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venerdì 31 maggio 2024

Recensione: "Il ristorante dell'amore ritrovato" - Ito Ogawa

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Titolo: Il ristorante dell'amore ritrovato

Titolo Originale: Shokudô Katatsmuri

Autrice: Ito Ogawa

Editore: Neri Pozza




Buongiorno lettori,

per parlare di questo libro occorre fare un piccolo viaggio e trasferirci in Giappone.

Dobbiamo andare a Tokyo, cercare un appartamento in particolare e aspettare che Ringo, la protagonista di questo romanzo, torni a casa dal lavoro. Al rientro, purtroppo, avrà una brutta sorpresa, l'appartamento è stato completamente svuotato. No, non sono stati i ladri, ma il compagno che, stanco di stare con lei, decide di lasciarla senza alcuna spiegazione portandosi via tutto, anche i sofisticati utensili da cucina che la ragazza aveva comprato con i suoi risparmi. Ringo ama profondamente cucinare, una passione che le è nata grazie alla nonna materna che, oltre ad averla accolta e cresciuta, le ha insegnato ad amare la cucina.

Aprire quella porta e vedere la propria vita sgretolarsi senza alcuna spiegazione è uno shock talmente forte che la voce la abbandona. Non riesce ad emettere alcun suono, come se tutto il dolore si fosse riversato e sfogato in quel modo.

Ringo non ha più nulla, materialmente, economicamente e affettivamente, così è costretta a tornare a casa dalla madre, nel villaggio dove è nata. Un posto da cui è scappata quando aveva 15 anni, per cercare se stessa e per allontanarsi da una madre con cui ha un pessimo rapporto.

Tornata a casa, la donna le fa subito capire che deve riprendere in mano la sua vita e contribuire economicamente all'andamento della casa.

Dopo i primi momenti di sconforto e sofferenza, Ringo ha l'idea di prendere in affitto il granaio adiacente alla casa familiare, e aprire un piccolo ristorante con un solo tavolo da servire. Un rifugio in cui dare sfogo alla sua creatività di cuoca, e un luogo in cui far sentire i clienti a proprio agio, creando un menù apposito per ognuno di loro.

Nasce, così, “Il Lumachino”, un ristorante che, inaspettatamente, acquisirà il magico potere di esaudire desideri e sogni d'amore I clienti che si avvicenderanno, rappresenteranno per Ringo, non solo un guadagno ma anche un insegnamento e una crescita emotiva e personale.

Cliente dopo cliente, storia dopo storia, la trama prende forma e vita regalandoci un romanzo dall'andamento tipicamente giapponese, senza particolari colpi di scena, ma con descrizioni ambientali belle e coinvolgenti. Non posso certo dire lo stesso della protagonista che, sinceramente, ho trovato piatta, noiosa e passiva. A parte perdere la voce, non ha reazioni particolari, non fa nulla per riprendere almeno le sue cose e non cerca un confronto diretto con la madre. Accetta e subisce tutto in maniera troppo passiva. Certo, durante la lettura, ho messo in considerazione le differenze culturali tra il Giappone e il mondo occidentale, in modo particolare il modo di relazionarsi, ma, in questo testo l'ho trovato troppo marcato.

Le descrizioni e la scrittura sono belle, eleganti e accattivanti ma il resto rimane piatto e poco coinvolgente. Per tutto il tempo della lettura ho sempre avvertito la sensazione di distacco e freddezza. L'autrice, infatti, non si sofferma sulle emozioni dei clienti o sui pensieri profondi e intimi di Ringo, impedendo, in questo modo, di creare un contatto empatico tra il lettore e i personaggi del libro.

Ma c'è una cosa che più di tutto ho trovato fastidioso, le innumerevoli pagine dedicate alle descrizioni dei piatti e della loro preparazione e, in particolare, quelle incentrate sulla descrizione della macellazione del maiale. Non aggiungono nulla alla trama e non sono fondamentali per il proseguo della storia. Sinceramente ne avrei fatto a meno.

Peccato.

Come sempre a voi la scelta se leggerlo o meno.

Buona lettura.



Marianna Di Bella

lunedì 27 maggio 2024

Recensione: "L'albero delle albicocche" - Beate Teresa Hanika

 

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Titolo: L'albero delle albicocche

Titolo Originale: Das Marillenmädchen

Autrice: Beate Teresa Hanika

Editore: Piemme




Buongiorno lettori,

oggi vorrei condividere con voi una lettura che, purtroppo, mi ha molto delusa.

Vi è mai capitato di andare in biblioteca o in libreria, vedere un libro ed esserne immediatamente attratti? Leggete la quarta di copertina e capite subito che quel libro vi intriga e senza pensarci due volte lo prendete, per poi rivelarsi un romanzo al di sotto delle vostre aspettative?

Ecco, questo è il mio caso e il libro in questione è “L'albero delle albicocche” di Beate Teresa Hanika.

La storia è ambientata a Vienna, in una casa al cui interno, precisamente nel cortile, troneggia un bellissimo albero di albicocche, utilizzato, negli anni, non solo come luogo di riposo dove trascorrere lunghi pomeriggi di lettura e divertimento, ma anche per realizzare delle ottime marmellate grazie ai frutti che venivano raccolti dagli abitanti della casa.

Negli anni l'abitazione si è andata spopolando e l'unica persona ad esservi rimasta è un'anziana signora: Elisabetta Shapiro.

La donna per vivere e guadagnare qualcosa è costretta ad affittare alcune stanze a ragazze e studentesse. L'ultima affittuaria è Pola, una ballerina al Wiener Staatsballett, e non piace alla padrona di casa. Perché? Questo lo scopriremo andando avanti nella lettura, ciò che dovremmo sapere è che l'anziana donna ha alle spalle un passato drammatico e, nei momenti di solitudine, parla con le sorelle, nulla di strano se non fossero morte durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Cosa è accaduto? Come sono morte?

Tra salti temporali e chiacchierate si scoprirà che Elisabetta e la sua famiglia erano ebrei e che furono presi dalle SS. Purtroppo in quegli anni, molte persone facevano la spia ai nazisti, svelando la presenza di ebrei che vivevano in città, nel loro quartiere o come vicini di casa. Nessuno veniva risparmiato o graziato, nemmeno la famiglia Shapiro che venne presa e deportata, ad eccezione di Elisabetta che riuscì a fuggire.

Dove poteva scappare una ragazzina, da sola e senza soldi? Da nessuna parte, se non nel luogo che per lei rappresentava la sicurezza: la sua casa.

La nostra protagonista decide, così, di tornare indietro, nascondersi in casa e aspettare il ritorno dei genitori e delle sorelle. Anni di attesa in cui è costretta a convivere con il dolore per la perdita della famiglia e con i fantasmi delle sorelle e del loro passato. Chi erano? Cosa sognavano? È ciò che ci chiediamo ancora oggi pensando alle milioni di vite che sono state uccise con disprezzo e senza pietà dal regime nazista. Milioni di storie. Milioni di sogni. Milioni di esseri umani.

Cosa c'entra Pola in questa storia? Chi è e cosa nasconde?

La ragazza non è una semplice affittuaria, perché conosce molte cose del passato della donna, come ad esempio di Rachel, la sorella di Elisabetta. Perché? Come fa a sapere tutti quei particolari?

Un enigma che si svelerà con il proseguimento della lettura, io mi fermerò con il racconto perché altrimenti rischio di svelare troppo del romanzo e dei suoi segreti. Ciò che posso dire è che, nonostante la splendida copertina, una trama interessante con elementi apparentemente emozionanti, la lettura si è rivelata deludente.

Il romanzo l'ho trovato lento, confusionario e approssimativo. La trama è intrisa di sottintesi che, purtroppo, non vengono spiegati, anzi dobbiamo essere noi lettori a dover immaginare e intuire alcuni passaggi a volte cruciali per la comprensione della storia. Alcune cose vengono spiegate, ma in maniera superficiale e approssimativa, tanto da lasciarmi spesso confusa e frustrata perché avrei gradito una spiegazione in più che mi aiutasse a comprendere meglio non solo il contesto, ma anche tutta la trama e i personaggi coinvolti.

Le voci narranti sono due: Elisabetta e Pola. Voci che si alternano nella narrazione in capitoli diversi, fin qui nulla di strano, considerato che molti autori utilizzano questo metodo per far conoscere la storia da diversi punti di vista e per comprendere meglio i comportamenti e i pensieri dei personaggi. Ciò che mi ha infastidita è che i capitoli in cui è protagonista Elisabetta sono narrati in prima persona, mentre quelli dedicati a Pola sono narrati, invece. in terza persona. Questo mi ha destabilizzata e reso la lettura ostica e poco fluida.

Altro particolare che non ho gradito, sono stati i continui salti temporali presenti all'interno dello stesso capitolo e nella stessa pagina, tanto da creare confusione nella fluidità della narrazione e nel riuscire a comprendere chi stesse parlando e con chi, in quale epoca e periodo. Questo continuo saltare tra passato e presente reca con sé una serie di avvenimenti che si intrecciano tra di loro senza una connessione logica, temporale e narrativa.

Per tutta la durata della lettura ho avuto sempre la sensazione che la trama fosse un grande puzzle da ricostruire, composto da pezzi creati male, spesso non coincidenti tra di loro, rivelando, alla fine, una storia imprecisa, confusionaria, non coinvolgente, fredda e distaccata, infatti, non sono mai riuscita a creare un legame empatico con le protagoniste e con le loro vicende personali.

Peccato perché la trama e gli elementi emozionanti per creare una bella storia c'erano tutti ma, all'atto pratico, per me non ha funzionato e l'ho trovato molto deludente.

Naturalmente questo è solamente il mio parere personale. Come sempre lascio a voi la scelta se leggerlo o meno.

Buona lettura!!



Marianna Di Bella


giovedì 23 maggio 2024

Recensione: "La figlia dei ricordi" - Sarah McCoy

 

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Titolo: La Figlia dei Ricordi

Titolo Originale: The Baker's Daughter

Autrice: Sarah McCoy

Editore: TEA




Buongiorno lettori,

confesso che negli ultimi anni ho accumulato un numero impressionante di libri, molti dei quali aspettano ancora di essere letti. Per questo motivo, ho deciso di leggerne il più possibile cercando di non comprarne altri e smaltire, così, la lunghissima pila di libri in attesa.

Eccomi, quindi, con una nuova recensione di un libro comprato qualche anno fa. Ricordo che lo scelsi perché la trama rimandava al periodo storico della Seconda Guerra Mondiale di cui ho un grande interesse. La storia sembrava interessante e coinvolgente per cui non ho esitato e l'ho preso, convinta di immergermi completamente nel periodo del secondo conflitto mondiale, vivendo una storia emozionante, ricca di pathos. Invece mi ha delusa; ma facciamo ordine e iniziamo a dire qualcosa sulla trama, altrimenti non si capisce nulla.

Reba Adams, vive a El Paso, in Texas, con il compagno Riki, che lavora per la Border Patrol, la polizia di confine. La donna scrive per il Sundance City Magazine e sta tentando da giorni di contattare Elsie Meriwether, la proprietaria del forno della cittadina, per farle un'intervista.

Una donna apparentemente sfuggente o troppo oberata di lavoro? Stanca di aspettare, e con la scadenza per la consegna dell'articolo alle spalle, Reba si presenta direttamente al forno e, quella che dovrebbe essere per lei una normale intervista, per un banalissimo articolo riguardante il Natale, si rivelerà un'esperienza importante e determinante per la sua vita.

Reba è apparentemente serena, ma nasconde molto della sua vita, in particolare il passato. La sua infanzia non è stata particolarmente felice, con un padre depresso e alcolista. Vissuta nella costante sensazione di essere una delusione per la sorella e la madre. Si è sempre sentita sola, triste, insoddisfatta di sé. Tutte sensazioni che ha tentato di celare agli altri e a se stessa iniziando a raccontare bugie, creando un'altra realtà. Un rifugio per allontanarsi dalla sofferenza.

“Il problema era che le bugie non erano rimaste chiuse in una bottiglia. Erano proliferate come muffa e si erano estese a più aspetti della vita, guastando i frutto del suo duro lavoro.

La menzogna sembrava la strada più rapida e diretta per reinventarsi.”

(citazione tratta dal testo)

Ogni bugia l'aiutava a superare le sue difficoltà, perdendo però se stessa. Fino a quando, qualcosa non la pone di fronte alla necessità di riflettere seriamente sulla sua vita, il suo passato e ciò che desidera realmente.

L'incontro con Elsie l'aiuterà, non solo a capire molto di sé, ma anche a riaprire una finestra sul passato della donna. Esattamente nel 1944, quando una giovane Elsie lavora aiutando il padre a preparare e sfornare pagnotte e dolci per il forno di famiglia.

Elsie è una ragazza fiera delle sue idee e non si è mai adeguata alle regole e ai modelli imposti. Per questo motivo, pur di non partecipare alla Bund Deutscher Mädel, la lega delle fanciulle tedesche, la ragazza decide di lavorare, dall'età di 11 anni, al forno con il padre.

Nonostante la guerra, la miseria, la scarsità di materie prime, la vita della ragazza scorre abbastanza tranquillamente, aiutando la famiglia con il forno, fino a quando la vigilia di Natale qualcuno bussa alla porta sul retro. Chi è? Tobias, un bambino ebreo che le chiede aiuto. Cosa succederà? L'aiuterà?

Beh non dirò nient'altro, se non che tra un salto temporale e l'altro, la trama si svela prendendo forma e rivelando la storia di Reba, Elsie e altri personaggi del romanzo.

La figlia dei ricordi” è un libro che non ho apprezzato e non è riuscito a regalarmi le giuste emozioni. Durante la lettura ho sempre percepito un certo distacco; una distanza emotiva tra me e la storia, dandomi la sensazione di una freddezza al limite dell'impersonalità. Non capisco, se sono io a non aver legato emotivamente con la storia o se, invece, lo stile narrativo fosse volutamente freddo, forse tutte e due le cose, non so. però una cosa è certa, non mi è piaciuto.

Nel romanzo sono presenti molte tematiche interessanti che, secondo me, andavano affrontate e spiegate in maniera più approfondita e non superficialmente. Come ad esempio: la questione dell'immigrazione messicana, il progetto Lebensborn, l'accettazione di sé, dell'Altro e del proprio passato, la capacità di perdonare e sapersi perdonare, il sottile confine tra bene e male etc.

“Ormai si era convinta che il passato fosse un mosaico un po' confuso, fatto di tessere giuste e sbagliate. Ognuno doveva anzitutto riconoscere di aver avuto un ruolo sia nella parte del bene sia in quella del male. E poi era necessario ricordare. Se cercavi di dimenticare, di fuggire dalle paure, dai rimpianti e dalle colpe, alla fine loro ti avrebbero scovato, riducendo a brandelli la tua vita....”

(citazione tratta dal testo)

Sono tante tematiche e tutte molto interessanti se, prese singolarmente, con un testo loro dedicato, studiate e approfondite ma, inserite tutte insieme e affrontate in maniera superficiale, secondo me non aiutano il romanzo.

Durante la lettura, ho sempre avuto la sensazione che le storie di Reba, Riki, Elsie etc. non avessero nulla in comune; le ho sempre percepite come storie a se stanti che camminavano su binari diversi, che inavvertitamente si incrociano solo per dare vita a questo testo.

Un romanzo, per me, poco emozionante, distaccato...una delusione.

Probabilmente molti di voi non la penseranno così, ma questo è solamente il mio pensiero personale e come tale deve essere preso, perché ognuno di noi percepisce emozioni e sensazioni diverse durante la lettura. Quindi a voi la scelta se leggerlo o meno.

Buona lettura.



Marianna Di Bella

venerdì 17 maggio 2024

Recensione: "Il treno degli orfani" - Gill Thompson

 

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Titolo: Il Treno degli Orfani

Titolo Originale: The Orphans of the Train

Autrice: Gill Thompson

Editore: Newton Compton Editori



Hamilton, Scozia. 1939

In un venerdì, apparentemente tranquillo, Kirsty sta aspettando il ritorno del padre. L'uomo è un minatore e lavora nei pozzi di Hamilton, dove si estrae il carbone. Un lavoro pericoloso e precario che agita la ragazza. Ha paura per il padre, l'unico genitore che le è rimasto dopo la morte della madre. È una ragazza tranquilla, lavora, ama nuotare e da grande vorrebbe diventare un'istruttrice.

Nuotare rappresenta per lei una fonte di benessere, perché la rallegra e l'aiuta a placare le ansie, le preoccupazioni, il cattivo umore e le arrabbiature.

Nuotare cura il suo corpo e la sua anima.

Più nuotava, più i brutti pensieri e il dolore affiorano alla coscienza per essere trascinati via dalla corrente”

(citazione tratta dal testo)

I suoi sogni, purtroppo, verranno spezzati da una terribile tragedia che di lì a poco, sconvolgerà la sua giovane esistenza.

A causa di un grave incidente, Kirsty perde il padre e rimane orfana. Non ha più nessuno su cui contare. Nessuno da amare. È completamente sola.

Il dolore è profondo e devastante. Troppo, per una ragazzina di 14 anni. Ogni angolo di strada, ogni negozio le ricorda il padre. Così, quando il reverendo Murray le propone un lavoro come assistente cuoca presso la Casa delle ragazze a Budapest, Kirsty accetta. Andare via in un posto dove nessuno la conosce e non sa nulla di lei, probabilmente è la soluzione migliore per lenire e sopportare il dolore.

La direttrice dell'istituto è Jean Mathison, una donna gentile, confortevole e autorevole al tempo stesso. La donna è sempre pronta ad aiutare il prossimo in difficoltà, ama profondamente il suo lavoro e si prende cura di ogni ragazza presente nel suo istituto. Un complesso che ospita molte allieve cattoliche ed ebree; proprio queste ultime destano la sua preoccupazione più grande, perché la situazione politica e storica è allarmante. La Seconda Guerra Mondiale è scoppiata da poco e incombe in maniera devastante sui destini di milioni di esseri umani.

Quando Kirsty e Jean si conoscono vanno subito d'accordo, sono entrambe orfane e sono straniere in un territorio pericoloso. Certo, l'Ungheria si è dichiarata neutrale, ma i venti di guerra, la violenza e l'aumento dell'antisemitismo aleggiano in tutta la nazione.

La Casa delle ragazze, per ora è una bolla di tranquillità dove Kirsty può iniziare una nuova vita, lenendo il suo dolore e instaurando nuove amicizie che diventeranno fondamentali per la sua crescita interiore. Jean sarà la sua guida, una figura materna che le insegnerà molto, in particolare a prendersi cura degli altri in maniera incondizionata, perché un gesto di solidarietà è un balsamo per la propria anima.

Kirsty si affeziona, inoltre, a un'allieva dell'istituto: Anna. Una ragazza ebrea che diventerà presto un'amica, una confidente, una sorella. Un rapporto profondo che verrà messo a dura prova dalla guerra. Ma Kirsty non ha alcun dubbio, qualsiasi cosa accada lei starà accanto alla sua amica e alla sua famiglia. Infatti, quando anche l'Ungheria entrerà in guerra e i tedeschi invaderanno Budapest, Kirsty sarà al fianco di Anna.

Cosa accadrà alle due ragazze? Si salveranno?

Vi consiglio di continuare la lettura, perché ciò che vi ho raccontato finora è solo una piccolissima parte della storia. Al suo interno ci sono molti avvenimenti che si succedono e influiscono in maniera profonda nella vita di Kirsty e degli altri personaggi.

Eventi tragici che sono realmente accaduti. Come ad esempio, i bombardamenti, la presenza del partito delle Croci Frecciate, che voleva preservare la razza pura ungherese con episodi di estrema violenza; oppure la crudele fucilazione degli ebrei sulle rive del Danubio, oggi commemorato dal monumento “Scarpe sulla riva del Danubio”.

Un avvenimento, quest'ultimo, che mi ha profondamente commossa durante la lettura, e vedere la foto in Rete è stato di forte impatto emotivo. Un tragico episodio che non dimenticherò facilmente.

Gill Thompson, non ha utilizzato solo episodi realmente accaduti, ma ha inserito anche persone realmente vissute che si sono prodigate per salvare il maggior numero di esseri umani, a scapito della propria vita, come ad esempio Carl Lutz, Raoul Wallenberg e Arthur Weiss.

Anche per le tre protagoniste, l'autrice si è ispirata a tre donne realmente esistite.

Éva Székely, per il personaggio di Anna, una nuotatrice ebrea che durante la Seconda Guerra Mondiale venne estromessa dalla squadra di nuoto locale.

Helen Orr Gordon, ha ispirato il personaggio di Kirsty, una nuotatrice che, in quanto donna, poteva allenarsi in piscina solamente 20 minuti.

Infine, Jane Haining che ha ispirato la figura di Jeane. L'unico personaggio, la cui storia all'interno del romanzo, aderisce perfettamente a quella della vera Jane. Ma non vi dirò nulla riguardante la storia di ogni personaggio presente nel libro, perché potrei rischiare di svelare troppo della trama e dell'epilogo, togliendovi il piacere di scoprire un romanzo gradevole e coinvolgente.

La lettura è fluida e interessante. Il libro mi conquistata sin dalle prime pagine con la storia drammatica di Kirsty e la perdita del padre. Le descrizioni delle miniere, dell'incendio e, in particolare, il momento in cui i parenti delle vittime si raccolgono davanti all'entrata della miniera per scoprire il destino dei propri cari, mi ha dolorosamente colpita nell'anima. Quel senso di angoscia e sospensione che si respira insieme al fumo, ti entrano dentro e ti lasciano riflettere profondamente sulla sicurezza nel lavoro, sulla pericolosità e la precarietà della vita.

Le descrizioni presenti nel libro, sono attente e particolari senza però eccedere nella drammaticità degli eventi. L'autrice non oltrepassa mai il limite, al contrario è particolarmente rispettosa del dolore e delle ferite fisiche e psichiche; le descrive sempre in maniera misurata e rispettosa e devo essere sincera, l'ho apprezzato molto. All'inizio pensavo che ci volesse un impatto emotivo più forte nelle descrizioni, invece, durante la lettura, mi sono resa conto che, pur con delicatezza, alcuni argomenti ti entravano dentro, centrando l'obiettivo: colpire l'anima del lettore lasciandolo riflettere sulla vita, la morte e la solidarietà.

I personaggi sono ben costruiti, ognuno con una profondità psicologica. Ho amato, in particolare, le figure di Jeane e Kirsty. Jeane è il personaggio che più di tutti fa riflettere il lettore su quanto sia importante aiutare l'Altro. È l'unica che non si arrende, portando avanti il suo obiettivo: proteggere quante più allieve le è possibile a scapito della propria esistenza.

Kirsty è l'altro personaggio che ho apprezzato molto, all'inizio del testo è un'adolescente immatura, per alcune questioni, costretta ad affrontare un dolore più grande di lei. Nel corso del romanzo e degli anni che si succedono nella storia, la vedremo crescere, maturare e diventare ogni giorno psicologicamente più forte. Non si arrende mai e si aggrappa tenacemente ad ogni filo di speranza che le viene concesso; è lei che trascina e sorregge Anna, quando la vede cedere psicologicamente.

“Custodì quella piccola scintilla di speranza come un prezioso tesoro in fondo alla mente per farlo riaffiorare ogni volta che si sentiva scoraggiata”

(citazione tratta dal testo)

La storia di Kirsty, Jeane e degli altri personaggi sono un insegnamento e una luce che fa sperare ancora nell'umanità delle persone. Un umanità che, osservando i fatti odierni, sembra che si stia nuovamente perdendo.

Unica pecca che ho percepito nel romanzo, sono le innumerevoli occasioni di salvezza che si presentano ad Anna e Kirsty, mi sono sembrate eccessive e inserite di proposito per far conoscere alcuni fatti realmente accaduti. Altro elemento che non ho apprezzato sono i capitoli finali. Personalmente avrei interrotto la storia con la liberazione di Budapest e non sarei andata oltre; non avrei inserito un altro periodo storico che, secondo me, richiedeva un capitolo, anzi no, una storia più approfondita e studiata.

In questo romanzo il bene e il male si inseguono costantemente insieme all'amore, la speranza, il dolore, la perdita e la rinascita emotiva e psicologica.

Siamo due orfane su un treno. Nelle nostre vite ne abbiamo già viste tante e supereremo anche questo momento difficile.”

(citazione tratta dal testo)

Un libro che fa riflettere e che vi consiglio di leggere.

Buona lettura.


Marianna Di Bella


 (Gifted by) Ringrazio la Casa Editrice per la copia del libro

mercoledì 15 maggio 2024

Recensione: "Il cadavere si è mosso due volte" - Gemina

 

Il cadavere si è mosso due volte

Titolo: Il cadavere si è mosso due volte

Autrice: Gemina

Editore: PubMe





Buongiorno lettori,

oggi vorrei portarvi con me tra le pagine di un giallo coinvolgente e dalle sfumature ironiche. Per immergerci meglio nell'atmosfera del romanzo, dobbiamo immaginare di trovarci nel Galles, in epoca vittoriana.

Un piccolo viaggio indietro nel tempo.

Siamo a Morganstown, davanti alla dimora di campagna di Lord Launchbury. C'è grande fermento nella casa, perché al suo interno si sta svolgendo un grande ballo i cui ospiti d'onore sono: Sir Beauden Moriarty e suo cugino Patrick Carbery.

Due giovani uomini particolari e stravaganti.

Patrick Carbery è un medico con doti straordinarie ma, ahimè, è stato radiato dall'ordine dei medici un mese dopo la laurea conseguita a Oxford. Perché? Beh è uno dei tanti misteri che aleggiano intorno a queste due figure e che dovrete scoprire da soli. Ciò che posso dire è che Patrick ha una passione per gli esperimenti, le autopsie etc.

Beauden Moriarty, invece, è proprietario e direttore di banca. È un uomo dalla forte personalità con atteggiamenti spesso snob e arroganti ed è ricco. Talmente ricco da attirare le attenzioni delle fanciulle in cerca di marito e si vocifera, secondo fonti indiscrete, che l'organizzazione del ballo sia un sotterfugio per far conoscere e fidanzare una delle figlie di Lord Launchbury con Sir Moriarty.

Sarà vero? In effetti, osservando bene, i comportamenti dei diversi membri della famiglia, sembrerebbero confermare queste voci, ma prima di pronunciarci aspettiamo il corso degli eventi. Intanto, soffermiamoci su un cameriere in particolare: Rhys Foley. Protagonista e voce narrante della storia.

Il ragazzo ha 17 anni e ama molto disegnare. Attraverso il disegno riesce ad esprimere meglio se stesso, comunicando i suoi sentimenti e le sue sensazioni. Disegnare lo fa sentire libero e felice.


Volevo che la mia anima dilagasse sui fogli spandendo acqua e colore. Volevo passare il tempo con qualcosa che piaceva a me...”

(citazione tratta dal testo)


Orfano di madre con un padre fuggitivo, Rhys è cresciuto con il nonno, il reverendo Foley, nella canonica del paese. Un uomo che non ha mai apprezzato la passione di Rhys per l'arte e il disegno, ritenendola inutile.

Ora, però Rhys è libero di fare ciò che vuole, perché il nonno è morto e non c'è più nessuno a impedirgli di perseguire i suoi sogni e vivere della sua arte, Prima però, deve mettere da parte del denaro e per questo lavora temporaneamente nella dimora di Lord Launchbury, ed è lì che lo troviamo durante la serata del ballo. Una serata che si rivelerà piena di sorprese e con un morto in cucina.

Di chi è il cadavere? E chi l'ha ucciso?

Ciò che sappiamo con certezza è che la persona ad essere assassinata è il padrone di casa, Lord Launchbury e ad essere incolpato dell'omicidio è il nostro protagonista, Rhys. A prendere le difese del ragazzo si schiereranno Sir Moriarty, suo cugino Patrick e l'ispettore Bastareaud, casualmente presente alla festa. I tre uomini inizieranno a investigare regalandoci momenti di tensione, indagini particolari e fuori dalle righe, autopsie clandestine e scene, a volte, esilaranti.

Vi consiglio di seguire le indagini e le vicende dei personaggi perché, non solo vi appassioneranno, ma vi faranno divertire.

Personalmente ho amato moltissimo la storia e i suoi personaggi. Ognuno ha una sua spiccata personalità, e l'autrice è riuscita a dar loro il giusto spessore, una profondità psicologica e quel pizzico di sarcasmo che li rende divertenti, senza cadere nel ridicolo.

La lettura è scorrevole e coinvolgente, accompagnata da descrizioni e spiegazioni dettagliate da cui si evince un grande studio da parte dell'autrice per rendere, alcune situazioni, convincenti e aderenti alla realtà. Non posso entrare troppo nei dettagli, spiegandovi in quali situazioni, perché altrimenti rischierei di svelare troppo delle indagini, vi basti pensare che nulla viene lasciato al caso senza una spiegazione logica e ben studiata. Non ho mai avvertito, durante la lettura, la sensazione di qualcosa di artefatto e poco credibile.

Ho apprezzato, inoltre, l'utilizzo del sarcasmo nei dialoghi, nei gesti e nelle espressioni dei protagonisti. Alcuni episodi li ho trovati divertenti, come ad esempio le conversazioni e i battibecchi tra Moriarty, le sorellastre e il cugino; la mia scena preferita, quella in cui ho riso molto, è con il procione Percy. Questi episodi li ho trovati dei divertenti intermezzi che aiutano a stemperare le vicende e la trama.

“Il cadavere si è mosso due volte” è un giallo che non ha la sola e unica funzione di svelarci un mistero, ma ci aiuta a riflettere su alcune tematiche importanti. Ad esempio il difficile e complicato rapporto tra genitori e figli. Un rapporto che a distanza di anni e secoli, vede quasi sempre l'incapacità, da parte di alcuni genitori di comprendere, accettare e appoggiare pienamente le passioni dei propri figli, facendoli sentire un peso e delle nullità.

Altre tematiche importanti, su cui l'autrice si sofferma, sono: la precarietà economica, la sensazione di incertezza tra il “chi siamo e chi vorremmo essere” e la paura nel compiere quel passo in più per migliorare, cambiare e realizzare i propri sogni.

Leggere questo libro è come ritrovarsi avvolti in un caldo abbraccio, compresi e accettati.


Amavo l'autunno, era il momento in cui sbocciavo, preso da un istintivo desiderio di volare. Era aria di libertà in una prigione forzata.”

(citazione tratta dal testo)


Un libro e un mistero che vi invito a leggere e scoprire.

Buona lettura...ops...buona indagine.



Marianna Di Bella