciallo che conduce le indagini, di cui non si capisce fino in fondo il suo carattere e se nasconde o meno qualcosa. Oppure la fiugra della mamma di Milena, nonché figlia di Michele e Eva, sappiamo che muore giovane e poi basta, altra figura evanescente che si perde tra le righe del romanzo.
Un'altra cosa che non mi ha convinta del tutto, è la costruzione del testo. Le basi e gli elementi sono gli stessi: due protagoniste legate o da un legame di sangue o da una passione reciproca, un viaggio temporale tra passato e presente, una morte misteriosa e una ricerca nel passato per comprendere e migliorare il presente. Elementi che rendono, almeno per me, la storia prevedibile, perdendo quel senso di unicità e pathos che ci si aspetta dal romanzo. Peccato perché, ripeto, il romanzo è piacevole, delicato e l'autrice sa affrontare molto bene i sentimenti e le emozioni dell'essere umano, eppure molte di queste, personalmente, le ho vissute in maniera prevedibile e poco emozionante.
Come sempre lascio a voi il piacere di scegliere, leggere e scoprire il testo.
Buona lettura.




(Marianna Di Bella)

mercoledì 20 novembre 2019

WWW Wednesday #7




WWW WEDNESDAY #7


Buongiorno lettori!!
Dopo una lunga assenza, 
eccoci giunti all'appuntamento del mercoledì 
con il WWW Wednesday.
Scopriamo insieme le nuove e vecchie letture della settimana.
Pronti?
Iniziamo.



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Cosa ho appena finito di leggere?

La casa degli specchi” di Cristina Caboni. Un testo piacevole e coinvolgente. Ve ne parlerò meglio nella recensione che pubblicherò venerdì.



Cosa stai leggendo?

Zarina” di Ellen Epstein. La storia di Caterina I, moglie dello zar Pietro il Grande. Un romanzo avvincente con una protagonista astuta e seducente. La lettura è coinvolgente al punto che in poco tempo sono arrivata già a metà libro. Spero di parlarvene meglio e in maniera più approfondita la prossima settimana.



Cosa penserai di leggere in seguito?

Storia di Ásta” di Jón Kalman Stefánsson. È nella mia “lista dei libri da leggere” da troppo tempo, direi che è arrivato il momento di leggerlo e scoprirlo.


Alla prossima settimana con nuovi e, speriamo, entusiasmanti libri.
Ciao!!

lunedì 18 novembre 2019

Le Recensioni di Mirtilla: "La memoria dell'acqua" - Mathieu Reynès; Valérie Vernay


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Titolo: "La memoria dell'acqua"
Autori: Mathieu Reynès - Valérie Vernay
Editore: Tunué





Marion si è appena trasferita sull'isoletta, insieme alla mamma Caroline. In pochi mesi la sua vita è cambiata totalmente, il divorzio dei genitori, la morte della nonna e ora il trasloco in una casa e in luogo a lei sconosciuti. Ma Marion è una ragazzina forte e non si perde d'animo, sa che per la mamma è importante allontanarsi dalla loro casa, per ritrovare serenità e una nuova energia per riprendere in mano la propria vita.

“...Ha un carattere che la spinge a guardare avanti, ha saputo metter da parte la sua pena e riprendere il timone prima che la nave affondasse.”
(citazione tratta dal testo)

Caroline decide, così, di tornare nella vecchia casa d'infanzia, abbandonata anni e anni prima alla morte del padre. Il luogo adatto per ricominciare e chissà per ritrovare il passato e le proprie radici.
Mentre la madre sistema la casa, Marion inizia a esplorare i dintorni. È una ragazzina curiosa e girovagare sull'isola l'aiuta a prendere confidenza con il posto, ad ambientarsi e a vedere le cose da un'altra prospettiva. C'è una cosa, in particolare, che attira la sua attenzione, la presenza costante di strane rocce scolpite, volti incisi accompagnati da iniziali e date. Cosa rappresentano? Sono monoliti legati a qualche leggenda? Hanno un significato particolare? Sono realizzati dagli abitanti dell'isola? Queste sono le tante domande che si pone la bambina, ma non è l'unico mistero che attira la sua attenzione e che aleggia nel posto, rendolo particolare ed enigmatico. Ad esempio, una strana e antica leggenda secondo cui la tempesta del 1904, che si è abbattuta sull'isola provocando morte e distruzione, sia stata scatenata dalle divinità per punire gli uomini rei di averle offese. Per quale motivo? È ciò che cerca di scoprire Marion, iniziando a curiosare e seguendo Virgil, un uomo ritenuto dalla popolazione, strano, brusco e scostante. Un uomo avvolto da un mistero e che incuriosisce Marion al punto da volerne sapere di più su di lui, andando oltre la superficie e la scorza dura dell'uomo, accendendo anche la curiosità dei piccoli e grandi lettori che si ritroveranno completamente attirati da una graphic novel emozionante, misteriosa e coinvolgente.

“Durante tutti questi anni, mi ero perso e tu mi hai ritrovato. Avrei voluto conoscerti di più.”
(citazione tratta dal testo)

L'acqua è la protagonista assoluta insieme ai suoi misteri e alle paure ancestrali insite in noi umani. È l'elemento dominante che avvolge la storia ed evidenzia il complesso rapporto tra la natura e l'uomo. Un rapporto delicato, fatto di fragili equilibri difficili da mantenere e custodire.
Mathieu Reynès è Valérie Vernay sono riusciti, in questa graphic novel, a mescolare bene la natura e il fantastico, e quest'ultimo non è mai presente graficamente, al contrario, la sua evanescenza rende bene la sensazione di mistero che i due autori hanno voluto imprimere al racconto, tenendo il lettore con il fiato sospeso fino alla fine della storia.
L'inizio è lento, conducendo il lettore all'interno della trama con molta calma, creando quel senso di pathos e mistero che aleggia per tutto il libro. Le immagini e la storia presentano il quadro della storia in ogni mininmo particolare accendendo sempre di più la curiosità del lettore, coinvolgendolo al punto da ritrovarsi a sfogliare velocemente la graphic novel per scoprire nuovi avvenimenti ma, soprattutto, per trovare le risposte ai misteri che aleggiano sul posto. Purtroppo, ho trovato il finale troppo frettoloso rispetto all'andamento della storia e questo delulde un pochino, mi sarei aspettata qualcosina in più nella spiegazione e nell'epilogo.
Le tavole sono belle e intense, ho apprezzato moltissimo il cambio di luce e tonalità di colore a seconda dell'ambientazione delle scene. La scrittura è intensa, emozionante e raffinata. Marion, la protagonista, è delineata e descritta molto bene e durante l'evolversi della storia vedremo una sua crescita personale, perché si ritroverà a recuperare parte di un passato a lei completamente sconosciuto e che la lega inevitabilmente all'isola. Un passato che scoprirà in maniera imprevedibile e violenta
Una graphic novel che vi consiglio di leggere e scoprire, perché regala profonde riflessioni sul complesso e delicato rapporto tra l'uomo e la natura, ricordandoci che il legame è così fragile che potrebbe rompersi in qualsiasi momento e che dobbiamo essere più responsabili e attenti a ciò che ci circonda, creando un rapporto più equilibrato, protettivo e consapevole.

“...il mare è pericoloso qui, e punisce severamente gli incoscienti.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)

venerdì 15 novembre 2019

Recensione: "Il Priorato dell'Albero delle Arance" - Samantha Shannon

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Titolo: Il Priorato dell'Albero delle Arance
Titolo Originale: The Priory of the Orange Tree
Autrice: Samantha Shannon
Editore: Mondadori




Il mondo è in pericolo!
Un'oscura minaccia si sta risvegliando e potrebbe abbattersi sul mondo orientale e occidentale, seminando morte, distruzione e sofferenza. Dopo mille anni, il Senza Nome sta tornando e con lui i tempi oscuri, dove il male imperverserà sui regni, le popolazini e il mondo intero.
Chi è il Senza Nome? Ancora un attimo di pazienza e lo scopriremo insieme.
Mentre la minaccia sembra concretizzarsi ogni giorno di più, la vita nei regni continua a scorrere tranquilla e ignara di tutto questo, le persone sono troppo prese dai propri problemi quotidiani per dare peso ai segnali di pericolo.
I diversi regni sono ostili tra di loro, in modo particolare, quelli dell'Oriente e dell'Occidente sempre più distanti l'uno dall'altro. Chiusi nei loro confini, professano e difendono le proprie tradizioni e credenze, rimanendo aggrappati al passato, vedendo nell'Altro un nemico da allontanare, combattere e debellare come il morbo rosso che infesta parte del mondo o il pericolo dell'Armata draconiana che crede nel potere del Senza Nome e si sta riattivando per prepare il suo ritorno.
L'Oriente venera i draghi, lacustrini e di mare. Creature possenti, magiche e meravigliose, dedite alla difesa del mondo orientale minacciato da epidemie e invasioni. Ogni 50 anni, alcuni draghi seikinesi scelgono dei cavalieri umani nell'eventualità di dover tornare a combattere, destino vuole che quel giorno sia arrivato e Tané, una delle nostre protagoniste, è in trepida attesa perché, dopo anni di allenamenti, è giunto il Giorno della Chiamata che potrebbe decretare la sua idoneità per entrare a far parte della Guardia dei Mari e proteggere, così, la sua terra a dorso di un drago. Ma prima, dovrà superare una serie di prove e qualcosa di ancora più difficile, qualcosa che potrebbe porre fine ai suoi sogni compromettendo il suo futuro...qualcosa che non doveva fare.
Cosa? Be', anche questa volta dovrete pazientare perché la storia è solo all'inizio e altre protagoniste richiedono la nostra attenzione.
Lasciamo, quindi, per un attimo Tané e spostiamoci a Occidente, nel regno incontrastato della regina Sabran Berethnet di Inys. La donna appartiene a una lunga discendenza femminile, costituita da regine che hanno governato per anni e anni. Credenza vuole che fin quando nel regno ci sarà una discendente della casata Berethnet, allora il Senza Nome non tornerà a minacciare il mondo. Sarà vero o è solo una leggenda?
Il mondo occidentale crede fermamente a questa leggenda, così come credono nella religione delle Sei Virtù che professano in maniera appassionata e chiunque non crede è ritenuto un nemico. Odiano la magia. Odiano gli orientali perché venerano i draghi, e non accettano nessun tipo di contatto commerciale o personale.
La regina è in pericolo, qualcuno sta tramando alle sue spalle per ucciderla, perché? Per scoprirlo ci basterà seguire una persona che da anni la sta proteggendo in maniera discreta e anonima, una giovane donna...una dama di corte: Ead Druyan. La donna originaria di Lasia, vive nel regno da otto anni e ha trascorso tutto questo tempo muovendosi nell'ombra e non destando sospetti, perché Ead è in realtà una maga con grandi abilità. La donna fa parte del Priorato dell'Albero delle Arance, un ordine segreto creato da Cleolind, colei che ha sconfitto il Senza Nome e capostipite della casata di Berethnet. Il Priorato è formato dalle Dame Rosse che hanno il compito di proteggere il mondo dall'Armata draconiana e traggono la loro forza dal Siden che scorre tra le linfee dell'albero e nei suoi frutti.

“È troppo che sei lontana dall'albero. Sei una radice, mia cara. Devi nutrirti, altrimenti appassirai.”
(citazione tratta dal testo)

Se il Senza Nome sta per tornare a minacciare il mondo, come faranno i regni a sconfiggerlo? Riusciranno a mettere da parte i propri rancori per combattere e perseguire il bene comune? Come faranno le tre protagoniste a incontrarsi e intrecciare le loro storie? Chi vuole uccidere la regina? Queste e molte altre domande vi assaliranno durante la lettura di questo immenso e voluminoso epic fantasy, ma non vi dirò nulla e non aggiungerò altro alla trama perchè spero e desidero che siate voi a scoprire una storia meravigliosa, emozionante e ricca di colpi di scena. Quindi, mettetevi comodi, prendete il libro e immergetevi completamente tra le sue pagine, lasciandovi afferrare dalle parole di Samantha Shannon. Parole che vi faranno letteralmente volare sulle ali della fantasia e a dorso in un drago magico, possente, elegante come Naymathun.

“La sua voce era un richiamo di guerra, il canto delle balene, un rombo di tuono in lontananza il tutto amalgamato in forma di parole simili a vetri legati dalle onde. Ascoltarla parlare calmava Tané di un senso di tranquillità prossima alla pace del sonno.”
(citazione tratta dal testo)

Il numero delle pagine potrà spaventarvi ma, credetemi, una volta che avrete iniziato a leggere non vorrete smettere più e non farete caso alle pagine che sfoglierete e che si susseguiranno velocemente, perché troverete la lettura scorrevole e coinvolgente.
L'autrice ha uno stile narrativo moderno che ben si adatta a questo epic fantasy. Le descrizioni sono precise, attente e particolareggiate al punto da farci vivere completamente immersi in un'atmosfera suggestiva e avvincente. Con le parole riesce a creare un mondo vero e plausibile, perfettamente funzionale al testo. Tutto è costruito in maniera credibile e non si percepisce mai l'artefatto narrativo, al contrario, riesce a coinvolgere il lettore creando un legame empatico forte e intenso.
Nulla è lasciato al caso, nomi dei luoghi o dei personaggi, i diversi regni, i draghi, gli avvenimenti e i colpi di scena ma, non è solo lo stile narrativo ad essere moderno, ci sono anche gli episodi, gli eventi, le caratteristiche dei personaggi e gli elementi che costituiscono la trama a renderlo contemporaneo.
Samantha Shannon utilizza temi attuali perfettamente riconducibili alla società moderna, basti pensare all'ostilità e alla paura dell'Altro. Il timore di essere invasi da chi non si conosce, ritenendoli nemici da tenere lontani, fuori dai propri confini territoriali e personali. L'autrice affronta ed evidenzia temi come il rispetto delle culture, delle credenze, delle religioni diverse dalle proprie, viste con disprezzo e disgusto solo perché non si conoscono e non corrispondono con le proprie. Evidenzia il rispetto per ogni essere vivente.e per l'amore in ogni sua forma, sfumatura e bellezza.
L'autrice crea un epic fantasy le cui protagoniste sono donne forti, determinate a vivere come vogliono, inseguendo se stesse, sfidando le convenzioni e andando contro la morale sociale che le vuole brave regine in grado di procreare e proseguire la dinastia, o donne sole e spaventate.

“Ma a dire il vero...non sono affatto d'accordo che il futuro di una nazione risieda nella possibilità di procreare. Una donna è più di un utero da inseminare.”
(citazione tratta dal testo)

In questo romanzo le donne sono protagoniste e artefici del proprio destino, con pregi e difetti, paure e sensi di colpa, rimpianti e voglia di riscattare e ritrovare se stesse. Donne la cui forza crescerà una volta preso atto della propria forza interiore. Donne descritte e delineate molto bene, così come complete sono anche coloro che non si trovano al centro della scena ma ai margini della storia. In verità, tutti i personaggi sono costruiti bene, ognuno con una propria personalità ben definita e distinguibile l'uno dall'altro.

“Nessuno dovrebbe indurre un adonna a temere di non essere abbastanza.”
(citazione tratta dal testo)

Il romanzo è diviso in 6 parti, ognuna formata da capitoli che alternano la narrazione tra mondo orientale e occidentale. Ogni capitolo ha come protagonista un personaggio diverso che ci guiderà all'interno della storia presentandoci, non solo luoghi ed elementi diversi ma, soprattutto, punti di vista diversi. Ead, Tané, Loth e Niclays saranno le guide che ci condurrano alla scoperta di terre magiche e suggestive e all'interno di una storia emozionante e intensa. Una trama ricca di colpi di scena che ci lasceranno, alla fine di ogni capitolo, con il fiato sospeso, accendendo la fiamma della nostra curiosità e la voglia di continuare a leggere per scoprire nuovi avvenimenti.
A onor del vero, devo ammettere che la battaglia finale e l'epilogo mi hanno un po' delusa, perché mi aspettavo più pagine e maggior attenzione allo scontro finale, invece, l'ho trovato breve e sbrigativo se paragonato alla lunga attesa e preparazione delle pagine precedenti. Non so se è una scelta voluta o se l'autrice ha voluto trasmettere un messaggio importante, così, mi sono presa del tempo per riflettere e mi sono resa conto che non è il finale a rendere bella e gradevole una storia, bensì cosa avviene durante il viaggio che si intraprende. Basti riflettere sulle vicissitudini dei personaggi, infatti, ognuno di loro intreprende un viaggio, non solamente fisico, ma psicologico. Un viaggio intimo e personale che li porterà a scoprire se stessi, superando paure, e quel senso di colpa che li priva della capacità di vedere la bellezza intorno a loro e dentro la loro anima. Li priva della capacità di godere appieno ogni singolo istante della propria esistenza...li priva della capacità di vivere.

«Ti lascerò partire con la mia benedizione, Tané, ma devi prima promettermi una cosa» mormorò. «Che un giorno riuscirai a perdonare te stessa. Questa è la primavera della tua esistenza, bambina, ci sono tante cose che devi ancora imparare. Non negarti il privilegio di vivere.»
(citazione tratta dala testo)

Quindi, a parte lo scontro finale e l'epilogo frettolosi e stringati, il romanzo merita di essere letto e amato in ogni suo elemento e personaggio.
Ottocento pagine di pura emozione, magia e bellezza.
Ottocento pagine che vi condurranno in terre affascinanti e suggestive.
Ottocento pagine che vi consiglio di leggere perché le protagoniste vi sapranno affascinare e ammaliare con la loro forza e determinazione, come Ead ha saputo conquistare la mia attenzione eleggendola a personaggio preferito insieme Naymathun, drago elegante e maestoso.

“Il mio cuore conosce bene il tuo canto, e il tuo cuore il mio. Io tornerò sempre da te.”
(citazione tratta dal testo)

Buona lettura!!



(Marianna Di Bella)



(Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro.