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venerdì 17 dicembre 2021

Recensione: "Febbre all'alba" - Péter Gárdos

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Titolo: Febbre all'alba

Titolo Originale:Hajnali Láz

Autore: Péter Gárdos

Editore: Bompiani



Ancora oggi esistono episodi ed avvenimenti riguardanti la Seconda Guerra Mondiale poco conosciuti che, fortunatamente, emergono e riprendono vita con il tempo e gli anni. Eventi che ci aiutano ad aggiungere un ulteriore tassello alle nostre conoscenze storiche, arricchendole e rendendole più intense ed importanti.

Febbre all'alba” ci presenta, non solo una storia d'amore che vede come protagonisti i genitori dell'autore, ma anche un aspetto poco conosciuto: i campi sanitari in Svezia che ospitavano i rifugiati e gli ebrei in fuga dalla Germania, dall'Ungheria etc.

Nel luglio del 1945 giunge, in uno di questi campi, Maklós Gárdos. L'uomo si trova in gravissime condizioni, infatti, è affetto da una grave tubercolosi e i medici gli danno solamente sei mesi di vita. Ma Maklós, sfuggito a ogni tipo di persecuzione, alla guerra e al campo di concentramento di Bergen Belsen, non si arrende a questo ennesimo evento negativo della sua vita. No, lui decide che deve farcela a ogni costo, vuole vivere e non darla vinta alla morte. Ora che è finalmente libero e lontano dalla guerra e dalle persecuzioni razziali, lotterà ancora più strenuamente per riprendere in mano la sua vita e realizzare i suoi sogni. Uno di questi è sposarsi e creare quella famiglia che ha sempre desiderato.

(...) Mi sento stanco. Venticinque anni, e quanto male ho dovuto sopportare. Non ho ricordi di una bella , armoniosa vita familiare, non ho avuto la fortuna di averla. Forse per questo la desidero follemente...”

(citazione tratta dal testo)

Maklós si organizza e scrive ben 117 lettere da spedire ad altrettante ragazze, originarie della sua stessa regione, che si trovano in altri campi sanitari.

117 lettere che contengono tutte lo stesso messaggio e la stessa speranza: trovare e conoscere la sua futura moglie.

Una di queste lettere giunge nelle mani di Lili Reich, anche lei ricoverata per un problema ai reni, proveniente dall'Ungheria e di fede ebraica, che risponde all'uomo e...inizia così la storia d'amore di Lili e Maklós, i genitori dell'autore.

Péter Gárdos entra in possesso della corrispondenza dei suoi genitori solo alla morte del padre e decide, con l'appoggio della madre, di far conoscere la loro storia ma, per me, non è riuscito completamente nell'intento. L'autore, purtroppo, non sempre riesce a trasmettere per iscritto le giuste emozioni presenti nella storia, perché narra gli eventi in maniera fredda, asettica, completamente distaccata. Ad esempio, quando presenta e parla dei genitori lo fa come se stesse parlando di due estranei, Maklós viene nominato come “padre”, mentre la madre la chiama sempre e solo “Lili” e spesso, durante la lettura, ho avuto il dubbio che la ragazza non fosse la madre ma un'altra donna amata dal padre. Questo suo modo distaccato e asettico nel descrivere la storia e i genitori, non mi ha permesso di creare un legame empatico con il romanzo, ho sempre avuto l'impressione di essere messa da parte e non avere la possibilità di avvicinarmi troppo alla storia.

Péter Gárdos ha cercato, inoltre, di dare un tocco di leggerezza e ironia al libro, ma non ci è riuscito perché ho trovato la narrazione lenta, noiosa e pesante. Dal punto di vista letterario la storia è bella, così come il messaggio di amore, forza e speranza che il protagonista porta con sé. Un uomo che ha cercato con tutto se stesso di vivere, sopravvivere, realizzare il suo sogno di sposarsi e ritrovare la sua identità nonostante gli eventi traumatici e dolorosi che ha vissuto e affrontato nella sua vita e nei lager.

Una storia di rinascita e speranza che ci ricorda chi è riuscito a farcela dopo la guerra, chi è sopravvissuto ai lager e alle difficoltà che hanno incontrato per riemergere dal dolore, riappropriandosi della propria vita e identità.

Un libro che avrebbe regalato molto ai lettori in termini di emozioni, intensità ma che, purtroppo, non riesce nell'intento, lasciandoci, invece, una storia asettica, incolore e noiosa. Peccato.

Come sempre a voi la scelta se leggere o meno il libro, io posso solo augurarvi una buona lettura.



Marianna Di Bella

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