Vi ricordate Joséphine Cortès, la protagonista del libro “Gli occhi gialli dei coccodrilli”? Sì? Bene. Joséphine è tornata e ci apre una finestra sulla sua vita, dandoci la possibilità di scoprire cose è avvenuto dopo la fine del primo libro della trilogia scritta da Katherine Pancol.
Avevamo lasciato la donna alle prese con il raggiungimento di un certo benessere economico, un riscatto personale come donna, figlia, sorella, madre etc. una parziale crescita che ci aveva fatto sperare in un miglioramento, almeno psicologico. Un miglioramento che...e no, è ancora troppo presto per svelare la storia, andiamo con ordine e scopriamo che la donna è alle prese con la sua nuova vita, la relazione con Luca, il trasferimento in un altro quartiere parigino, la conoscenza dei nuovi vicini di casa e la scrittura di un secondo libro. Le figlie stanno crescendo e ognuna cerca la propria strada, Hortense, la primogenita, si è trasferita a Londra per studiare moda. Shirley, la migliore amica di Joséphine, e suo figlio hanno lasciato Parigi e si sono trasferiti, anche loro, nel Regno Unito.
La vita della donna sembra tranquilla e serena, ma qualcosa inizia a turbare la sua esistenza, portando scompiglio anche nel quartiere, perché una serie di misteriosi omicidi si rincorrono non solo tra le vie parigine ma anche all'interno di questo libro.
Chi è il serial killer? Cosa nasconde dietro questi omicidi? Com'è la nuova vita di Joséphine? Ha veramente trovato la serenità e la sicurezza che tanto ha cercato e raggiunto nel primo libro?
Se vi aspettate un passo in avanti nella sua evoluzione come personaggio e donna, beh mi spiace deludervi ma questo non avviene, anzi sembra di tornare indietro di trecento passi. Joséphine è di nuovo insicura, non si sente a proprio agio nel suo nuovo ruolo di scrittrice di successo, si sente vuota, ma soprattutto sente di non esistere e che tutte le sue emozioni le scivolano addosso, lasciandola priva di ogni sensazione. Sente di essere diventata di nuovo una comparsa nella sua vita, dove gli altri vanno avanti nel proprio percorso esistenziale, mentre lei rimane ferma al punto di partenza. Bloccata dall'insicurezza e dalla paura.
“Invecchiamo quando ci rinchiudiamo, quando rifiutiamo di vedere, di sentire, di respirare.”
(citazione tratta dal testo)
Lei è ferma e a noi sembra di essere tornati al principio della trilogia, quando nel libro precedente abbiamo conosciuto una donna insicura e succube delle angherie dalla famiglia e di tutte le persone che la circondano, pronte a sfruttare la sua bontà per raggiungere i propri comodi e tornaconti personali. Un passo indietro che mi ha profondamente infastidita, perché sembra di leggere anzi rileggere, una storia già nota.
Il libro è scritto bene ma per me è stato l'ennesima delusione. Lo so, sicuramente vi starete chiedendo “Se non ti è piaciuto il primo libro perché ti sei ostinata a leggere anche il secondo?”. Per due motivi, anche un po' banali: il primo è che ho cercato di dare a questa scrittrice un'altra possibilità e secondo perché ho comprato la trilogia completa e non riesco a lasciar andare via dei libri senza averli prima letti.
Come avrete già intuito anche questo secondo testo non mi ha entusiasmata. I personaggi sono tanti, poco caratterizzati, stereotipati, insopportabili e noiosi. Personaggi che non evolvono a livello psicologico, sembrano sempre fermi allo stesso punto, anche quando sembra che ci siano dei cambiamenti, invece, tornano a compiere sempre gli stessi errori. Alcuni di loro li ho trovati inutili perché non aggiungono nulla alla trama se non ulteriori pagine da leggere rendendo la lettura ancora più lenta e noiosa.
La storia è inverosimile, in particolare alcuni episodi e passaggi, come ad esempio la relazione con Luca, dopo un anno i due personaggi continuano a darsi del lei come se fossero due estranei, ma stiamo scherzando?!?!?! Oppure l'avvicendarsi della serie di omicidi che spaventano tutti gli abitanti del quartiere, ad eccezione di Joséphine che è relativamente preoccupata, perché persa dietro l'amore e i relativi problemi; per non parlare della eccessiva genialità di Junior che già a pochi mesi di vita, ragiona e si comporta come un adulto. No, decisamente inaccettabile.
Le vicende dei personaggi sono slegati tra di loro e non hanno un filo conduttore e tutto questo rende la lettura poco credibile e irreale. Il finale, inoltre, è poco approfondito e dopo 600 pagine ci si aspetta qualcosa in più.
Peccato perché il romanzo è caratterizzato da temi interessanti, come ad esempio, l'autostima, l'importanza di accettarsi e amarsi per quello che si è, pregi e difetti compresi o la necessità di sentirsi amati e accettati non solo per lo status sociale. Temi che affrontati in maniera più approfondita e con un certo spessore narrativo e strutturale, avrebbero arricchito la trama , regalandole maggiore intensità e profondità, invece, tutto rimane superficiale.
Un romanzo che ho trovato noioso, prolisso, ricco di elementi e personaggi che non apportano nulla di nuovo alla trama. 600 pagine che contengono troppi personaggi, luoghi comuni, eventi, troppe storie e inutilità.
“Ignorare è la cosa peggiore (…) Non si può ignorare per tutta le vita, c'è sempre un momento in cui la verità ci raggiunge e ci obbliga a guardarla in faccia.”
(citazione tratta dal testo)
Come sempre lascio a voi la scelta se leggere il libro avventurandovi tra le trame della vita di Joséphine.
Buona lettura!
Marianna Di Bella